12 agosto 1602 Lunardo Zulian
Relazione
Relazione di Lunardo Zulian ritornato di Bailo di Corfù
12 agosto 1602
ASVe, Collegio, Relazioni, busta 85
Serenissimo Principe
Seben io mi rendo certo, che per moltiplicate relacioni fatte da diversi clarissimi precessori mei et da altri illustrissimi rappresentanti de Vostra Serenità, ella resti apieno(?) informata dello stato della sua città et isola di Corfù, et della qualità et condicione di quei habitanti, per non mancar non dimeno a quel obligo, che per antiguo et laudevole instituto de questa Serenissima Republica, è sottomesso ogni ministro de quella, dirò, poiché m’è concesso da Dio benedetto venirmene a suoi piedi dopo il corso di mesi vintiquatro, ne quali mi è tocato il governo et la cura di quel bailaggio et che in tutto il tempo di esso ho procurato con la debolezza del mio ingegno, ma con altre tanta carità et pietà Christiana, regger et ben governare quei popoli, con quella desterità et amore che io so esser mente et intentione della Serenità Vostra et delle Eccellenze Vostre illustrissime, et non restarò di rappresentarle, con la solita mia riverenza, quelle cose che io stimo degne della notitia et inteligenza sua, le quali tutte dette da me con ogni sincerità maggiore, io rimetto all’ottima volontà et al sapientissimo giudicio di lei, tralasciando però quelle che spetano alle fortezze, datii et simili, tocanti et principalmente racomandate al carico et administratione de proveditori.
La città di Corfù, Serenissimo Principe, la quale per sicurtà di quei popoli, case et beni loro è stata recinta de muraglie fra le due importantissime fortezze, hora è ridotta in assai bon stato d’habitationi, poiché per la quiete goduta di tanti anni, le stanze, che furono abbruciate et distrutte da Turchi, sono state restaurate et quelle che a tempo della construttione della nova fortezza furono fatte de tavole in parte della spianata, sono al presente per il più fabricate di muro et anco assai habitate, essendovi hora per la descrittione fatta della città et borghi:
huomini da fatti 1.840
vechi 294
donne 2.492
putti 2.303
che fanno in tutto anime sei mille novecento vinti nove, nel qual numero sono alquanti Italiani, che vivono al rito Romano, essendosi accasati, facendo diversi essercitii et trafichi.
Nell’isola vi sono:
huomini da fatti 4.229
vechi 122
donne 3.706
putti 3.815
putte 3.369
che fano in tutto anime quindecimille duicento quaranta una, tra quali vi è un numero d’archibugiri descritti nelle cernide, essercitati sotto tre capi; di maniera che nella città et isola si trovano in tutto anime vintido mille cento settanta.
Li Italiani che si sono accasati, come di sopra ho detto, se ben aportano molto comodo et servicio alla città, sono da Greci nondimeno mal volentieri veduti, dimostrando loro in tutte le occasioni pessimo affetto, anzi mortal odio, sicome Vostra Serenità può haverlo compreso, da quel tanto che per sua informatione le fu rappresentato sopra’l capitolo della ambasciaria, che ultimamente fu da quella comunità espedita a piedi suoi, poiché per ogni minima controversia, che suceda fra alcun Greco et soldato o altro Italiano, si mostrano a furor di popolo contra li Italiani, ancorché non v’habbino alcuno interesse, per il qual male introdotto abuso si può dubitar che un giorno habbi a sucedere (il che Dio non permetta) qualche importantissimo inconveniente, come sarebbe indubitatamente seguito il giorno de di 22 ottobre 1600, quando che io non fussi comparso, insieme col clarissimo signor Marin Mudazzo consigliere, alla rissa, che era atacata fra soldati et Greci, nella quale restarono morti tre di essi Greci et feriti diversi soldati, si come all’hora ne fu dato conto particolare a Vostra Serenità. Non ho però mancato, insieme con il clarissimo Barbaro et dopo con il clarissimo Bon proveditori in questo tempo tutto, di fare quanto ho potuto per oviare a scandoli et dispareri suscitati tra esse nationi, ma perché non vi sono quivi offitiali, che siano atti et bastevoli per far alcuna essecutione, rispetto al pochissimo numero loro et debole pagga che hanno di soli dui ducati al mese, la giustitia non può haver il suo corso contra i malfatori, li quali per la vicinità del luoco, passano imediate in terraferma et particolarmente alla Bastia, dove se ne stanciano et hora si trovano molti di loro banditi, che poi, per acquistar la gracia di ministri Turcheschi, gli fano sapere, col mezo d’amici et parenti loro, quanto viene operato et tratato in quella città; et particolarmente vi era uno che al presente da Vostra Serenità è stato liberato dal bando et ritornato ad habitar a Corfù, il quale serviva per cancelliero all’Emino di detti luoco, che è Turco principale et di non poca stima, il che viene ad aportar pregiudicio grandissimo al publico servicio. Io pertanto son andato molto circonspetto nel devenir a bandi contra i rei absenti et ho parimente in molti posta condicione, che volontarimente presentandosi per servire sopra le galee, per il tempo che secondo i delitti loro mi pareva convenirsi, fossero liberi, de quali molti anco con tal condicione si sono presentati, stimarei però che fusse di publico servicio, che da Vostra Serenità fusse accresciuta l’autorità a quel regimento, non solo di bandire come può quei sudditi, ma di relegarli ancora in alcun luoco della medesima isola o quella del Zante et Ceffalonia.
Per far che la città restasse in qualche parte munita di biave, fu dalla felice memoria dell’illustrissimo signor Giovanni Mocenigo proveditor del 1575, mentre era bailo in quel luoco, instituito un fontico, con diversi oportuni ordeni, li quali anco furono dalla Serenità Vostra confirmati. È molto necessario il detto fontico et merita grandissima laude il clarissimo signor Dolfin Venier, havendo in tempo suo fabricato un belissimo magazino et molto comodo in dui soffitti, nel quale possono agiatamente capire tremille et più stara di frumenti, oltrache nella parte da basso terrena, si può tenere bona quantità de minuti, come si fa tuttavia per servicio delli contadini, li quali medesimamente per gran parte dell’anno ricorono per pane et biave alla città, et è necessario che li baili habbino l’ochio nel far provisione ancor per essi, poiché se ben l’isola ha terreni atti et bonissimi per produre ogni sorta di biade, se ne racolgono nondimeno pochissime, che bastano al viver di quei habitanti per poco più che tre soli mesi dell’anno, et ciò nasse perché pongono ogni loro industria et pensiero nel piantar et governar le vigne, et per il mancamento anco de gli animali grossi et massime ne contadini, li quali per un paro di bovi che pigliano, pagano di usufrutto fino quatro et più moza di frumento all’anno, che sono stara otto venetiani in circa d’interesse, il che importa poco manco di quello ce vagliano li bovi, in modo tale che non le tornando conto restano di seminare. Queste et altre molte conssideracioni mossero la Serenità Vostra ad assentire al partito fattole dal signor Guid’Ascanio dal Monte, per la coltivatione della valle de San Giorgi, sopra che, non havendo egli essequiti li prudentissimi ordeni datigli all’hora, andò il tutto in sinistro et non riuscì della maniera che si sperava. In essa valle al presente si è introdotto il signor Ettor de Valle Vicentino, il quale ha pigliato a censo da Monsignor illustrissimo Arcivescovo li terreni del Arcivescovato et dopo havutili, si è posto a far arar et coltivarli et di già ha fatto una riserva de campi vinti cinque in circa, si come io ultimamente ho veduto, la quale cominciava spigare et se l’acque non venirano a mancargli, si spera di bona riuscita. Ha anco fatto seminare in honesta quantità di migli et ha desiderio di far maggior coltivatione in essa valle, ma non può effetuar tal volontà, se prima non è escavato l’alveo et scolador maestro, il che ricerca spesa grandissima et agiuto publico, perché da persona particolare non può essere sofferta; oltre questa valle vi sono altri luochi et terreni attissimi a ricever et produre qual si voglia seminato nell’isola assai comodi. Però quando ella giudicasse bene la coltura di detti terreni, stimarei provisione a bastanza, per il sostentamento non solo di quei popoli, ma di grandissimo et quasi intiero agiuto ancora alle fortezze et all’armata, dalla quale non havendo io havuto nel tempo del mio bailaggio un minimo soccorso di frumenti, son stato necessitato, con molta mia industria et pensiero, far provisione dalle parti de terra ferma, da dove ho havuto da 18.000 stara all’anno et non si hanno pagato più de lire dodese il staro, sicome ho dato riverentemente conto alla Serenità Vostra con lettere di 20 maggio passato, le qual biave, come è benissimo noto alla Sublimità Vostra, sostentano per nove mesi et più dell’anno quell’isola, comprate a pretii honesti, con il continuo timore che dalli sudditi Trucheschi siano levate le tratte et serate le scalle, come ben spesso aviene, il che porge incredibile travaglio a publici ministri di lei et notabile danno a quei suoi sudditi, in modo tale, che quando seguisse la coltivatione sudetta, che facilmente si può fare con ogni poco aiuto, che ella porgiesse a padroni di terreni per comprar animali grossi, semenze et altro, et con l’administratione di un publico magistrato, seguirebbono dui importantissimi effetti: che l’isola si redurebbe abondante d’ogni qualità de grani et quelli pure che fussero comprati da forestieri et sudditi Turcheschi, che sarebbe con molta reputatione, si haverebbono a pretii bassissimi, per il poco nullo bisogno di loro. Aggiongo a Vostra Serenità, che per non esser essequita la deliberatione già fatta, che per deposito dovessero esser tenuti investiti diecimila cechini in frumenti per servicio della città et fortezze, con questa special condicione che il detto deposito non si movesse, se non in urgentissima occasione, et che guastandosi li grani, li quali dovessero esser di anno in anno rinovati, si dovesse far tanto biscotto, che non fusse toco, se prima esso deposito non venisse reintegrato. È avenuto però più di una volta, che nelle municioni et fontico non s’è ritrovato frumento, che bastasse per l’ordinario vito di quei popoli per quindece soli giorni et in tempo ancora che l’armata Turchesca si trovava in quel canale. Pertanto io giudicarei benissimo inteso, che conforme alla sopradetta deliberacione, fussero li sudetti diecimila cechini investiti et il deposito loro conservato, acciò si potesse viver sicuri, che quel loco tanto stimato et con ragione da Vostra Serenità, per accidente de guerra, de peste o de projibitione di quei ministri Turcheschi non restasse assediato, non havendo quei rettori altro modo da provedere, se non dalla parte de terraferma, essendo già quasi perduta la speranza di haver formenti da Dragomeste et Candelle, per la tardanza che fano le galee di trovarsi in quelle parti a tempo debito et oportuno.
L’isola produce assai bone quantità di ogli, trovandosi piantata quasi in ogni parte di olivari anticamente posti da quei habitanti, per la recognicione che gli veniva data all’hora dalla camera fiscale, per ogni piede che veniva piantato, ma hora non solamente non se ne piantano, ma per il più sono lasciati imboscare, senza bruscarli, et molti vengono tagliati et abbruciati ancora, li quali quando venissero governati nel modo che si ricerca, si estrarebbe sicuramente altro tanto oglio, di quello che si fa al presente. Produce anco assai vini, in che, sicome ho detto, pongono ogni loro industria, augmentandosi sempre più le vigne, de quali d’anno in anno se ne piantano in molta quantità et fino sopra le porte della città, onde rispetto al molto bisogno, che per ordinario hanno delle biave, sarà oportuna provisione, che Vostra Serenità devenghi a qualche deliberacione, per oviar questo disordine et insieme che li olivari non vengano distrutti, come segue al presente.
Nel consiglio di quella città ogni anno sono fatti molti offitii et specialmente tre giudici, quattro sindici et dui giusticieri, li quali hano il principal governo della città, cioè li giudici di assister con voto consultivo appresso il regimento nel giudicar in civil et criminal, li sindici di trattar le cose della comunità et li giusticieri di riveder il pane et vituarie. Di questi, per antique terminacioni de Vostra Serenità, vengono eletti dui sindici Greci et dui sotto nome di Latini, dui giudici Greci et uno Latino et così un giusticier Greco et un Latino, poiché nel tempo delle sudette deliberacioni vi erano molte famiglie nel conseglio che veremente vivevano sotto il rito Latino et della Santa Chiesa Romana, ma per li matrimonii seguiti dopo con donne Greche, al presente tutti vivono et fano alla Greca, essendovi hora pochi di quei del numero del consiglio della comunità che facino alla Latina, tuttavia, se ben quelli che prima erano Latini fanno alla Greca et sono ancor essi al presente Greci, vengono balotati et admessi non di meno alli detti offitii come Latini, il che io tengo per grandissimo inconveniente et pregiudicio dell’interesse publico et della Catolica religione, venendo contrafatto alla pia mente di Vostra Serenità, che volse allhora che nelli detti ministri vi fussero ancor Latini, acciò diffendessero le ragioni di essa natione, perché io tengo per fermo, che come non potessero quelli che non fano alla Latina esser sotto simil condicioni balotati, ma che si dovessero eleger altri che fermamente vivessero secondo il rito della Santa Romana Chiesa, molti delle istesse famiglie ritornarebbeno a far alla Latina et altri vedendo che potessero participar di essi offitii, procurariano di fermarsi et stabilirsi in quel luoco.
Sono nella città Hebrei de due nattioni, una si domanda Greci nativi del luoco et l’altra Italiani, tutti al numero di 501, venutivi a stanciare di tempo in tempo, dopo che quell’isola si diedde alla devotione di Vostra Serenità. Hanno le loro sinagoghe separate, si come anco elegono li sindici dall’una et dall’altra parte. Questi tengono le loro habitationi et stanciano liberamente disuniti in ogni parta della città, con molto scandalo et mal esempio, et con quei pericoli che possono esser antiveduti dalla molta sua prudenza, che però saria bene per diversi rispetti farle far un luoco serato in forma di ghetto, nel quale tutti dovessero habitare unitamente, come si fa nel Regno di Candia, essendo essi ancora mortalmente odiati da quei popoli, da quali vengono loro usate molte et continuate insolenze, rispetto che come ho detto, non vorebbono veder che loro stessi in quel luoco.
Non viene tenuto rolo in quella città de galeotti, né di loro vi è alcun numero descritto, ma se ne cavarebbono per bisogno d’armare molti, quando venisse l’occasione.
Nel loco della Parga, dove vien mandato un cittadino Corfioto al governo di essa et per render ragione a quei popoli fino a certi termini limitati, sono anime 537 et tra essi 166 genti bonissime da fattione et esperimentate molto nell’arte di marangone, attendendo la maggior parte di loro a tagliar legnami ne luochi de terra ferma et massime di Butrinto(?), dove n’è una grandissima et belissima quantità, et se ne cavano ogni anno molti, così per letti d’artigliaria, come storami per galee et altri publici servicii et anco per particolar persone. In detto luoco della Parga si tiene un capo con 25 fanti pagati, poiché se ben non è forte et che habbia pochissimo territorio, ampliato nondimeno con il molto valore et somma vigilanza dell’illustrissimo signor Marco Veniero, quando si trovava bailo a Costantinopoli, con grandissimo comodo di quei sudditi, torna però di molto publico servicio il mantenerlo, essendo posto in terra ferma lontano da Corfù miglia cinquanta, di dove sono tenuti avisati li rettori delle attioni et andamenti di ministri et sudditi Turcheschi di quei luochi convicini, et insieme di estrazer frumenti et carni, come ordinariamente si fa, per servicio della città di Corfù.
Vi sono anco li scogli di Paxu et Antepaxu, lontani essi dalla città di Corfù miglia cinquanta in circa, et al presente quello è assai habitato, trovandosi sopra anime 970 de quali sono da fatione 240 attissimi ad ogni servicio, et la maggior parte boni marinari et archibugieri, ma essendo così disgiunti et senza alcun capo al loro governo, rendono poca obedientia, non potendosi haver li inobedienti in mano, et se ben vengono banditi non restano però di habitare, coltivando loro il detto scoglio, di maniera che non solo hanno biade a sufficienza per il loro vivere, ma ancor ne vengono estratte molte volte da quello in honesta quantità, per servicio dell’isole di Corfù, Zante et Ceffalonia, onde sarebbe servicio di Vostra Serenità trovar mezo da poter castigare quelli che ardiscono contrafare alli ordeni di suoi publici rappresentanti.
Fu principiato del 1590, per ordene dell’Eccellenze Vostre, un luoco di lazaretto per comodità et a richiesta de mercanti Levantini, sopra un certo scoglio lontano tre miglia in circa dalla città, accioché in esso si potessero sborar tutte le mercantie, che dalla parte del Signor Turco capitassero in detto luoco, ma fin hora non è stato mai ridotto a perfettione, essendovi solamente dui tezoni et due torette, una delle quali si fece finire dopo che da una feluca Ponentina fu detto lazaretto svaleggiato del 1600. La casa del priore, il quale conforme all’ordini et mente di Vostra Serenità deve habitare ordinariamente in essa, non si trovava se non principiata et perciò detto priore, habitando in Corfù, vi andava solamente quando più gli tornava comodo, a riveder quello che si faceva, racomandando il tutto a dui miseri guardiani, onde si deliberò, per rimediar a tanto inconveniente, far che detta casa fusse fornita, affineché anco esso priore dovesse habitarla. Et dopo gionto l’eccellentissimo signor General Bembo, havendogli il clarissimo proveditor et io comunicato il tutto, imediate Sua Eccellentia fece continuar la fabrica, acciò detto lazaretto fusse guardato et tenuto, di quel modo che ricerca materia tanto importante.
Soleva ressieder in Corfù per consule della Maestà Catolica il signor Marc Antonio Lipravoti Pugliese, il quale ha essercitato detto carico molti anni, essendosi in detto tempo maritato con una gentil donna principale di esso luoco, et finalmente per le sue sinistre operacioni fu a compiacenza della Serenità Vostra levato, ma in loco suo si trova hora messer Giovan Andrea suo figliolo, che è assai licenzioso et procede con maniere scandalose, imitando in gran parte quelle del padre, il quale se ne sta al presente con altro carico in Otranto, di maniera che, et per il parentado che tiene in Corfù et per la stretta amicitia et femigliarità che ha con quelli della città, dando loro ridotto et conversando domesticamente, stimo che non sia bene il permettere che ne anco questo suo figliolo continui ad esercitar quel carico, per quei rispetti che possono esser meglio et con maggior prudenza conssiderati dalla Serenità Vostra.
Mentre che la città era aperta, si faceva la guardia de notte da quelle genti popolari sotto un capo, comandando ogni sera una parte di essi. Hora che è serata et che non si teme de fuste né d’altra gente da mal fare, che la possa infestare, è ridotta la detta guardia in una mercantia, poiché si deputa uno per capo di notte, il quale paga alli baili ducati sessanta all’anno et lui li cava poi da genti che vengono comandate ad andar seco la sera, le quali più tosto che andarvi, si contentano contribuir qualche denaro al capo, in modo che senza alcun servicio, quelle genti sono de tal gravazza angarizate; et però io stimo che sarebbe di gran solevamento a quel popolo levar la guardia sudetta.
La città et isola sopradetta, Serenissimo Principe, deve esser stimata, in quanto comportano le sue condicioni et tanto maggiormente quanto essa si trova situata tra dui et li maggiori potentati del mondo, non essendo discosta dalla Puglia, signoregiata dal Catolico, più che sessanta miglia et dalla Grecia, dominata dal Signor Turco, quanto serve la grandezza del canale, in alcuni luochi non ecede dui miglia, et però si deve diligentemente osservare li andamenti, così dell’uno come dell’altro, perché si può dubitare et credere che eguali siano li desiderii, se non dei prencipi almeno de ministri loro, però sarà ottimo consiglio tener quelle due fortezze in quella reputatione, che si conviene alla fama che elle conservano in tutto il mondo; nelle quali la Sublimità Vostra è al presente fedelmente servita da quei signori governatori, li quali, per le honoratissime condicioni loro, le prestano quivi(?) et possono anco altrove prestarle ogni bono et honorato servicio.
È stato nel tempo mio il primo anno proveditore il clarissimo signor Alvise Barbaro, gentil huomo pieno di amore verso la patria, con il quale habiamo servito la Serenità Vostra con ottima inteligenza, et al presente si trova il clarissimo signor Nicolò Bon, signore de molta prudenza et valore, con il quale parimente si siamo così ben intesi tra di noi nel maneggio di quel regimnto, che in alcuna ancorché minima cosa non ci è stato pur un picolo disparere, anzi, che si può dire che il governo sia passato con un solo volere et una sola volontà, con il sol fine del bon servitio de questa Serenissima Republica, il che sia detto a gusto et sodisfacione de Vostra Serenità et dell’Eccellenze Vostre.
Fu da Vostra Serenità espedito l’eccellentissimo signor Giovanni Bembo Procurator in Proveditor generale di Corfù, Zante et Ceffalonia, il quale sicome nel transferirsi al suo carico usò essata diligenza, andando a Corfù in giorni tredese dopo la sua elletione, così gionto imediate, con ogni maggior vigilanza, s’impiegò nel riveder in tutte le sue parti quelle importantissime fortezze et le militie insieme, provedendo con molta prudenza, per la bona custodia et sicurtà loro, a quanto si conveniva et con tutto che poco dopo fusse soprapreso da una gravissima indisposicione di apostema con febre continua, che lo ridusse in stato nel quale molto si dubitava della vita sua, piacque nondimeno al signor Dio restituirgli la sanità, per non privar Vostra Serenità di sogietto così principale, il quel indefesso et con singolar essempio volse continuare et con incomparabile pacientia dar audienza et ordinar tutte quelle provisioni, che occorevano per servicio di dette fortezze et isole, lasciando nel partir suo quei boni ordeni che ricerca il publico benefito.
Ho havuto per conseglieri il primo anno li clarissimi signori Andrea Corner et Marin Mudazzo, et li presenti sono li clarissimi signori Piero Grimani et Marco Magno, signori d’inteligenza, da quali la Sublimità Vostra ha ricevuto bono et ottimo servicio et quei popoli sono restati, come tuttavia restano, con quella maggior sodisfacione che può desiderarsi da quelli che la governano et possono l’Eccellenze Vostre promettersi da ogn’uno di loro ottima riuscita.
Nella fortezza nova si trova capitanio il clarissimo signor Vicenzo Pasqualigo, gentil huomo di gran valore, il quale oltra il bon governo de quella et il rendersi amabile con quelle militie, ha con molta industria et ingegno dato il corso ad una perduta et sconosciuta acqua, che con due boche vive ha ridotta in uso, l’una di drento et l’altra in un grosso canone di fuori, che in occasione massime de guerra sarà di notabilissimo servicio della Serenità Vostra, la quale di questo honorato soggietto si può promettere in ogni altro maggior carico utile et frutuosissimo servicio.
Venne con l’eccellentissimo signor Proveditor Bembo il signor Conte Honorio Scoti, signore di quel valore et ornato di quelle honorate condicioni, che sono molto ben note a cadauna delle Eccellenze Vostre, dell’opera del quale, essendo stato da Sua Eccellentia dato da altri illustrissimi suoi rappresentanti ancora compiuta et intiera relacione a Vostra Serenità, io non dirò altro, se non che ella havendolo essercitato in tanti carichi et conosciuto pieno d’infiniti meriti, può similmente dove le piacerà servirsene, ricevere in ogni altro maneggio utilissimo servicio.
L’illustrissimo Monsignor Vicenzo Querini Arcivescovo di quella città, se ben è sogietto alla Santa Chiesa, è stato nondimeno bono et devoto servitore della Serenità Vostra, scoprendosi e dechiarandosi ardentissimo della riputatione et comodo di lei, attendendo il bene universale con estraordinario affetto. È prelato di gran valore et signor per certo degno de maggior grandezza et honori.
Ho detto, Serenissimo Prencipe, quanto più brevemente ho potuto, quello che mi è sovenuto et che ho potuto osservare dello stato della sua città et isola di Corfù et quello massimamente che ho giudicato degno di esser udito da lei.
Quanto aspetta a me, se non havessi servito la Serenità Vostra come era suo desiderio, me ne duole fino all’anima, che ella si sia inganata dell’opinione che haveva di me, giudicandomi degno di un tanto carico, ma questa consolacione mi resta, che le posso affermare, che di diligenza et amore verso le cose sue non ho ceduto a qual si voglia altro suo clarissimo rappresentante, ma se ella non è stata servita come la meritava, dia la colpa alla imperfetion mia et alli infiniti meriti suoi, a quali con la poca mia virtù non ho potuto corispondere, promettendole in ogni altra occasione che le piacia valersi dell’opera mia, l’istesso servicio et la medesima prontezza et la istessa vita, per doverla spender bisognando sempre in honor et riputatione de questa Serenissima Republica.