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XII CONVEGNO INTERNAZIONALE VENEZIA E IL SUO STATO DA MAR

dal 22 febbraio 2024 al 24 febbraio 2024

12° convegno internazionale Venezia e il suo Stato da mar. Oralità, scrittura, lingua, letteratura nello Stato da mar.
22-24 febbraio 2024

Società Dalmata di Storia Patria
in collaborazione con Archivio di Stato di Venezia, Archivio di Stato di Zara, Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia, Deputazione di Storia Patria per le Marche, Fondazione Giorgio Cini Istituto per la Storia e la Società dello Stato veneziano, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica, Società Istriana di Archeologia e Storia Patria con il contributo di Regione del Veneto, LR 39/19; Giunta Centrale per gli Studi Storici; Governo italiano, L. 72/01 smi.

Giovedì 22 febbraio 2024, Fondazione Giorgio Cini, Istituto per la Storia e la Società dello Stato veneziano

Saluti istituzionali
Presiede Rita Tolomeo, Presidente della Società Dalmata di Storia Patria
Egidio Ivetic, direttore dell’Istituto per la storia della società e dello Stato veneziano, Fondazione Giorgio Cini 

Prolusione al convegno
Alessia Ceccarelli, “Sapienza” Università di Roma 
La comunicazione politico-diplomatica all’interno dello Stato da mar. Cifra grande e cifra piccola (XVI-XVII secolo)
Political Dispatches in the Stato da mar. The cifra grande and thre cifra piccola (16th-17th cent.)
Le misure adottate dalla Serenissima in materia di tutela della riservatezza e della segretezza della corrispondenza politico-diplomatica all’interno dello Stato da mar, con particolare riferimento alle ‘questioni di Levante’, rappresentano un tema ben poco studiato. In che modo comunicavano governo, rettori e baili, in ordine alle notizie di particolare rilevanza? I principali strumenti, a tutela della riservatezza e della segretezza, erano la “cifra piccola”, concepita per consentire ai baili a Costantinopoli di comunicare con i diversi rettori dello Stato da Mar (e viceversa) e la “cifra grande”, concepita, invece, per la corrispondenza tra i baili e il governo (e viceversa). Nell’agitata storia dello Stato da mar, d’altronde, fu non di rado necessario escogitare correttivi e soluzioni d’emergenza. Basti il caso della caduta di Cipro (1571), quando, ritenendo altamente probabile che gli Ottomani si fossero impadroniti, con la conquista di Famagosta, anche della “cifra piccola”, il Consiglio dei Dieci dispose che i baili utilizzassero solo la “cifra grande”. La cifra, inoltre, avrebbe dovuto essere periodicamente aggiornata e custodita da una sola, fidatissima persona (dallo stesso bailo o dal suo segretario).

Lorenzo Lozzi Gallo - Anna Rinaldin, Università telematica Pegaso
I prestiti romanzi nel resoconto di viaggio di Konrad von Grünemberg
Romance Loanwords in Konrad von Grünemberg’s Travel Report
Il pellegrino Konrad von Grünemberg, nobiluomo di Costanza, città tedesca del Bodensee, parte per la Terrasanta nel 1486. Il suo resoconto di pellegrinaggio è preservato in un manoscritto famoso per le bellissime illustrazioni che ne accompagnano il testo.Grünemberg offre una preziosa testimonianza dell’incidenza dei prestiti romanzi – in particolare veneziani – nella descrizione di ciò che comporta il viaggio adriatico, in questo inserendosi in una tradizione già antica.
Particolarmente ricca di prestiti è la sezione con la descrizione della nave, che esemplifica gli ambiti in cui il Veneziano poteva esercitare un influsso più incisivo sulla lingua dei pellegrini tedeschi, i quali si informavano dall’equipaggio della nave, presumibilmente tramite interpreti (citati talvolta, ma certamente presenti molto di più, anche se dal Quattrocento esiste una tradizione ben solida di manualistica tedesca sulla lingua italiana). Parole come paron, maranier, galiotten richiamano più il veneziano che l’italiano standard; la presenza di grafie paretimologiche indicano che molte parole non sono entrate nel tedesco con Grünemberg, ma sono già più antiche, a testimonianza che questo resoconto si inserisce in una tradizione preesistente.

Katerina Konstantinidou, Università Nazionale e Kapodistriaca di Atene 
Tempo libero e ricreazione in documenti cretesi durante il dominio veneto (XIV-XVII sec.).
Free Time and Entertainment Time in Cretan documents during the Venetian rule (14th-17th cent.)
Attraverso lo studio di testi legali (bandi e decreti), testi di letteratura e di memorie vanno esaminati l’atteggiamento dei vari soggetti sociali durante il loro tempo non lavorativo e il tentativo del reggimento veneziano di controllare le attività che si svolgevano in questo spazio di tempo. L’obiettivo di questo lavoro è di analizzare il concetto del tempo libero e di individuare il processo evolutivo delle attività ricreative dal XIV al XVII secolo nelle particolari condizioni politiche ed economiche create nel Levante veneziano. In questa cornice verrà esaminata la ricreazione e il suo rapporto con il «pubblico» e il «privato», il suo carattere collettivo o individuale, la sua dimensione sociale e di genere e soprattutto il ruolo decisivo dello Stato veneziano nella regolamentazione del «tempo libero» nel corso del periodo sotto esame.

Ελεύθερος χρόνος και ψυχαγωγία σε κρητικά γραπτά τεκμήρια κατά τη διάρκεια της βενετικής κυριαρχίας (14ος-17ος αιώνας).
Μέσα από τη μελέτη νομικών κειμένων, λογοτεχνικών κειμένων και ημερολογίων, θα εξεταστούν η συμπεριφορά των κοινωνικών υποκειμένων στη διάρκεια του εκτός εργασίας χρόνου τους και η προσπάθεια του βενετικού συντάγματος να ελέγξει τις δραστηριότητες που λάμβαναν χώρα κατά τη διάρκεια του χρόνου αυτού. Στόχος της εργασίας αυτής είναι να αναλυθεί η έννοια του «ελεύθερου χρόνου» και να εντοπιστεί η εξέλιξη των δραστηριοτήτων αναψυχής από τον 14ο έως τον 17ο αιώνα στις ιδιαίτερες πολιτικές και οικονομικές συνθήκες που δημιουργήθηκαν στο βενετικό Λεβάντε. Στο πλαίσιο αυτό θα εξεταστούν η αναψυχή και η σχέση της με το «δημόσιο» και το «ιδιωτικό», ο συλλογικός ή ατομικός χαρακτήρας της, η κοινωνική και έμφυλη διάστασή της και, κυρίως, ο καθοριστικός ρόλος του βενετικού κράτους στην κανονικοποίηση του «ελεύθερου χρόνου» κατά την υπό εξέταση περίοδο.

Seconda sessione. Presiede Carlo Cetteo Cipriani

Panayota Tzivara, Università Democrito della Tracia 
I sudditi dello Ionio e l’italofonia: la scelta della lingua in funzione della identità sociale e professionale
Ionian Subjects and Italophony: Choosing a Language in Relation to Social and Professional Identity
La scelta della lingua italiana da parte dei sudditi veneti dello Ionio nella comunicazione con l’amministrazione veneta era imperativa. La stessa scelta nei testi personali e giurisprudenziali (testamenti, commissioni, diari, lettere e altri) risulta evidente anche dalle fonti d’archivio. Nella comunicazione si presenterano testimonianze d’archivio e testi scritti a stampa, in realtà confessioni proprie dei sudditi, circa la scelta della lingua italiana o dell’idioma veneziano, che fosse dettata o dalla classe sociale dei nobili o dall’esercizio di una professione specifica, come quella dell’avvocatura.

Βενετοί υπήκοοι του Ιονίου και ιταλοφωνία. Η επιλογή της γλώσσας και η σύνδεσή της με την κοινωνική και επαγγελματική ταυτότηταΗ επιλογή της ιταλικής γλώσσας από τους βενετούς υπηκόους του Ιονίου στην επικοινωνία τους με τη βενετική διοίκηση, ήταν επιβεβλημένη. Προφανής είναι επίσης μέσα από τις αρχειακές πηγές η ίδια επιλογή σε κείμενα προσωπικά και δικαιοπρακτικά (διαθήκες, κομισσαρίες, ημερολόγια, επιστολές και άλλα). Στην ανακοίνωση θα παρουσιαστούν αρχειακές μαρτυρίες, και έντυπα γραπτά κείμενα, ουσιαστικἀ εξομολογήσεις των ίδιων των υποκειμένων για την επιλογή της ιταλικής γλώσσας ή και της βενετικής ιδιολέκτου, η οποία υπαγορευόταν είτε από την κοινωνική τάξη των ευγενών εἰτε από την άσκηση συγκεκριμένου επαγγέλματος, όπως ήταν η δικηγορία.

Efthimios Ntikos, Università Nazionale e Kapodistriaca di Atene 
Ιbridismi linguistici nella Creta Orientale: il caso del notaio Gianni Cassapladi (1609-1617/18)
Linguistic Hybridism in Eastern Crete: The Case of Notary Gianni Cassapladi (1609-1617/18)
La presenza di italianismi nel dialetto cretese è stata evidenziata in molte occasioni dagli studiosi di linguistica. Gli italianismi dell’idioma cretese sono strettamente connessi alla pluralità di lingue in uso nello Stato da Mar veneziano. Oggetto di questo studio sono gli atti notarili di Gianni Cassapladi, notaio e sacerdote presso il casal Ettea (o Etià), redatti nel periodo cronologico che intercorre tra 1609 e il 1617/18. In questo periodo l’isola di Creta contava già più di 400 anni di dominio veneziano. Ci troviamo, qui, alle estremità orientali dell’isola, in particolare nella zona di Settia. Casal Ettea era un agglomerato rurale, al centro di una zona montuosa, i cui abitanti si occupavano principalmente di attività agricole. Gli atti del notaio Cassapladi – Russopsiri sono redatti tutti in greco e attraverso la loro analisi, si tenterà di indagare l’influenza ‘latina’ (italiano, veneziano, latino) nella parlata locale. Questi testi costituiscono preziose testimonianze della realtà linguistica del luogo in quel periodo. Cercheremo, pertanto, di elencare e classificare opportunamente gli ibridismi linguistici rintracciabili in questi documenti. La nostra attenzione si incentrerà soprattutto sui termini linguistici che riguardano la vita quotidiana, la civiltà materiale, i nomi delle persone e dei luoghi. Si può parlare di «simbiosi greco-veneziana» anche in questa remota parte dello Stato da Mar? Il presente studio vuole, quindi, ambire a dare una risposta a questo quesito.

Irene Papadaki, Università di Cipro
Alla ricerca della voce privata: il taccuino di Manusso Meleti
In Search of a Private Voice: The Notebook of Manusso Meleti
A bordo di un vassello da Candia a Venezia nel 1590, il cretese Manusso Meleti teneva con sé un taccuino e lo aggiornava con vari argomenti di suo interesse personale: sonetti italiani composti da diversi autori, inni religiosi in lingua greca, bozzetti di corrispondenza, calcoli matematici e astrologici, frasi latine, italiane e greche – scomposte da un discorso organico, proprio o altrui – prove di scrittura, schizzi e schemi, rappresentazioni simboliche. Questo materiale variegato rivela gli interessi conoscitivi del proprietario e i diversi registri comunicativi che era in grado di utilizzare mentre si muoveva in ambienti linguistici e culturali misti. Il taccuino di Manusso Meleti, conservato inedito presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, coglie una di quelle voci private che raramente compaiono nella documentazione storica per testimoniare varie sfaccettature della vita vissuta nella complessa realtà del Mediterraneo orientale alla fine del sedicesimo secolo.

 
Bruno Crevato-Selvaggi – Katerina Konstantinidou, presentazione del volume Tra Cefalonia e Venezia. Scritti di amici per Despina Vlassi

Venerdì 23 febbraio 2024, Archivio di Stato di Venezia

Terza sessione. Presiede Stefania Piersanti

Bruno Crevato-Selvaggi – Lia De Luca, Presentazione dei volumi 
Le Relazioni dei Provveditori generali in Dalmazia e Albania

Ante Gverić, Archivio di Stato di Zara - Nevenka Kalebić, Università di Zara
L’importanza storico-letteraria del lascito di fra’ Filip Grabovac
The Historical-Literary Importance of Brother Filip Grabovac’s legacy
Fra’ Filippo Grabovaz (Filip Grabovac, Verlicca, 1698 - Venezia, 1749) è stato uno scrittore di letteratura popolare croata. Trascorse la maggior parte del suo servizio sacerdotale come cappellano militare della cavalleria croata (Compagnia de Croati a cavallo) nell’esercito veneziano con sede a Verona.
Benché dalla critica letteraria contemporanea Grabovac sia stato definito come scrittore popolare le cui opere non appartengono ad alta letteratura, intellettualmente si è profilato come persona dotata di grande conoscenza nel campo di scienze umanistiche, filosofia, teologia e spiritualità, che oltre al croato conosceva anche il latino e l’italiano. Il suo esordio poetico, la poesia intitolata Esortazione amorosa, fu intrisa di un forte accento patriottico. Mosso dal bisogno di operare nel campo di educazione e di rendere il proprio popolo consapevole del proprio valore e dell’importanza della conservazione della propria identità, Grabovac scrisse la sua opera Cvit razgovora naroda i jezika iliričkoga aliti arvackoga (Il fior fiore della favella e della lingua illirica o croata).
L’opera fu stampata a Venezia nel 1747, ed è importante per i motivi maggiormente spirituali ma anche profani. Contiene varie cronache, poesie e insegnamenti tipici dell’illuminismo. Tra l’altro Grabovac critica il proprio popolo, creandosi i nemici nel suo ambiente locale (sei persone di Sign / Sinj) che presentarono alle autorità una denuncia accusandolo dell’alto tradimento nei confronti della Serenissima e dell’offesa del popolo della provincia di Sign. Conseguentemente, l’opera venne tradotta in italiano e il testo venne dettagliatamente analizzato. Ne fu vietata l’ulteriore distribuzione e si diede l’ordine di bruciarla, mentre nel frattempo fu intentato il procedimento giudiziario contro l’autore. Nel processo Grabovaz fu condannato per atteggiamenti deleteri per la Serenissima espressi nella sua opera. Scontò la pena detentiva dal 1747 fino alla morte avvenuta nel 1749. A causa delle gravi condizioni di salute fu trasferito al monastero francescano sull’isolotto di Santo Spirito, dove morì e fu sepolto.
Il contributo si propone di presentare il contenuto, la struttura e alcune caratteristiche di lingua e di stile del Cvit di Grabovac, come anche le condizioni letterarie e generalmente sociali che influenzarono sulla nascita dell’opera. Inoltre saranno presentate le circostanze politiche nelle quali certi pensieri espressi nell’opera furono giudicati come pericolosi, per cui l’autore fu condannato e incarcerato.

Roberto Dapit, Università di Udine
Aspetti plurilingui rilevati nel fondo Dragomanno Veneto dell’Archivio di Stato di Zara
Plurilingual Aspects noted in the fond Dragomanno Veneto in Zara / Zadar State Archives
Il fondo “Dragomano Veneto/Mletački dragoman” conservato presso l’Archivio di stato di Zara contiene un importante corpus di documenti redatti in diverse lingue e grafie, prevalentemente in italiano, turco e nelle varietà slave meridionali riconducibili al sistema serbo-croato, ma anche in arabo, latino e altre lingue europee. L’autore propone innanzi tutto uno sguardo sulla diversità linguistica dei documenti che, sorti prevalentemente nei secoli XVII-XVIII, si conservano come traccia delle relazioni tra le magistrature veneziane e le autorità ottomane della Bosnia.
I materiali non soltanto si distinguono per uno spiccato carattere plurilingue, rilevabile talvolta all’interno dello stesso testo, ma anche per vasta la gamma di tipologie testuali di cui, attraverso una opportuna selezione, saranno discusse determinate caratteristiche. Nel caso dei documenti originati da traduzioni di testi in italiano emerge, in particolare, l’attività di mediazione svolta dagli interpreti (per le varietà slave) e dai dragomanni (per il turco) in servizio presso l’amministrazione veneziana in Dalmazia. Il contributo rappresenta un tentativo di esaminare il fondo attraverso la prospettiva del plurilinguismo allo scopo di mettere in luce alcuni risvolti attinenti alle relazioni sviluppatesi tra attori istituzionali che agiscono nel complesso scenario di alterità linguistica, socioculturale e politica dell’area.

Nora Lafi, MECAM-Université de Tunis / Leibniz-Zentrum Moderner Orient, Berlino
Oralità ed erudizione: riflessioni attorno al dizionario italiano/arabo di fra’ Bonaventura
Orality and Erudition: Remarks on Brother Bonaventura’s Italian / Arabic Dictionary
Quando nel 1632 l’ordine dei Francescani, attraverso l’azione di Paolo da Lodi, ottiene dal console di Venezia al Cairo, Giovanni Donato, l’autorizzazione ad aprire una sede fissa accanto alla cappella dei Veneziani, una delle missioni principali dei monaci diventa l’insegnamento e lo studio della lingua araba. Per gli insegnanti francescani, nell’ambito di quello che poi diventa il Collegio del Cairo, si pone la questione del rapporto tra lingua vernacolare, lingua classica, vita quotidiana ed erudizione biblica. Quest’articolo intende esaminare la questione dell’oralità e della sua trascrizione attorno allo studio del manoscritto 6698 della Bibliothèque Nationale de France, ovvero il dizionario italiano/arabo redatto da fra’ Bonaventura. Tra i punti discussi ci saranno riflessioni sulle categorie, sui modi di trascrizione, sulla scelta delle traduzioni, sul rapporto tra lingua erudita e lingua del quotidiano.

Quarta sessione. Presiede Ante Gverić

Andrijana Jusup Magazin, Università di Zara 
«[…] Venezia ognor d’Eroi Nutrice»: l’immagine di Venezia nel poema Savorgnanide
«[…] Venezia ognor d’Eroi Nutrice»: the Image of Venice in the Poem Savorgnanide
Alla Biblioteca scientifica di Zara è conservata un’opera narrativa adespota in versi intitolata Poema che chiamar si potrebbe Savorgnanide, scritta tra il 1777 e il 1778, la cui prima edizione critica risale al 2021. Il poeta propone il titolo Savorgnanide in cui fece sintesi sia dell’attante sia del soggetto delle azioni narrate nel poema. L’opera appartenente alla letteratura genealogica racconta la storia dei Savorgnan, famiglia friulana che, grazie all’appoggio della Repubblica di Venezia, diventa una famiglia incredibilmente potente, suddivisasi poi in diversi rami: della Bandiera, del Monte o di Osoppo, del Torre. La scelta di verseggiare il ramo del Monte, di indiscussa importanza nella storia della Serenissima con la quale condivide lo stesso destino (infatti, l’estinguersi della linea maschile di quel ramo della famiglia coincide con il declino della Repubblica di Venezia), mette in luce l’ideologia filoveneta dell’opera e del suo creatore. Il presente contributo si focalizza sull’immagine di Venezia in Savorgnanide da cui risulta evidente che l’autore scrive il presente poema con l’intento di offrire ai lettori la lode del primato della Serenissima, incarnata nella famiglia dei Savorgnan.

Giovanna Calebich Creazza, già Università “Suor Orsola Benincasa”, Napoli
Arte, religione, politica. San Grisogono e San Giorgio nell'iconografia della Venezia rinascimentale: l'evoluzione dei simboli tra la costa occidentale e la costa orientale
Art, Religion, Politics. St Chrysogonus and St George in the Iconography of Renaissance Venice: Evolution of Symbols between Western and Eastern Coasts
Nel 1480 san Crisogono conosce a Venezia una nuova fortuna nel campo dell’arte rinascimentale: quadro del Giambono nella chiesa di San Trovaso e miniatura del Messale di Deodato Venier, abate di San Crisogono a Zara. Aspetti artistici e visione storico-politica. Ma il passaggio della rappresentazione di san Crisogono da martire aquileiese, diacono ovvero vescovo (come nei mosaici di Ravenna e Monreale del VI secolo), a cavaliere guerriero è stato realizzato tra il IX e il X secolo a Zara dalla famiglia croata Madio con il favore dei benedettini e del re croato. San Crisogono cavaliere guerriero diventa il simbolo civico della città con intento antiveneziano.
Al tempo dello Stato da mar san Crisogono e l’abbazia benedettina zaratina a lui intitolata mantengono il loro valore storico-politico all’interno della gestione veneziana. A Zara esistono tre bassorilievi lapidei di san Crisogono eseguiti in epoca medievale. È importante la trasformazione iconografica in santo cavaliere guerriero e come viene rappresentato.

Nedjeljka Balić-Nižić, Università di Zara 
Sul manoscritto Poesie di alcuni Accademici Ravvivati di Zara (1755)
On the Manuscript Poesie di alcuni Accademici Ravvivati in Zara / Zadar (1755)
Tra i manoscritti del ricco fondo dell’Archivio di Stato di Zara, si trovano vari testi letterari risalenti al periodo del dominio veneto. Una di queste opere che sono testimonianze della vivace vita letteraria e culturale cittadina nel Settecento è la raccolta intitolata Poesie di alcuni Accademici Ravvivati del 1755. Il volume conservato nel fondo della famiglia Caraman (Karaman) contiene componimenti in italiano e in latino di vari autori, membri dell’Accademia dei Ravvivati di Zara. Oltre al fondatore dell’Accademia, poeta e raccoglitore delle antichità zaratine Antonio Danielli Tommasoni, tra gli autori figura anche sua madre Alba Danielli Tommasoni, una delle rare poetesse zaratine.
Il contributo si propone di analizzare le poesie del manoscritto e di presentare gli autori, che diedero contributo all’affermazione della città Zara non solo come la capitale politica e economica della Dalmazia veneta, ma anche come vivace ambiente letterario, al corrente con la letteratura e cultura italiana ed europea del tempo.

Živko Nižić, già Università di Zara
Memoria encomiastica del vescovo di Lesina Giandomenico Stratico, teologo e poeta nel manoscritto inedito della Biblioteca Scientifica di Zara
An Encomiastic Memory of the Lesina Bishop Giandomenico Stratico, Theologist and Poet: an Unpublished Manuscript in Zara / Zadar Scientific Library
Tra i manoscritti inediti della Biblioteca Scientifica di Zara si trova una curiosa testimonianza del mondo civile e culturale della Dalmazia settecentesca. Nella donazione dell’avvocato Vladimiro Pappafava (1927) alla Biblioteca Comunala “Paravia” di Zara si trova il manoscritto Componimenti poeticiin occasione della prima sacra visita fatta nel castel S. Giovanni della Brazza – dall’Ill.mo e R.mo – Monsignor Gio: Domenico Stratico – vescovo di Lesina ec. – Prelato Domestico assistente al Soglio Pontificio (1787). Giandomenico Stratico è un personaggio molto importante della Dalmazia settecentesca, teologo, scienziato e letterato (Zara, 1732 - Lesina 1799), e vescovo di Lesina.
Il manoscritto è una raccolta di poesie in suo onore raccolte da Vincenzo Perotich. I versi presentati dimostrano alcuni aspetti sociologici, civili e culturali del dominio della Serenissima in Dalmazia del tempo. Al primo posto i versi raccolti riflettono la conoscenza dell’opera teologico-scientifica dello zaratino tra i dalmati colti del tempo. L’altra informazione preziosa che contiene il manoscritto sono i nomi degli autori (6) amatori della comunicazione poetica. Sono gli autori che non fanno parte del mondo filologico-poetico, ma sono un’importante testimonianza della vasta inclinazione poetica e letteraria dei dalmati in modo particolare nel fenomeno della poesia encomiastica. L’intervento cercherà di illustrare con qualche esempio scelto i momenti indicati che riflettono un importante segmento sociologico della Dalmazia del Settecento.

Quinta sessione. Presiede Giovanna Paolin

Carlo Cetteo Cipriani, Società Dalmata di Storia Patria
Passare gl’Ufficij in nome della Repubblica Ragusa ed i Provveditori Generali in Dalmazia
«Passare gl’Ufficij in nome della Repubblica»: Ragusa and Provveditori Generali in Dalmatia
I rapporti diplomatici son sempre caratterizzati, anche oggi, da un elevato formalismo, addirittura quando ci sono elevate tensioni, addirittura in tempo di guerra. Anche Ragusa rispettava questa regola nei confronti di Venezia.
Ogni qualvolta che veniva nominato un nuovo Provveditore Generale in Dalmazia da Ragusa si inviava presso di lui un nobile, a presentare gli omaggi della repubblica: «Passare gl’Ufficij in nome della Rep.ca». La cancelleria preparava una lunga Commissione diretta al nobile scelto dal Senato, con la quale venivano dettagliatamente specificati gli argomenti da trattare e le modalità da seguire. Per Ragusa guadagnare la benevolenza del Provveditore Generale era molto rilevante, vista la situazione geografica e la potenza della marina militare veneziana che nei secoli più volte aveva ostacolato il commercio raguseo, con sequestri e balzelli. C’erano poi le questioni frontiera e le violenze che gli abitanti della Dalmazia veneta spesso attuavano contro i cittadini dello stato raguseo. Un aspetto che veniva sempre enfatizzato è la richiesta che il Provveditore, nel sottoscrivere le missive dirette a Ragusa, usasse l’espressione codificata da tempo di Affezionatissimo Servitore, ed in mancanza attivarsi perché venissero rispettati gli usi antichi. Il rispetto delle forme era ritenuto essenziale nei rapporti internazionali ed a Ragusa ci tenevano in maniera particolare.

Donatella Schürzel, Università Niccolò Cusano
Linguisti, Accademie e personalità illustri nell’Istria dell’età dei lumi
Linguists, Academies and Renowned Personalities in Istria in the Age of Enlightenment
Particolarmente interessante in Istria nell’età dei Lumi è l’uso della lingua e degli idiomi specifici riscontrabili nei suoi territori «de là da mar» che, con storici e linguisti quali tra i primi Pier Antonio Biancini, hanno registrato e indagato l’utilizzo della lingua italiana e dell’antico istrioto in casi locali e negli usi sociali. La qual cosa si può rilevare, solo ad esempio, a Rovigno, negli scritti per le attività della Confraternita dei Poveri (1763) o per la creazione del Monte di Pietà (1772) che furono segnali evidenti di un avvio, pur ancora debole di una generale trasformazione della vita sociale della comunità. Ma la cultura del Settecento istriano ha il suo centro nelle Accademie a cui sono legati gli intellettuali illuministi che favorirono la diffusione della letteratura latina, italiana e francese e le nuove idee filosofiche. Tra le più note certamente quelle di Capodistria dove nascono l’Accademia degli Operosi e la ancor più nota Accademia dei Risorti, nelle quali operarono e si confrontarono i più illustri intellettuali dell’epoca dai Gravisi, ai Carli, a Tartini o ad Almerigotti. A Rovigno invece si affermò nel 1765 circa, grazie al gusto per la musica l’Accademia dei Filarmonici, mentre sempre nella stessa cittadina operò per breve tempo l’Accademia degli Intraprendenti (1763-1765). Si inserisce certamente a pieno titolo in tale contesto pure lo sviluppo del teatro. Le Accademie dunque, che nella maggior parte dei casi trovano la loro fine con il tramonto della Serenissima, divengono i punti di riferimento più vivaci della vita delle cittadine istriane, riuscendo a produrre e a veicolare altissimi livelli di sapere culturale, non così noto e approfondito ancor oggi negli studi specifici, nonostante sia ormai più che comprovato quanto il mondo culturale settecentesco della penisola istriana abbia magistralmente contribuito al più noto illuminismo italiano ed europeo.

Luca Morlino, Università di Trento
La leggenda del paladino Orlando nell’Adriatico orientale
The Legend of Roland the Paladin in the Eastern Adriatic
L’intervento si propone di analizzare la leggenda di Orlando «liberatore di Ragusa», scolpita su pietra nella statua che lo raffigura nella Piazza della Loggia della città dalmata e testimoniata negli “Annali di Ragusa” (tanto nella versione anonima, quanto in quella di Nicolò di Ragnina), inquadrandola nell’ambito di analoghi miti identitari di altre città lungo la costa istriano-dalmata (Pola, Orsera Zara), che nel complesso costituisce un riflesso della diffusione dell’epica francese nel Veneto e a Venezia.

Sanja Roić, Università di Zagabria
Le voci illiriche nello Stato da mar
Illyrian Voices in the Stato da Mar
Il 14 gennaio 1556 a Cittavecchia, sull’isola dalmata di Lesina, Pietro Ettoreo (Petar Hektorović) porta a termine il poema Ribanje i ribarsko prigovaranje (La pesca e i dialoghi dei pescatori) e lo pubblica in illirico, ma seguendo l’ortografia italiana, a Venezia presso Camocio nel 1568. In questo componimento lungo 1684 versi, prevalentemente dodecasillabi rimati, inserisce tre canti popolari su temi non isolani che testimoniano la divulgazione dell’oralità balcanica nel Cinquecento. Due secoli dopo, nel Settecento, Alberto Fortis pubblica nei suoi libri di viaggi (1771 e 1774) altri importanti contributi del folklore illirico. “La triste canzone della nobile sposa di Assan Agà”, inserita in originale e nella traduzione italiana nel Viaggio in Dalmazia, conoscerà una straordinaria ricezione europea.

Sesta sessione. Presiede Despina Vlassi

Gogo Varzelioti, Università Nazionale e Kapodistriaca di Atene
L’oralità nelle commedie greche durante la simbiosi greco-veneziana
Orality in Greek Plays during the Greek/Venetian Symbiosis
Uno dei principali prodotti della simbiosi greco-veneta è la lingua, cioè il dialetto misto greco-veneto, che si affermò come mezzo di comunicazione principale nella vita quotidiana degli abitanti delle zone occupate dai veneziani. Di particolare interesse è l’uso di questo dialetto come strumento letterario, e in particolare come lingua in cui furono scritte le opere drammatiche del periodo. Il corpus di questi testi delimita il primo periodo del teatro neogreco e costituisce un campo di ricerca particolarmente interessante, a causa dei molteplici scambi culturali e sociali che hanno contribuito alla sua creazione. L’uso del dialetto misto, e il suo sfruttamento, è una caratteristica fondamentale della loro identità letteraria. In questo articolo ci occuperemo dello studio della lingua delle commedie, che rappresentano le comunità locali e si rivolgono ai loro abitanti. La lingua di ogni giorno diventa uno strumento di comunicazione scenica e si trasforma secondo i tipi drammaturgici, seguendo la loro personalità e prendendo una connotazione fortemente comica, caratterizzata dalla sua oralità e dal suo impatto sugli spettatori. I dialoghi vivaci, la velocità, gli equivoci linguistici e l’umorismo spontaneo, spesso «popolare», collegano l’erudito al quotidiano e mantengono queste opere vive nel repertorio teatrale fino ai giorni nostri.

Ourania Karagianni, Fondazione Culturale del Gruppo Banca del Pireo
Materiale a stampa e manoscritto nelle case greche di Venezia: testimonianze archivistiche del XVII secolo
Printed Matter and Manuscripts in Greek households in Venice: 17th century Archival Evidence
Quali documenti archivistici conservavano i greci veneziani nei loro archivi personali? Quali libri leggevano? In quale stanza della casa si trova il materiale cartaceo? Ci sono stanze adibite a studiolo? Questo studio cerca di esaminare il materiale a stampa e manoscritto registrato nelle case greche di Venezia, individuato negli inventari post mortem e nei testamenti dei greci a Venezia durante il XVII secolo. La “lettura” del materiale è duplice: gli oggetti cartacei stampati e manoscritti sono elementi materiali dei loro beni mobili, ma allo stesso tempo sono elementi culturali, indicativi del livello di istruzione dei loro proprietari, della loro mentalità, degli interessi intellettuali o economici che ne derivano e persino delle loro abitudini di consumo.

Angeliki Tzavara, UMR 8167 Orient et Méditerranée, CNRS, Francia
I testamenti del notaio veneziano a Corfù Lodovico de Marchi, 1397-1398
The Wills of Lodovico de Marchi, Venetian Notary in Corfu, 1397-1398
Lodovico de Marchi, notaio veneziano e cancelliere del bailo e capitano di Corfù, Fantino Loredan, si trovava sull’isola negli anni 1397-1398, quasi dieci anni dopo l’annessione dell’isola allo Stato veneziano. A Corfù redasse una serie di testamenti che oggi sono conservati nell’Archivio di Stato di Venezia. I testamenti, da quello della serva Elena a quello del nobile Carlo di San Maurizio, restituiscono un ritratto, seppur parziale, della società corfiota.

Sabato 24 febbraio, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica

Settima sessione. Presiede Velizar Sadovski

Simona Nicolosi, Università di Szeged
Il dizionario pentalingue del poliglotta Fausto Veranzio (1595)
The Pentalingual Dictionary of the Polyglot Fausto Veranzio (1595)
Dalmata di Sebenico, segretario e consigliere dell’imperatore asburgico (e re d’Ungheria) Rodolfo II e più tardi vescovo di Seghedino-Csanád, il poliglotta Fausto Veranzio (1551-1617) è autore, tra le altre sue opere, di un interessante dizionario plurilingue dal titolo Dictionarium quinque nobilissimarum Europae linguarum, Latinae, Italicae, Germanicae, Dalmaticae et Ungaricae (1595). Dal punto di vista lessicografico e linguistico si tratta di un’opera significativa per l’approccio comparativo delle lingue conosciute e parlate fluentemente dal Veranzio e per l’utilizzo del latino come lingua paradigma. Oltre al dizionario disposto su cinque colonne per meglio evidenziare la comparazione linguistica, nel volume sono presenti anche un glossario dalmatico-ungherese e un’appendice contenente le cinque versioni dei dieci comandamenti, del Credo e delle preghiere del Padre nostro e dell’Ave Maria. Nelle pagine iniziali, scritte in latino, troviamo invece una dedica, la prefazione e un elogio, altrettanto interessanti per comprendere le ragioni e le finalità del dizionario pentalingue. L’intervento al convegno verterà, dunque, su una breve esposizione del contesto storico e linguistico dell’epoca di Veranzio, sulla struttura dell’opera e sulla sua importanza nella storia letteraria europea per essere la prima edizione stampata per il croato (dalmatico) e per l’ungherese.

Cristian Luca, Università del Danubio Meridionale di Galaţi / Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia - Gerassimos D. Pagratis, Università Nazionale e Kapodistriaca di Atene 
Il porto di Chania nel commercio veneziano alla fine del Settecento
The Port of Chania in Venetian Trade at the End of the 18th century
L’interesse dei veneziani per Creta continuò anche dopo il 1669. Oltre alle questioni politiche, i notevoli vantaggi commerciali ed economici dell’isola indussero i veneziani a istituire consolati che fungessero da collegamento tra Creta e l’amministrazione centrale veneziana. Il coordinamento tra i consolati di Venezia nel Mediterraneo orientale era di competenza del bailο di Costantinopoli. Gli archivi di questa importante istituzione forniscono dati preziosi. La loro elaborazione è l’obiettivo centrale della nostra comunicazione, che cerca di stabilire il ruolo del porto della Canea nel movimento del commercio veneziano nel periodo di un biennio (1789-90), il tipo e l’oggetto dei trasporti effettuati dalle navi veneziane pochi anni prima della caduta della Serenissima Repubblica, il profilo dei vari imprenditori marittimi dello Stato veneziano, ecc.

Marianna Kolyvà, Università dello Ionio, Corfù
Navigazione, commercio, finanziamenti a Zante cinquecentesca: case studies
Shipping, Commerce, Financing in 16th Century Zante / Zakynthos: Case Studies

Lena Sadovski, Accademia Austriaca delle Scienze 
La registrazione di testimonianze orali e testi scritti slavi nella Dalmazia veneziana 
Recording Slavic Oral Witness and Written Texts in Venetian Dalmatia
Mentre l’amministrazione veneziana delle città costiere dalmate utilizzava esclusivamente il latino e l’italiano per i suoi documenti scritti, le comunità slave delle regioni circostanti sotto il controllo veneziano o ungherese/asburgico ricorrevano alla loro lingua nativa slava per le loro corrispondenze o per i documenti giudiziari e notarili. Allo stesso modo, i funzionari ottomani locali utilizzavano principalmente lo slavo per comunicare con le loro controparti veneziane. L’obiettivo di questa presentazione è analizzare come i veneziani abbiano prima compreso e poi registrato tali documenti slavi, nonché le dichiarazioni orali e le testimonianze espresse dagli slavi di fronte all’amministrazione veneziana. Oltre a numerose traduzioni, gli archivi contengono alcuni originali in cirillico e latino di diversa provenienza e contenuto. Per lo scopo di questa presentazione, verranno studiati i documenti degli archivi di Venezia, Spalato e Zara riguardanti Spalato, Poglizza, Almissa e Clissa tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo.

Ottava sessione. Presiede Cristian Luca

Giovanna Paolin, Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia
Il prevalere dell'oralità e le scelte controriformistiche nella documentazione dell'Istria veneta
The Prevalence of Orality and Counter-Reformation Choices in Venetian Istria document

Ana Bukvić, Università di Zara
Venezia tra storia e fascino. Il teatro di Giuseppe Sabalich
Venice between History and Allure: Giuseppe Sabalich’s Plays
L’intervento si propone di presentare ed analizzare il motivo di Venezia e le culturospecificità veneziane nel teatro di Giuseppe Sabalich, autore più prolifico a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento a Zara. Rinomato storico, narratore, poeta e scrittore di teatro, Giuseppe Sabalich (Zara, 1856 - Zara, 1928) scrisse saggi storici e folcloristici, raccolte di poesia e più di settanta commedie, monologhi e vari tipi di drammi. Le rappresentazioni delle sue opere teatrali avvennero in diverse città italiane, che l’autore stesso indica immodestamente nelle edizioni a stampa dei testi. Nell’arco di circa quarant’anni (1879 – 1928) Giuseppe Sabalich dà vita ad una vasta ed eterogenea produzione teatrale che raccoglie commedie, drammi, monologhi, bozzetti scenici e atti unici. Sia nei saggi storici e di storia dell’arte, sia nella produzione letteraria e teatrale Sabalich trae ispirazione dalle due città adriatiche di Zara e di Venezia, che sono i topoi ricorrenti della sua opera. Una particolarità evidente è che Sabalich nella sua produzione drammatica si limita solo ai topoi di stampo veneziano. Qui preme sottolineare il fatto che Venezia si presta come ambientazione esclusiva per i suoi testi teatrali e, in tale contesto, meritano attenzione I Monologhi della Zanon, Monologhi e scene, Teatro e il dramma I Bezzi Strigai. Sono pochi, infatti, i suoi testi drammatici ambientati in un altro luogo. Oltre all’ambientazione, anche i protagonisti delle suddette opere sono veneziani che veicolano un’azione incentrata sulla vita quotidiana del proletariato veneziano che rappresenta, sulle orme di Goldoni, una società con i suoi vizi e le sue virtù più comuni. La maggior parte dei suoi testi teatrali è scritta in dialetto veneto, il dialetto che funge da ponte tra Zara e Venezia, e serviva sia a scopi teatrali, che politici. Tramite il dialetto Sabalich affermava l’identità italiana di Zara e rimpiangeva i tempi passati della Serenissima.

Bruno Crevato-Selvaggi, Laura Mangiavacchi, Raffaella Gerola
Presentazione del sito www.statodamar.it
Presenting the website www.statodamar.it

Il sito www.statodamar.it propone i risultati delle ricerche: l’inquadramento storico-amministrativo dello Stato da mar, le Relazioni e i dispacci dei Rettori. È on line la nuova versione del sito, arricchita e aggiornata nella grafica.

discussione.

Rita Tolomeo, chiusura del convegno