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26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 20 maggio 1796

N. 22

Serenissimo Principe,
nella singolar esattezza del’immediato Eccellentissimo mio precessore si umiliarono alla maturità di Vostre Eccellenze dettagliati riscontri del grave eccesso perpetrato dai popoli di Gneussi, canton del Montenero, contro le mura di Cattaro in maggio dell’anno decorso, e come la vigile fermezza del cittadino, che allora utilmente sostenne l’Estraordinaria reggenza, fu chiamata a reprimere gli arditi effetti coll’uso provocato della pubblica forza, approvato dalle sovrane ducali 25 Agosto 1795.
Compromessa allora la sicurezza degli abitanti, e per due giorni di sostenuto fuoco contro la piazza insultate le pubbliche insegne, l’attentato enorme a giusto sfogo della pubblica indignazione, meritò il loro bando dalle venete tenute, e la proscrizion dal Bazzaro di Cattaro, dove, ostentando un esclusivo diritto di commercio, sempre infesti alle quiete comune, ebbe appunto origine l’ingrata emergenza.
Esperirono ben presto li Gnegussani le angustianti conseguenze della loro espulsione, supplicarono perdono, e ripristino del Mercato, interposero la mediazione del Governatore, e del Vescovo del Monte Nero per ottenerlo.
Sempre eguale a se stesso nell’esercizio del geloso carico l’illustrissimo Provveditore Estraordinario d’allora, Marco Zorzi, non trovò conciliabile coll’utilità di quella Provincia, e molto meno del decoro pubblico una troppo rapida, e facile adesione al mediato loro richiamo.
Lo riconobbe contrario alle viste dell’utilità, perchè presentò che il repristino de’ Gnegussani stornava l’accesso al bazzaro degli altri Montenegrini, il cui libero e tranquillo concorso influisce all’abbondanza de generi, ed alla discrezion de’ prezzi: lo trovò ripugnante alla Dignità Pubblica, perchè troppo recente l’offesa, esigeva una maschia fermezza nelle palesate traccie del pubblico irritamento, onde imprimere anche negli altri Finittimi cantoni il giusto riguardo ai diritti del Principato.
In messo però alle apparenze più lusinghiere di pentimento, di umiliazione, ed in mezzo alle private promesse di successiva pacifica tranquillità, e moderazione; pur non cessarono essi di ripetere nuovi esempi di feroce perfidia, che cimentò ad ulterior rischio le armi pubbliche, e la incolumità di quelle suddite popolazioni.
Domandavano da una parte il grazioso ritorno al mercato; ma dall’altra le loro femmine, che pur vi erano tollerate, non cessarono di sostener con ostinata protervia il mal preteso diritto in confronto dell’altre donne montenegrine degli altri Comuni.
Intanto i Gnegussani simulando maliziosamente un falace ravvedimento, con notturna proditoria aggressione penetrarono in numero di 600 nello Stato, investirono gli appostamenti della Trinità, e di Scagliari con vivo fuoco, evitato dalle sorprese guardie militari più per la qualità de’ loro recinti, che coi mezzi di debol difesa non proporzionata all’eccessiva superiorità degli aggressori.
Anche questo nuovo scandaloso, e temerario trapasso raffermò nel benemerito cittadino testimonio, e riparatore delle tracciate emergenze d’allora l’impegno di resistere al ripristino de’ Gnegussani; e lo ravvisò unicamente accordabile in progresso, se con fatti provati da uno spazio conveniente di tempo, offrissero poi delle prove non equivoche di leal ravvedimento, di moderato contegno, e di non più dubbia rassegnazione ai pubblici voleri, e discipline.
A questo fine appunto sono dirette le efficaci rimostranze, che coll’annessa lettera rassegna con apposita gaeta a questa divota carica l’Illustrissimo Provveditore Estraordinario Soranzo.
Ripete egli la serie storica delle decorse vicende; le calcola colle relazioni di non mai impedibile traffico tra le comunità di Robrota e Terzagne, e i montenegrini di Cettigne, e Gnegussi; non dissimula la sua apprensione sui nuovi criminosi attentati, che si devono temere da un popolo, fiero per carattere, insidioso per abitudine, ridotto alla disperazione, dedito alla vita pastorale, ed abituato ad alimentar le sue greggi nei pascoli veneti; e solito a somministrar nell’esercizio di un mutuo concambio de’ rispettivi generi i mezzi di personal sussistenza a quelle suddite popolazioni.
Sulla faccia del luogo egli trova altresì impossibile di sostener più oltre con decoro, a fronte di tante fisiche, e morali resistenze, l’inviolabilità tuttod’ trasgredita della loro proscrizione, dove sono aperti per ovunque gl’ingressi, dove la forza pubblica non è sufficiente, dove non è possibile, e sarebbe forse incongruo stabilirla.
Ai riflessi di quel zelante cittadino diedero motivo gl’insistenti ricorsi di Gnegussani, sostenuti con replicate comparse a Cattaro del Vladicca, ed avvalorati dalla mediazion dei Capi della Robrota, e Terzagno, i quali, in union della maggior parte dei Comuni di quella esposta Provincia, reclamano la propria tranquillità, e il miglior loro essere, che stabiliscono nel ritorno de’ Gnegussani.
Gli annessi fogli fonda mentano in tutti i rapporti l’affare; ed in cadaun di essi reclamasi coi modi più umilianti il pubblico perdono al passato trapasso; s’invoca la clemenza del Principato alla riabilitazion loro al Bazzaro di Cattaro, inermi quali vi accedono i restanti montenegrini; e vi si promette la più rassegnata moderazione, e quiete nel commercio, e si offrono ostaggi permanenti nella città di Cattaro, che garantiscano l’immancabile effetto delle loro promesse.
Per consolidarlo maggiormente riconosce l’Illustrissimo Provveditore Estraordinario non inutile la destinazione, e ristabilimento di un soprintendente, come figura di decisiva influenza, ed addattata al maneggio delle discrepanze solite a svilupparsi tra quei Finittimi popoli.
Ultimo a fungere il carico della soprintendenza in quel contado fu l’ottuagenario Vrachien, che per oltre mezzo secolo la sostenne; ma non fissato alcun onorario all’offizio, ed unicamente assentito al Vrachien come inspettore alla spedizion de’ pieghi pubblici andanti e venienti in allora per quella via da Costantinopoli, trovò opportuno l’autorità dell’Eccellentissimo Senato non aggiungere ulteriori aggravj all’economia per conto della figura medesima le cui ispezioni, dietro lo stabilito comparto di quella soprintendenza, si limitarono al contado.
Dipende quindi dal solo beneplacito di Vostra Serenità deliberar su quest’articolo, ed io sarà per venerarne gli autorevoli dettami.
Alternando intanto l’Illustrissimo Provveditore Estraordinario nelle sue risposte con dignitosa fermezza di memore pubblico risentimento, contratti di miste lusinghe, senza molto fiduciar il Vescovo in fatto, che è riservato agli assensi di Vostre Eccellenze, ma senza disanimarlo, lo lasciò in qualche persuasione di non lontana clemenza, onde inspirando in quei popoli una tollerante speranza ritenerli dagli atti di ostile vendetta, a cui potrebbe provocarli l’acerbità di decisa negativa.
In mezzo a queste suppliche non ommisero però di esternar la pretesa di 2000 zecchini ad immaginato compenso dei danni risentiti nel momento della Pubblica vendetta.
Redarguita con modi energici da quell'abile cittadino l’ardita pretensione, che sola potrebbe sospender la grazia, che invocano; lo stesso Vescovo entrò a persuasione dell’espresso rifiuto, ed assunse l’impegno di immediatamente disingannarne gl'imprudenti postulanti.
Sviluppata in tutte le sue circostanze la materia, io imploro dall'Eccellentissimo Senato i suoi comandi; onde, fermo sempre il patto, che senza armi presentinsi al Bazzaro, deposta ogni rea domanda di risarcimento, e previa esibizion de’ pieghi proposti, diffonder i Sovrani assensi pel ripristino de’ Gnegussani al Bazzaro. Grazie.
Zara 20 maggio 1796.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.
Allegati 6 inserti (19 cc.).

Nota: Arrivato il 27 maggio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.