22 dicembre| 1649 Filippo Boldu
Dispaccio del 6| dicembre| 1649|
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe,
questo sangiacco di Erzegovina, dopo haver visitato il paese, come divotamente accennai con le precedenti di 20 del caduto, et ricevuto i tributi da popoli humiliati alla sua divotione, si è questi giorni trasferito a Castelnovo, ove tuttavia continua con qualche opinione di svernare a Nevesigne, loco quattro giornate distante, ove perciò habbi spedito foraggi, per poter in questa vicinanza prestar celeri li soccorsi, in ogni occasione di bisogno che tenesse la piazza di Castelnovo dall’invasione delle armi publiche, come la Serenità vostra più distintamente comprenderà dall’alligato constituto.
Nixichi suppeditati dalla forza del medesimo sangiacco, se ben constretti a ricever le sue insegne et seguitar il suo partito, continuano nondimeno coll’apparenza di buona volontà verso i publici interessi, sospirando i mezi da potersi conservar nel buon proposito et compiangendo le dilationi di quel contento, da cui lungamente nutriti, non han potuto, nel fervor di loro occorrenze, goder gli effetti a proprio sollievo. Voivoda Petai, capo principale loro, si esprime meco con affetto [?], quanto cauto, altrettanto sagace, ma Steffano [?] Vlastelinovich [?], uno degli altri capi, con sue lettere amplifica gli acidenti incontrati con sensi molto alterati, et discende ad altre particolarità, le più stimate, de pensiero dei nemici contro questa piazza et di persona che con essi tener potesse qualche corrispondenza, a pregiuditio della medesima, come il tutto rissorge dalle sopradette loro lettere, che sarano alliggate.
Per me, credo che le notitie di detto Vlastellinovich si estendano più a cose possibili, che ad una forma di negotio deliberato; ad ogni modo, la conditione dei tempi, dando vigore alli sospetti, persuade anco a quelle avertenze che deluder possano in ogni tempo gli attentati nemici.
Altre novità (che pur sarano distinte nell’occluso constituto) si tengono dalla voce di turco familiare del sangiacco di Scutari et molto confidente del signor cavalier Bolizza, dei trattati et concerti passati tra li sopradetti due sangiachi di attaccare presentaneamente questi confini, dell’effetto differito per le cause espresse dal medesimo confidente, ma che in ogni modo non potrà esser divertito quando zuppani et maini non sodisfacino al preteso tributo, et i pastrovichi non usino qualche donativo; di questi proffessando poter facilmente conseguir la dipendenza, per le dichiarationi fatte, per le lettere scritte et per gli uffitii passati col sangiacco, perché non siano molestati, pronti loro ad ogni comparsa delle armate ottomane di soggiettarsi, per non correr il rischio dell’esterminio delle famiglie et loro sostanze. Ai simili tratti artificiosi, pratticati per l’adietro con maini, ho fatto da questi ributter il colpo con maniera comprobante la loro costanza nella publica divotione, come mi espressi di quel tempo con mie humilissime lettere alla Serenità vostra. Ne resto di invigilare ad ogni altro uffitio, perché i popoli confermino con le opere la fede che devono, et che proffessano colla voce alle Eccellenze vostre, applicato intanto con tutto lo spirito a ricavar alcun probabile argomento delli concetti sparsi così dal Vlastellinovich, come dal turco confidente, circa le intelligenze dei pastrovichi et altri che tener potessero con turchi, a pregiuditio degli interessi di questa piazza, per svellar dalla radice così pestifero veneno, con un essemplarissimo castigo.
Dal constituto occluso di uno schiavo liberatosi ultimamente dalle mani di turchi di Dulcigno si tengono pure le loro male dispositioni contro questi confini, onde da tutte le parti rissuona la voce di vicino travaglio, quale, come da me sarà incontrato con tutta la trepidezza di animo, non stimando il più glorioso fine della vita quanto quello in servitio di Dio et della Patria; così procurerò di tener incorraggiti popoli, sciolti da lacci di interessi, nel far ad ogni essergente [?], spetialmente a quelli di frontiera, ritirar le famiglie et le sostanze sopra il scoglio di Budua et dentro in quella città, onde, liberi restando col solo stimolo di honore, possano più vigorosamente applicarsi in diffesa della fede, della Patria et del servitio delle Eccellenze vostre, dolendomi solo che, per riportare un fruttuoso servitio, non vi sia capo da dirigger detti popoli, che per altro anco riuscirebbe molto utile et necessario, spetialmente per le osservationi et notitie dei loro andamenti.
Ma perché finalmente ogni attentato doverà dissolversi per ragione sopra l’isperienza di questa piazza, devo io, per capo di publica riguardevole esistimatione et per consolatione di me stesso, epilogare le sue occorrenze tante volte da me prolissamente considerate, et che supplico sian rivedute in tante mie lettere per non divertire le publiche più pesanti cure con novo tedio.
La piazza continua con la muraglia dalla parte di mare fracidissima et senza fianchi, col balouardo Soranzo imperfetto et inutile nel stato che si trova al maneggio et al tormento del canone; con soli 600 fanti, compresi quelli che si tengono a Budua, in castello et sopra la galea della guardia, con 38 bombardieri; con le militie sconsolatissime per i loro avanzi, nude, non essendole ancora pervenute le pannine, gabbani, schiavine, pagliazzi et altro deliberato fino da agosto passato, et riddotte in stato di disperatione; con monitioni sfornite senza tavole, né altra sorte di legname per adoperar, nascendo il caso, nella construtione delle barache, o in altra occorrenza; riddotti nell’angustia di soli 700 stara di formento et 1.600 di miglio, più vicine a patire l’assedio dalla necessità che dal nemico; tutti diffetti che meritano i publici sapientissimi riflessi, et chiamano celeri et opportuni rimedii.
All’eccellentissimo signor generale facio sempre tutti li riccorsi et rappresento incessanti queste occorrenze, ma non riporto che espressioni di gran compatimento, et gli attestati delle proprie angustie, che le vietano il modo di prestarmi alcun sensibile aiuto. Con le ultime mi avisa l’espeditione dell’ingegnero Benaglio per rivedere questi bisogni, restato poi a Zara per il male sopravenutoli nel punto dell’imbarco; è [?] più desiderato soggetto da questa occorrenza in una continua permanenza, per assistere alla restitutione et emendatione dei diffetti, che a nova revisione, a nova consiglio, per non lasciar in contingenza il servitio con maggiori dilationi.
Per la buona custodia et diffesa di queste mura, si rende insuficiente il numero debolissimo di queste militiie, ripartite massime nel modo sopra accennato, come pure quello dei bombardieri, obbligato a guardare tanto cannone; onde ogni altro rinforzo sarà opportunissimo et valerà di contrapeso alle genti paesane, che in ogni caso di attacco si dovessero introdurre nella città; le famiglie de quali, per mio debol senso, stimarei sempre meglio ritirate al scoglio dei stradiotti, per levar le confusioni che sogliono causare tutti i pregiuditi al sconcerti; nel qual caso è pur da prevedere il bisogno di legname per le barache, havendo io nella visita fatta di detto scoglio ritrovato quelle case dirocate et spogliate di legname et coppi, che pur sarebbe conveniente fossero rissarciti da chi arditamente gli ha levati. Quando il mattino possi dar calore a qualche nova espeditione, supplico divotamente le Eccellenze vostre a compartire anco proportionatamente i mezi, così dei viveri come di denaro, per soccorer et mantener le genti destinate al servitio, et le barche armate che assistono alla custodia del canale et di queste rive; le speranze della piazza, essendo tutte fondate sulla publica, infinita providenza, che tanto più è desiderabile in questa distanza, quanto che d’altra parte non speradosi gli aiuti, tutti li ritardi possono riuscire essitiali al suo servitio. Qualche altro capo da guerra, per mio divoto senso, crederei molto fruttuoso per sopraintender a Budua o in quel castello, perché non si trovando che il signor collonnello La longa, soggetto bensì di matura esperienza, ma aggravato dagli anni, reso infaticabile, et il signor Nicolino Martinoni, di spirito vivacissimo et di un’esquisita volontà, possano in tutte le occasioni di travaglio essere sollevati.
Questo sargente maggiore Vitalba, che di momenti attende il successore, oltre i talenti di virtù appresa in una lunga esperienza di servitio prestato in diverse cariche, et spetialmente di questi confini, riuscirebbe utilissimo in ogni altro impiego et di publico vantaggio. Mi è parso di accennarlo divotamente alla Serenità vostra perché, quando complisca al suo servitio che, rinontiata la carica di maggiore, rimanga qui con la paga di capitano trattenuto per esser adoperato alle occorrenze, possa ingiongermi le publiche commissioni per la loro dovuta et riverita eccellenza.
Hanno ragusei li passati giorni spedito una loro […], armata con 24 pezzi di canone, verso Durazzo, per caricar grano alla scalla di Seleta, sopra di cui vi sono andati un nobile et un cittadino con 12.000 reali, et di già si tiene avisi che habbi principiato ad introddurre il carico. Oltre le galocie [?] presenti del confine, che obligano di continuo questa galea all’assistenza del canale, quando anco libera non stimarei aventurarla sola da sottometter con vascello, che sarebbe valevole a contender l’obedienze et, sebene le notitie restano da me avanciate all’eccellentissimo signor general, non so quanto opportune possano riuscire le deliberationi che, ad ogni modo, valerebbero per altre occasioni, le quali credo io saranno intraprese et pratticate da medesimi ragusei coll’esito propitio, che sperano veder nel presente viaggio.
Stimo degno della publica notitia l’occluso foglio di avisi che mi fa tenere il signor cavalier Bolizza, pervenutole dal solito confidente di Ragusi da cui si attenderanno le notitie dell’arrivo in quella città dell’ambasciatore di Spagna per Costantinopoli, con tutte le altre più stimate occorrenze, per farle pervenir con la solita diligenza alle Eccellenze vostre. Gratie etc.
Cattaro, li 6 decembre 1649.
Filippo Boldu, proveditor estraordinario.
Allegati:
Ricevuta da voivoda Petar sotto li 5 decembre 1649, Cattaro. (1 c.)
Al nostro illustre signor et patron [?] cavalier Francesco Bolizza, da Iddio gratie et buona salute, et dal Serenissimo prencipe grande amore, meglio nell’avenire che fin hora. Et da me, Petar voivoda, humilissima riverenza, cara et amorevole salutatione a vostra signoria molto illustre di poi. Vi serva per aviso come mi viene Turo [?] Niegus et il prete Prenta, et mi portò vostre belle lettere, et io intesi il tutto quello lei mi scrive et illustre signor sopraproveditore; Iddio sa et lei mi conosce, et la mia fede et il sopraproveditore può esser non mi conosca, poiché ancor non mi ha visto et io come con verità, così Iddio mi aiuti et la fede di Dio et io son stato in persona a Tarsche [?] di Nixichi, Plana, Culocine et Monazza, mi mandò il bassà acciò li portino doi somme di denaro, et io non portai da loro neanco un aspro, ma io solo con loro discorsi, et trattai come Iddio ha dato, et con verità, et fedeltà.
Quando venirà l’armata, se Iddio vorrà sotto Castelnovo di esser noi veri vostri aggiutori et veri sudditi delli Vostri signori, sebbene voi ci tradite quando è la necessità, signor cavalier Francesco. Lei sa meglio come io sono andato con vostra fede et parola, et io voltai tutto il paese per amor vostro, et sa [?] vostra anima et fede, come ancor lei tutto sa meglio; perciò hora et sempre sii lei per me piezzo [?] a Iddio et a vostri signori, che io non venirò mai a manco, perciò lei signor cavalier Francesco sii sempre per me piezzo [?], et io voglio che ancor lei veda, se proveda per tutto come è di ragione, et conoscere come io posso durare et stare senza spese, poiché ogni uno vuole cercare spese et donativi, li quali sono degni del donativo, et spese, et io non ho da donare né a sé, né ad altri, come ancor lei sa il tutto meglio; perciò io prego vostra signoria molto illustre che lei vada in persona dal signor sopraproveditore et per me il tutto li dica la verità, se si può, che lei mi aiuti in questa mia necessità di grande spese et interessi; li quali sa Iddio et huomeni, il tutto quello mi è andato dalla mia casa al bassà, dalli miei huomeni non vi può farsi conto; se Iddio vi inspira, aiutate hora in fretta con il pronto denaro, et che il tutto venga per mano sue, et che non sapino li altri per tal servitio, né altro fatto delli signori [?] via da noi, come io prima vi ho scritto di non far sapere ad alcuno del mio paese; se volete che sappino alcuni nostri, io in avenire non voglio di ciò più metter mano, poiché li altri non possono far alcuna cosa, se non con le buggie al Signor Iddio et alli signori, et io del tutto son sicuro, se Iddio vorrà, come sapete ancor voi; et perciò io vi prego hora, se Iddio vi inspira, mi mandi del suo per tempo et presto a mio aiuto, il tutto in denaro contato; perciò io molto vi prego, poiché ogni giorno mi è maggior bisogno. Se la vole creder, creda, et Iddio mi alegri.
Signor cavalier Francesco, io mi confido in Dio et in lei, quando udirà che a me sia qualche bisogno di harazo [?] o altro, che lei mi aiuti, poiché vostra signoria mi conosce, se non vogliono li vostri signori così aiutarmi, fino che Iddio dia altro tempo; intanto tutti li huomeni nel paese dicono, io penso et ricavo ogni giorno dal cavaliere […] il tesoro [?], et il panno da Cattaro, et lei tutto sa meglio quello che io ho pigliato da voi in […], et a me questi signori non vogliono mai intender, né veder, ma mi dicono dal Petar vi sono zechini [?] da Cattaro; perciò io diedi tutto quello che non ho a casa et io mi indebito di altri, né io il tutto vi so rappresentare quello a me hora è andato dalla mia casa, così mi creda con Dio, et se Iddio vi inspira mi aiuti, fino che anco a noi Iddio dia et li vostri signori di Venetia per la nostra giustitia. Hora, signor cavalier Francesco, a me molto è dispiaciuto per quello io […] vi […] et al signor proveditore di un povero inocente christiano, il quale è stato preso inocente a Risano, senza combatimento, et io sperarei in lei se fosse preso anco nel combatimento, che lei me lo appresentarebbe, come anco li altri signori a me appresentano et concedono maggiori et più richi huomeni; perciò io vi prego che tal povereto processato sii liberato, il quale si ritrova nelli ferri sopra la galea, et, se non me lo volete far liberare, et lei faci conto che io lo riscati con l’anima mia; la prego che di ciò mi rescriva questa volta per tal povereto, Perisa da Bagnani, et che vi sia raccomandato il mio parente Anania.
Copia di lettera ricevuta a 2 decembre 1649. (1 c.)
Scrivo a Cattaro all’illustrissimo et eccellentissimo signor sopraproveditore Filippo, che habbia dal grande Iddio ogni contento, et dal Serenissimo prencipe ogni maggior honore, et da me Steffano Vlastelinovich molto cara salutatione, et di poi che sappi vostra eccellenza come io capitai l’anno passato a Cattaro, et condussi meco Lale Milovich et di già il mio fratello Peio, Juan Draevlov [?], et li appresentassimo all’eccellentissimo signor Costanzo da Pesaro, sopraproveditor, confidando nella gran bontà della Serenissima signoria di Venetia; ma molti danni ci sono arrivati sotto la vostra confidenza et al vostro servitio siam periti, havendo noi fedelmente servito et alla vostra città essendo stati amici doppo che ha principiato questa guerra. Voi gran bene a noi prometteste, tante paghe et che venirà l’Armata sopra Castelnovo; molto prometteste, ma niente manteniste, tenendo noi per murlachi semplici, ma, quando l’huomo inganna l’altro huomo, più presto ingannarà sé stesso che altri, et noi vedemo che voi havete molto ingannato noi, ma non capete se noi o voi medesimi. Il signor cavalier Francesco Bolizza, ogni giorno scrivendoci lettere: “ecco l’Armata sopra Castelnovo, ecco che vi sarà una buona proviggione da San Marco”, noi niente di questo habbiamo veduto, se non di doi mani vuote; da voi non fu campo né proviggione, aiuto, né alcun bene dal Signor Iddio et dalla fede christiana, che possiate esser corrisposti a quali prometteste di non ci lasciar sotto i turchi, et hora abbiamo veduto le vostre opere et la vostra fede. Hora noi habbiam dato ai turchi i nostri beni, 7.000 reali; habbiano perso tutto quello habbiamo havuto, confidando in voi; et hora, aciò sapiate venirà il campo sopra Cattaro subito, che arriverà la quadragesima dei turchi, né vedete che vi sia fraude: se son christiano, questa non è buggia, aspettate il campo sopra Cattaro. Di presente haveva questo sangiacco seco 3.000 turchi et voleva hora, ma noi le dicessimo che non si poteva, perché haveva poca gente et che non ardiva con così poco numero, con che lo ponessimo in apprensione, dandole anco ad intendar che dai latini vi erano molte militie, il luogo esser molto forte, et così lo deviassimo che in altro modo veniva hora adrittura; et il Iucutegovich [?], sangiacco di Scutari, voleva venir dall’altra parte alla Trinità et pensava valersi della altellaria di Scutari per condurla alla Trinità; et questo sangiacco di Ercegovina conduce seco un maestro da Costantinopoli che fonda l’altellaria, et vol portar a Gneguvi [?] il bronzo per fondar l’altellaria, per condurla sopra cotesto castello a Brachista per batter detto castello. Non credete che vi dica buggia, per Dio et per la beata vergine Maria nostra madre questo sarà tutto verissimo, subito venga la primavera; queste parole medesime il sangiacco nelle orecchie mi ha intonato, stimando che io le sia fedele servitore.
Tutto questo fa Alaibeg Cengiel, pensate però al meglio che potete, perché certamente haverete il campo adosso da tre bande; et che sappiate come haveva spedito Iucutegovich [?] il suo Deli [?] Bassà a questo sangiacco, a cui comparve a Omogoste con lettere et con istanze che col suo essercito si avanciasse sopra Cattaro, ma noi l’intombidassimo [?] per hora, aciò non vada fino a primavera, perché volua fare che noi ancora marchiassimo sopra Cattaro, et così, ma per rispetto nostro, per non esser strapazzati questa invernata, fino all’averta sospendessimo; però attendete a far campo in fretta et conducetelo sopra Castelnovo per veder di confonder turchi col farli pensar a sé stessi, se si prendere Castelnovo con di […] venirebbero a travagliar Cattaro. Accettate da noi due ambasciatori et mandateli a Venetia per interesse nostro et vostro per tempo, non vi pentirete poi, et aciò sappiate io son chiamato da tutto il paese Gronisa [?], per questo son stato il primo a venir a Cattaro et ho voltato tutti li conti; et aciò sappiate bene havete un traditore appresso et contiguo alla città, non credete inganno, et il signor Iddio vi rallegri.
Alle mani dell’eccellentissimo signor sopraproveditor di Cattaro, scritta a […] del mese di novembre il giorno di 17 alla vechia [?].
Mando in confidenza et secreto alli signori, che non si palesi […] alcuno da chi viene scritta questa lettera, perché la mia testa non starebbe da turchi.
A dì 3 decembre 1649 (1 c.)
Constituto in casa del signor cavalier Bolizza, Alì chiaus Bamadanovich da Gliescopoglie, il quale con molti particolari interrogato et essaminato, espose come segue.
“Ultimamente sono capitati tre servitori del sangiacco Iusubegovich [?] dal regno di Candia et rifferiscono come turchi havessero dato un fierissimo assalto alla città, ma che sian stati rebutati con danno reciproco considerabile, et che perciò si fossero ritirati per la stagione avanciata fino le sopravengono novi rinforzi da Costantinopoli, di dove certamente sia per uscire a nova campagna l’istesso Gran signore [?] in persona o il primo visir.
Per sollevar l’Albania dai pericoli nelle invasioni delle armi christiane, è stato levato di Candia et preposto alla custodia della sopradetta provincia il sangiacco Iucubegovich, come nationale, amato et molto desiderato dai popoli, a cui siano per accrescersi le forze in tutte le occorrenze di bisogno.
Molti trattati et lettere sono passate tra il predetto sangiacco con questo di Ercegovina per invader questi confini, l’uno rissoluto di assalire Perasto, l’altro Pastrovichi. Ma l’effetto fin hora è stato stornato da miei ufficii [?] appresso quelli di Scutari, il quale movendosi più per la separatione delli zuppani et maini, come per le pretensioni che tiene sopra Pastrovichi, fu assicurato da me che senza queste esperienze ne haverebbe facilmente conseguito l’intento. Onde io, seben turco, conservando la confidenza col signor cavalier Bolizza et l’affetto verso questa città, ove ho sempre goduto corrispondenza di vera amicitia per il passato, mi son assicurato, sotto la fede promessami, di capitar in casa del detto signor cavalier, secretamente consigliando con tutta sincerità che potrà riuscire se non molto proficuo all’interesse di questi confini il far porger dalli predetti popoli di Zuppa, Maini et Pastrovichi alcun regalo al predetto sangiacco; il quale se ben pretende gran cose dalli predetti due, in particolare per essere qualche anno che si sono ribellati et non le hanno dato il tributo, di ogni modo io credo che il negotio si potrebbe aggiustare, i 1.000 reali con Zuppa, et a 400 con Maini, et quando [?] a Pastrovichi sarebbe più necessario che questi ancora le facevano un buon regalo, pretendendo sopra loro un’antica giurisditione; altrimenti credetemi che prenderà le armi et abbraccierà gli eccitamenti dell’altro sangiacco, qual si va girando in queste conferenze, né li confini resteranno senza un gravissimo danno, essendo sicuro che pastrovichi alla sola sua comparsa cederanno et si suggetteranno alla sua divotione, come gli hanno scritto lettere i cappi di quel sboro et mandato a dire con hagi Nadal Havich [?], Omerbassà, Denim [?] agà et Hassan Celebin, figlio di Regepsubassim, turchi di Antivari, per parte di tutti non volendo contender né contraporsi alle sue forza per non veder dissipate le famiglie et le sostanze, che sono sicuri non poter più in alcun tempo redimere, et li direttori [?] di questi negotiati sono Maibin Vucina, un certo Zanovich et il […] Boscovich, cappi principali dei pastrovichi et amici confidenti dei turchi sopradetti.
Spahia [?] Martin dal Montenegro, che tiene attinenze con medesimi pastrovichi, ha pure più volte strettamente uffitiato [?] meco che io cavi la fede dal sangiacco di non danneggiare Pastrovichi, et che lui haverebbe concluso con essi et cavato indubitamente il donativo, ma io non ho mai voluto spender la parola di detto Spahia, ma essercitare la mia antica confidenza, la quale doverebbe partorir alcun frutto per il sollievo che certamente risulterebbe a questi confini, con il divertimento per hora del travaglio, il quale in altro modo sarà sicuro et indubitato, rissoluto il sangiacco (il quale ad ogni suo piacimento può metter insieme un essercito di 15.000 combattenti, tutta gente brava et favorita [?]) di restituire li predetti popoli di Zuppa et Maine al suo partito, o di mandarli alle fiamme.
Di Voino non si tiene aviso sicuro se sia arrivato in Costantinopoli. Il cadì però ultimamente venuto riferisce, haverlo incontrato una sol giornata di là distante. Molti giuditii si fano di sua persona, se sia per perder la vita. Viene egli imputato che nel fatto del monti [?] habbi usato tradimento, ma questo è falso essendosi adoperato con buona fedeltà, come nelle altre cose egli ha acceso il foco a questi confini et originato tutti li altri […], et perché non tratta candidamente con alcun prencipe, potrebbe incontrovare [?] in qualche disaventura.”
Interrogato, respose: “Io mi son trovato presente agli uffitii che i turchi nominati di Antivari hanno passato col sangiacco per parte dei pastrovichi, et ho veduto le lettere che le sono state scritte per parte di quel sboro.”
Quibus habitis.
A dì 4 decembre 1649 (1 c.)
Constituto in offitio […] Prete Radule da Rigiani, il quale interrogato et essaminato, espose come segue:
“Il sangiacco di Ercegovina si ritrova al presente a Castelnovo con 500 archibuggiari che consistono di gente da Gazco [?], Rudine, da Risano et da Gralavo [?]. L’Arapovich si trova pure seco con altri 60 archibuggieri. A Gliubomer [?] già otto giorno arrivorno da 300 gianizzeri venuti da Costantinopoli, 40 dei quali coll’agà loro dovevano andar a Castelnovo, et gli altri a Lievno [?] et alla Gabella [?]. In tempo che detto sangiacco si trovava a Gazco et a Nixichi ha spedito li suoi foraggi a Nevepigne, distante da queste parti quattro giornate di camino, con opinione di svernare ivi, con solo oggetto di poter più facilmente soccorrere Castelnovo, in caso che fosse attaccato dalle armi della Serenissima repubblica, et ha havuto a dire voler lasciar l’Arapovich con 60 archibuggieri a Clobuc [?] per assicurare quel loco, et impedire il transito delle mercantie che dalla nostra parte et dai nixichi potessero calar verso Perasto et verso queste parti. Queste voci corrono et ricevono qualche apparenza di credulità dalle operationi et andamento del medesimo sangiacco, ma si starò osservando l’esito per poterlo a suo tempo rifferire, come mi obligo con tutta la sincerità.
In caso venisse a Clobuc l’Arapovich et impedisse a noi l’accesso a questa parte, io supplico che mi sian concessi 500 archibuggeri, ai quali io mi offerisco di unire la mia gente per andare con essi a scacciar li turchi da Clobuc et da Corienichi, et di render questo confine libero da quella infestatione. Per sicurezza et fede del mio impiego vero et divoto et sincero, mi offerisco di dar dieci ostaggi in questa città sino al fine dell’opera.
Ricevuta li 24 novembre 1649 (1 c.)
All’illustrissimo et potente signor Filippo Baldu, proveditore estraordinario, dal signor Iddio gratia et sanità et dal Serenissimo prencipe grande amor meglio nell’avenire che fin hora, et da parte di me voivoda Petar humil inchino et cara et ammorevole salutatione. Di poi, se mi adimandate per nostra necessità et qual bisogno che habbiamo havuto dal bassà et dal campo, qual vene contro di noi per amor vero, per esser vostri novi suditi et perché noi habbiamo tolto le […] bandiere; per questo noi fussimo sachegiati et depredati, et da noi si fermavono giorni 16 et altri tanti notti, et ancho dal paese et di casa mia quel tanto che io non vi so far conto, ma sia ringratiato Iddio come si restavano [?] le teste del gran campo turchescho, ma habbiamo datto gran tesoro et tributo, qual viene più di quello quelli denari che habbiamo dato come sentirete meglio voi et intenderete da altri huomini. A questo vi prego, che provedete anco voi per nostra gran necessità che habbiamo hora patito, et da voi non fu aiuto veruno, né alcuna buona nova che essi pensino di qualche male atorno a Castelnovo, ma li fu facile abbrugiare noi et sacheggiare. Hora et sempre noi cerchiamo da voi vero et fidato aiuto di ogni bene, et noi sempre veri et fidati suditi vostri et della Serenissima signoria di Venetia fidato et giusto se Iddio vorà. Per tanto pregiamo sua signoria illustrissima che date aiuto et fate campo sotto Castelnovo quanto più presto potete che Iddio conceda, che faci quel fin Castelnovo come Risano et anco peggio, et come con fideltà et giustamente operamo per loro male, così Dio ci aiuti noi se voi volete, se Iddio vorà, tutto il paese nostro con noi insieme con fedeltà, perché li turchi a tutti hanno fatto grave vergogna et male avanti et doppo, et in loro mai non è fede, né a noi, né alle nostre creature; ma perché a loro non si può far con di manco, ma dano buone parole per hora, et a noi ogni male pensano come anco noi a loro.
Io non vi posso riviver tutte le nostre necessità, ma vi mando et raccomando il mio parente Calogero Anania [?], saranno le mie vere et fidate parole, et io così voglio che nell’avenire non scrivete a nissuno che una sola lettera, né a Gale [?], né a Batrich, né a Stiepan Vlastelinovich, né a nessuno di noi, perché adesso non è come prima, che li huomini si laudino et dicono la bugia, perché non puono mai fare, solo Dio, et me, se Iddio vorà. Per questo vi prego et aviso, et Dio vi aiuti.
A dì 6 decembre 1649 (1 c.)
Constituto in offitio […] Butta Radeglich da Budua, capitato da Dulcigno, ove si trovava in schiavitù; il quale, interrogato di novità, respose:
“Non attendeva altro che la luna nova, il sangiacco di Scutari, per far novo campo con opinione di andare contro certi villaggi nell’Albania dei popoli ribelli, et sicuramente hoggi haverà principiato a far la raccolta, onde sarà bene invigilare acciò non facia qualche burla, perché li turchi trattano sempre con strattaggeme per danneggiare il nemico. Con tutto lo sforzo non potrà raccoglier più di 3.000 combattenti in Albania, et nella maggior parte christiani, quali oppressi dalla tiranide non possono di non seguitare il partito dei turchi.
Erano li passati giorni capitati quattro fuggiti di Candia, li quali rifferivano esser un cossderbilenzo [?] dei turchi perito nell’ultimo assalto che han dato alla città.
Per parte dell’arcivescovo di Corbino [?], è venuto a ritrovarmi un certo vechio, mandato dall’istesso vescovo, qual mi ha commesso dover passare uffitio con questi signori, aciò per pietà christiana si movino di liberar quel paese dall’oppressione dei barbari in così buona congiuntura, et che facino prima capo in Alessio, ove, essendo il loro debolissimo et guardato con poca gente, non sarà cosa difficile il conseguirlo, con che chiudendosi il pacco et la scala, per la qual può haver tutta la maggior speranza il turco del sacconso[?] si potrà promettere il publico in questo modo di farsi padrone di tutta l’Albania.
Si discorreva che Voino fosse arrivato in Costantinopoli, che si havesse fatto turco et che habbi dato gran speranze di facilitare l’a sacconci [?]cquisto di questa città; lasciandoci intender quei di Dulcigno che, acquistato prima il territorio, haverebbero li sangiacci, uno da una parte et l’altro dall’altra, fatto due fortini al stretto delle catene, per impedire li sacconsi [?] et col mezo dell’assedio facilitare la caduta della piazza.
Mi disse il mio patrone Mehmet Celebia Redagnich, che è il primo consigliero del sangiacco, come questo haveva opinione di scriver a pastrovichi se volevano soggettarsi a lui, aciò non li dia a foco et fiame; io le risposi che detti popoli godono molte gratie et beneficii dal Principe, et che non credo commetteranno mai questo mancamento.
Non so più quello sia seguito, né se tali lettere sian state scrite.
Quibus habitis.
Da Ragusa al signor cavalier Francesco Bolizza in lettere di primo decembre 1649 (1 c.)
Si tiene aviso da Napoli che in Spagna sia destinato per ambasciatore in Costantinopoli il fratello del presente viceré di Napoli, et che quanto prima doveva arrivar collà per passarsene per questa piazza alla sua legatione alla corte di Costantinopoli, et che per questo effetto si espediva qui una feluca con lettere et avisi. Quello si confermerà si porterà a notitia di lei a suo tempo.
L’olacco [?] passato da Costantinopoli al bassà di Bosna scrivono dal seraglio portare gli ordini della Porta per la sua depositione dal commando, et che certamente sarà deposto.
Il sangiacco di Ercegovina si attrova tuttavia distante meza giornata da questa giurisditione per dover passar a Castelnovo. Ha 500 persone con lui, havendo mandato le altre non sapersi a quale parte, si intende però che fra li turchi di Castelnovo et il medesimo sangiacco corono male intelligenze, sarà bene che avertiscano di Perasto, mentre è così vicino.
Si ha da Costantinopoli che Delì [?] Hussain Bassà andò coll’essercito sotto Candia, ma fu ributato coll’altellaria et mine, con perdita di 8.000 turchi; tra questi erano molti commandanti, et che per tal successo in Costantinopoli li turchi havevano tralasciato fare alcune [?] divotioni [?] che facevano per il passato.
Che il bassà di Lubra [?] sii fatto novo capitan del mare et che si doveva spedire alla volta di Candia con sei galere fino li 20 ottobre passato, et si dice tener ordine di strangolare [?] Delì Hussain Bassà perché gridano contro lui di esser stato ingolato dalli venitiani con buona summa di denaro.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.