24 novembre 1620 Federico Nani
Relazione
Serenissimo Principe,
Mentre, servendo io la Serenità Vostra nel carico di Provveditore et Capitano delle Navi Armate, mi trovavo con esse in Mare verso li Scogli di Zara sotto li 25 di Agosto per la instantia precedente, che feci più volte del mio ripatriare, stante le gravi indispositioni, che tenivano in pericolo grande la mia vita, capitò nel luoco sudetto la benigna gratia fattami dall’Eccellenze Vostre di potermi ridurre immediate in questa Città, ancorche non fosse eletto il Successore, per attendere alla ricuperatione della mia salute:
Et perche all’hora erano le Navi destinate al viaggio di Sottovento, trovandomi in quel tempo, oltre all’ordinarie indisposizioni, oppresso anco da febre, che mi rendeva inhabile al prestare il dovuto servitio, costretto dalla necessità deliberai mettermi nel giorno seguente, che fu alli 26, sopra una Tartana, non permettendo il male, che se gli allungasse tempo di apportarvi qualche rimedio, et con essa capitai alli 30 in questa Città con la continuazione della medesima febre, et di altri gravi accidenti; che dopo havermi tenuto molti giorni nel letto, mi costringono tuttavia à non partire di Casa, fin che non resti terminata la purga, in che ho convenuto ponermi; tali sono stati li patimenti continui, et le continue vigilie sofferte in quella carica.
Pertanto essendomi stato interdetto dal male à poter comparir personalmente inanzi all’Eccellenze Vostre, come era mio gran desiderio di fare subito giunto, se non havessi havuto questo impedimento;
Hora, che ricevo li loro ordini di dover rappresentare in Scrittura lo Stato delle Navi, che devono restar al servitio, così quanto all’esser armate di militie, et altro, come quanto al bisogno, che habbiano di concia, et se meglio fosse l’accomodarle fuori, ò pure farle per tal effetto venire in questa Città, ò veramente se riuscisse più à proposito il licenziarsi affatto quelle, che sono su la concia, per provedersi qui di altri, che fossero del tutto in termine di poter servire; sodisfacendo io à questa parte, supplirò anco nel tempo medesimo all’obligo, che mi resta nel finimento della carica, di aggiungere qualche altro particolare, che stimo necessario per il publico servitio.
Dico però riverentemente alla Serenità Vostra, che il commando havuto da me è stato per tutto il tempo di otto Navi; sei Fiamenghe, et doi Venetiane; et per dovermi restringere con la mia informatione alle quattro solamente, che devono restar al servitio, tralascerò il discorso delle altre, che si hanno da licentiare, per maggior brevità.
Le doi Venetiane nominate il Padre Eterno, et Santa Maria Torre in Mare sono in così mal termine, che hanno estremo bisogno di una molto presta, et perfettissima concia; niente meno di quello sia necessario proveder loro di ogni sorte di corredami, armizzi, et Velle, altrimenti è impossibile di valersene; come anco non si può mancar di abbassare, overo di cambiare l’alboro Maestro alla Nave Padre Eterno;
Ma perche in Curzola, ne in altri Arsenali vi è alcuna provisione, particolarmente di Magieri, di gomene, et di Velle, et volendone inviar fuori, tardo sarebbe il passaggio delle robbe, et molto più tardo il lavoriero di esse; stimarei perciò esser molto meglio il farle venire per acconciar in questa Città, overo à Pola; potendosi credere, che il servitio riuscirebbe con maggior vantaggio, et di spesa, et forse anco di tempo, quando massime vi fosse la soprintendenza di alcuno delli Signori all’Arsenale, ò di altri, che paresse, et l’assistenza insieme di Mastro Simeone, che, come Capo di opera, è stato sempre solito d’intervenire alli concieri di simili vasseli¸ avertendo, che quando si dovessero far acconciar à Pola, vi saria necessaria la continua assistenza anco di alcuna galea per soccorrere alli bisogni di molte cose, et particolarmente a quello del proveder di brusca per spalmarle.
Si aggiunge di più, che essendo state armate queste doi Navi in tempo di strettezza grande di gente, con grosse paghe, se al presente si riarmassero, seguiria con grande vantaggio publico, et si miglioreria anco di Marinareza, et Bombardieri, dè quali ambidoi tengono qualche bisogno; oltre ch’io stimo veramente, che la Nave Santa Maria Torre in Mare per il servitio di andar contro à Corsari, et per il guarnir un Armata possa riuscir poco fruttuosa, per non esser molto presta alla Vella.
Quanto poi alle altre sei Navi Fiamenghe, dovendo esseguir l’ordine della Serenità Vostra, che espressamente mi commetteva di licenziarne quattro, et doi sole fermare al servitio, con la debita consideratione alla qualità dè Capitanij, della Marinareza, di Bombardieri, et di vasseli che fossero buoni da Vella, et manco bisognosi di conciero, accordai che il vasselo nominato San Giacomo, come poderoso di buona piazza, capace di molta artiglieria, con retirate, et armato à botta di Moschetto, essendo molto veloce alla Vella, con buoni Marinari, et Bombardieri, Capitano di pronta volontà, et che di conciero tiene manco bisogno delli altri.
Per secondo trattai di condurre il vasselo nominato Nettuno per ducati 1.700 al mese, se bene non tanto grande, capace però di numero conveniente d’artiglieria, velocissimo, et saldo alla vella, con buoni Marinari, et Bombardieri, con intendentissimo Capitano, et con poco bisogno di concia; poiche nella trattatione si obligava il Capitano medesimo di guarnirlo a botta, et di farli retirate; ma mostrando egli non voler condiscendere per questo prezzo, diedi notitia al mio partire del tutto all’Illustrissimo Proveditor dell’Armata, dal quale mi persuado, sarà stato accordato per le sudette sue buone conditioni.
Tuttavia ritornarebbe forse anco à maggior publico servitio, che li medesimi doi vasseli San Giacomo, et Nettuno fossero fatti venir ad acconciar qui, overo à Pola, dove oltre al far tanto più presto il lavoro, si potria cambiar anco qualche Marinaro, et Bombardiero, che non fosse ad intiera soddisfattione:
Et per mio riverente senso stimo senza alcun dubbio maggior servitio dell’Eccellenze Vostre il continuar à valersi di questi già assuefatti, più tosto che licenziarli, per havere da pigliar altri in loco loro; tanto più che nel mio passaggio per Malamoco non ho saputo veder vasseli da paragonarsi con li doi sopra nominati.
Quando partei di Armata si ritrovavano sopra le otto Navi 300 fanti Greci del Regno di Candia commandati da tre Capitani Zucco, Zerà, et Peroi; di più i 70 Mainoti sotto il commando del Capitan Hippolito Zanoli; 200 Olandesi sotto il commando del Capitan Giovanni Cavallieri; 60 Italiani sotto il Capitan Rocco Nobili di Ascoli; et 30 Cimeroti sotto il commando del Capitan Sussinica.
Hora per le quattro Navi che hanno da continuar nel servitio stimo veramente non potersi assignar manco di 400 soldati fra tutte, et qualche numero d’avvantaggio, se fosse possibile; dovendo riuscir per mia opinione molto più proprij delli altri; li Mainoti, Olandesi, et Cimeroti sopradetti; al qual proposito non ho da tacere all’Eccellenze Vostre, che volendo tenir armati essi vasseli di soldatesca, sia molto bene non levar li soldati già avezzi à quel modo di vivere, perche mettendosi sopra gente nova, et inesperta, succede ordinariamente quello è occorso à me, che havendone havuto molti di Italiani, ve ne è sempre stato un gran numero di ammalati.
Convengo aggiunger in oltre, che li doi vasseli fiamenghi trattenuti al servitio habbiano ad esser rinforzati dalla miglior artiglieria publica, che si leverà dalli quattro licenziati; come anco giudico grandemente necessario, che questi debbano lasciar per rinforzo delli altri quattro, che restano pur al servitio, tutte le munitioni, bottami, et altro; perche sopravanciando alcuna cosa, potrà servire per rinforzare anco le galere grosse, che non sono forse senza bisogno.
Sopra la Nave Gran Tigre, dove io ho sempre navigato, sono li doi pezzi d’artiglieria publica ritrovati nel vasselo preso di Napoli; l’uno con el San Marco, et l’altro con l’arma Priula, essendo necessario, che da Vostra Serenità sia dato qualche ordine, perche non si differisca ad inviarli in questo Arsenale.
Innanzi al mio partire, acciò il publico servitio non restasse in difetto, ne ricevesse danno alcuno, ho lasciato all’Illustrissimo Signor Provveditore dell’Armata tutte le istruttioni, et informationi debite intorno al carico, che havevo essercitato;
Particolarmente li ho consegnato copia dell’inventario delle robbe del sudetto vasselo preso fatto con ogni maggior diligentia; copia delle lettere di Vostra Serenità d’intorno alla restitutione del medesimo vasselo, et di altre del Residente in Napoli nell’istesso proposito, acciò con tutti questi lumi, et fondamenti potesse Sua Signoria Illustrissima esseguire perfettamente la publica volontà.
In oltre li ho lasciato copia dell’accordo fatto da me con il Capitano del Vasselo San Giacomo, et datole, come ho già detto, particolar notitia della trattatione con l’altro Capitano del Vasselo Nettuno; et essendomi esteso in ogni altra informatione spettante al mio carico, le ho lasciato medesimamente libera facoltà, conforme all’ordine publico, di sostituire al commando di esse Navi, chi più le fosse di sodisfatione; sopra di che ho raccordato anco à Sua Signoria Illustrissima alcuna cosa per il buon servitio di Vostra Serenità.
Restami di significare riverentemente che se bene per la necessità havuta da me di stare in continuo moto di navigazione, non habbia potuto far pigliar inventario delle robbe, et munitioni publiche poste sopra il vasselo Gran Tigre, dove mi son sempre trattenuto;
Tuttavia non essendomi mai partito da esso vasselo, et havendo fatto osservare di continuo con straordinaria diligente guardia, che le sudette robbe fossino ben custodite, posso assicurarmi non vi esser andata cosa alcuna di male.
Nel partir poi ho lasciato mio Sopramassaro, acciò immediate con la sopraintendenza del Illustrissimo Signor Gerolamo Priuli Governator di Nave facesse con diligente inventario levare da quella, et condurre sopra altra Nave esse robbe, et munitioni, acciò di tal maniera tanto più distintamente, si potesse vedere, quello vi fosse di publica ragione.
Et perche ho scoperto, mentre trattavo di fermare li doi vasseli, che ne il Capitano, ne il Sopramassaro della Nave San Giacomo pretendi esser tenuto render conto dell’amministratione delle robbe publiche poste anco sopra di essa, con dire non esser à loro stata consegnata alcuna cosa, sarà necessario che per la conservatione di esse sia dato qualche ordine in tal proposito.
Subito arrivato in questa Città ho reso conto all’Illustrissimo Commissario Bellegno del dinaro, che ho havuto dall’Illustrissimo Commissario Veniero dalle Camere del Zante, et Candia, che assende alla suma di ducati vinti sette mille ottocento:
Tutti questi ho dispensato à Signori Governatori, à Capitani di vasseli fiamenghi, à Patroni di Navi Venetiane, à Capitani di Militie, at ad altri stipendiati a conto di loro crediti, et con il trattenir il credito anco delle paghe delle mie genti ho interamente saldato il conto sopradetto.
Al medesimo Commissario Bellegno ho reso anche conto di altri ducati quattrocento, che in virtù di mandato dell’Eccellentissimo Collegio sotto li 22 Decembre 1619 riscossi dalla Camera dell’Armamento cioè di ducati 300 per dovermene valere in spese minute per le Navi, et ducati cento per sovventione del Vivandiero, quali abbattuti dalle spese fatte per occasione anco del vasselo preso, restando io creditore di lire mille seicento nonanta una, queste per intiero saldo mi sono state contate dall’Illustrissimo Signor Commissario sudetto.
Questo tanto ho voluto rappresentare all’Eccellenze Vostre, mentre dalle indisposizioni mie resto impedito di farlo più ampliamente con la mia voce; et valerà per riverente espressione di quel zelo, che ho havuto sempre verso il publico servitio, nel quale io certo havendo posto tutta l’applicatione dell’animo, et della persona, non posso restar, che grandemente consolato in me stesso, che quanto sia stato possibile, che venga da me per ben servirle, habbia io procurato di esseguire con sommo ardore, in sodisfattione del mio debito con la Patria.
Grazie.
Federico Nani.
Note:
Alla c1.r “1620: 24: Novembre: Relatione de Ferigo Nani Ritornato Capitano delle Navi”.
Nell’ultima carta “1620. 24. Novembre. Letta in Senato. Relatione del Nobil Homo Signor Ferigo Nani ritornato di Proveditor e Capitano delle Navi Armate”.
AS Venezia, Collegio, Relazioni, b. 73.