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22 dicembre| 1649 Filippo Boldu

Dispaccio del 31 dicembre| 1649|

N. (senza numero)

Serenissimo principe,
il giorno della Santissima natività di Nostro signore si è levato da Castelnovo il sangiacco di Herzegovina con tutte le sue genti, richiamato con gran premure dal bassà di Bosna che si crede possi haver incontrato in qualche travaglio nel paese. Nixichi [?], et gli altri popoli coltivati di continuo con le più aggiustate affitiosità, dimostrano di conservarsi costanti nella buona dispositione sopra la speranza indubitata di vedere l’attacco vicino della piazza di Castelnovo, altrimenti protestano non dover farsi capitali di loro dipendenza.
Spalia [?] Martino Gliubotina, capo principale del Monte già tempo divenuto ribelle della Serenità vostra, et confermatosi maggiormente nella passata occasione colla sua retirata nel paese nemico, con le armi prese et con li danni procurati, et sempre maggiormenti fomentati a pregiudicio di questi confini, ha provocato i miei giusti rissentimenti a farle incendiar la casa, et poner la taglia di trecento ducati sopra la testa, come divotamente accennai con mie riverentissime di 18 agosto passato; così per recider totalmente capo tanto perverso, che con l’uso continuato dei suoi autorevoli uffitii, incaloriti dalla prepotenza del sangiacco, rendeva titubante la fede dei molti dei medesimi popoli del Monte, mi son appilcato con tutto lo spirito da qualche tempo, con l’accitamento [?] anco dei motivi dell’eccellentissimo signor generale, et finalmente, colla direttione et zelo impareggiabile del signor cavalier Bolizza, ho per mano di uno dei suoi più fidati et corraggiosi servitori conseguito il contento, essendo a questo riuscito, la notte di 25 cadente, farsi patrone della vita di detto Spalia [?] in una casa della propria villa et col sbarro di doi arcobuggiate renderlo estinto.
Da che turchi et lo più stretti in sanguine di detto Spalia si sono posti in molta apprensione, come [siccome] all’incontro gli altri popoli han dimostrato segni di gran contento et sodisfattione, sperando dalla sua mancanza poter goder ogni respiro, come io voglio creder siano per rissentire anco gli interessi delle Eccellenze vostre. L’essecutore di così buona opera è stato Juane de Nicolò da Gliubotina, [il] quale, col padre in età cadente et con doi suoi fratelli, si è ritirato in questa città, havendo abbandonato la casa, gli animali et le proprie sostanze, che subito le sono state rapite da turchi, il [?] solo riguardo del ben publico et di meritare la gratia delle Eccellenze vostre, havendolo persuaso a oscurare ogni privata sodisfattione.  
Egli viene accompagnato da credentiali a parte con la presente fregata, per presentarsi ai piedi della Serenità vostra. Oltre la taglia prevenata [?], che qui non gli è stata corrisposta per le correnti angustie, egli si rende degno di alcun testimonio del publico benignissimo gradimento, onde l’essempio renda sempre più conspicua la publica riguardevole maestà nel castigare i colpevoli et premiare i benemeriti.
Fu qui li passati giorni il signor colonnello [?] degli svizzeri, a cui, per ordine dell’eccellentissimo signor general, ho fatto vedere il stato di questa piazza; tra le molte imperfettioni osservate, si è riddotto nelle più essentiali del balouardo Soranzo et del cavalier [?]. Io attenderò le commissioni che mi saranno ingionte per esseguirle, et, sempre mi pervengano, spero saran accompagnate da mezi proprii et dall’assistenza di qualche ingegnere, che è necessarissimo per le sopradette restaurationi.
Nello resto, mi confermo sempre più allo scritto colle precedenti, circa il mio stato penosissimo per le mancanze di tutte le provigioni et di denaro per soccorrer al stato languente di queste militie, facendomi lecito di attestare alla Serenità vostra, sotto l’impegno della publica fede, che, avanciatomi fino hora a protraher il tempo con l’uso di una rigida essatione, etiam da debitori di scole et di commissarie private, per far le restitutioni col primo denaro, mi sia riddotto ad una violenta necessità di poner mano a questo poverissimo deposito, per sfuggire qualche travaglioso inconveniente a che, sicome non mi tocca l’animo di fissare la mente senza grande horrore, nonché di stabilirvi alcun proposito, per non lasciar ad un tratto la piazza come senza danaro, così senza alimento; così è chiamata la publica singolar providenza a qualche compenso, non potendo la carità riguardevole dell’eccellentissimo signor general, nell’uguale calamità, assistermi con alcun soccorso, come si esprime meco con tutte le lettere.
Trasmetto alle Eccellenze vostre l’occluso riporto del solito confidente di Ragusi, fattomi tenere dal signor cavalier Bolizza. Sarà pure alliggato il rispetto di tutte queste militie, comprese quelle di Budua, rassignate in questi giorni, che si riduce tra tutti a 609 fanti. Gratie etc.
Cattaro, li 31 decembre 1649.

Filippo Boldu, proveditor estraordinario.

Allegati:
In lettere da Ragusa, scritte al signor cavalier Francesco Bolizza a Cattaro (2 cc.)
Siamo sotto li 3 decembre, et vengo a confermarle con la presente di quanto le ho scritto dell’ambasciatore che passerà da Spagna verso Costantinopoli, che è il fratello del presente viceré di Napoli, il più favorito a quella corte, et in gran concerto [?] appresso Sua maestà; da molti particolari si ha aviso, però ancora non viene scritto dalli loro confidenti a questi signori, che il detto questa primavera verrà a Napoli per passar verso Costantinopoli per questa stradda.
Si è havuto aviso da un vascello, che è venuto dalla Vallona carico di condovani [?] et pesce, che la nostra nave carica i grani a Durazzo.
Li 6 detto il confidente di Spagna scrivé sette giorni posteriormente della sudetta lettera, confermando quanto ho avisato, et dice di haver inteso da buon loco che si negotia a quella corte, con turco capitato là, negotii di gran conseguenza, li quali non si possono penetrare, et che il fratello del presente viceré di Napoli è in partenza per Napoli; et si dice in Spagna che passerà in Costantinopoli, altri dicono che piglierà il governo di Napoli et il suo fratello si manderà ad un’impresa non penetrata, et che si fano grandi apparati di guerra per mar et per terra per [?] Cattalogna.
Di Napoli scrivono che Barcelona sta per cadere in mano degli spagnoli, essendosi voltato il popolo a favor degli spagnoli.
Li 11 detto si ha da Rossia [?] che il pollacco attende l’unione con i cosachi contro turchi, sperando tal volta esser sovenuto col denaro dalli signori venetiani.
Li 12 detto li nostri ambasciatori sono arrivati qui et sono stato messi alla contumacia, con ordine che facino in scriptis la loro relatione, et, per esser uno di detti mio parente et amico, ho parlato seco a parte et mi disse che poco più o niente potrà esser nella loro relatione di quello hanno avisato per il passato, solo che li stessi turchi dicono che, da maggio prossimo passato fino li 4 settembre, sono stati ammazzati in Candia in più volte 20.000 turchi, et dove loro dicono tanto, si suppone doverà essere il doppio.
Con detti signori è venuto un capigi [?] con novi commandamenti per l’estratione dei grani da Albania per questa città, et si espedirà il sudetto capigi o per mar, o per terra, a quella volta, per attrovar la nostra nave; si dice di più, che il domino [?] di Durazzo ha retento il dragomanno che fu da qui espedito con la nave, et hora pretende che si riscatta;
Li 13 detto, per causa dei tempi contrarii, non ho potuto spedir le presenti, onde di novo ho parlato col signor ambasciator, il quale di più mi ha detto che col capitano bassà da mar non ha voluto andar alcuno delli gianissari, et in loco di quelli sono andati da 800 morlachi, gente inhabile, et il supremo vesir li ha comportao per non commoverli.
Che si attrovano molto vicino a Costantinopoli, in quattro parti, da 50.000 gianizzari, li quali stano sotto l’obedienza del Gran signore, però non li si ardisce di commandare che vadino alla guerra, in particolare in Candia.
In Costantinopoli ci sta quiete, però con poche mercantie et negotii; non si fa alcun apparechio di guerra per mar, né per terra, aggiungendomi detto signor ambasciatore di haverli detto il supremo vesir, alla loro partenza: “Salvate i vostri signori tanto da paure del Gran signore, quanto mia et diteli [?], se vorranno levare dal turco da Spagna, che le espediscano in gran diligenza, se bene anco le riceviano [?] per altra stradda, con di più se in Ragusi capiterà alcuna persona da parte nostra, che li diano ogni commodità per pagar a quella volta et, succedendo il negotio bene, si reputerà seguito con l’aiuto dei Ragusei, li quali haveran gran merito appresso il Gran signore”. Detto vesir li ha soggionto tener aviso dal detto turco da Spagna che l’ambasciatore veneto fa molte diligenze per sapere il negotiato che si fa con Sua maestà, ma non la può penetrare.
Apporta che sempre si grida, in corte del Gran signore, contro Dalì Hussain Bassà, che sta in Canea et che tira agli interessi veneti (si suppone come ben salariato da loro), et che i turchi difficilmente obediscono andar in Candia, dicendo quelli [che] vano lasciano le ossa; et che alli grandi ha rincresciuto la guerra non [?] haver parlato apertamente con li predetti nostri ambasciatori, che, quando la legge non li vietasse, vorrebbero la pace, et seguir non può, se non quando li turchi saran patroni di tutto il regno, o che venghino scacciati dalle armi venete; aggiungono detti ambasciatori che un astrologo turco trova nella sua astrologia che l’imperio turco si riddurà a poco, et di questo in Costantinopoli è stato prohibito il parlare.
Non le scrivo le nove di piazza, ma quanto qui si ha in publico, onde la prego invigilar come mi scrive, et mentre attendo alcun sollievo dal publico, suggerisco essa di favorirmi del suo per [?] esser in straordinario bisogno.
Aggiungono, sotto li 22 detto, li nostri ambasciatori che, un giorno avanti la loro partenza da Costantinopoli, il supremo vesir al publico Divano ha fatto dare cinquecento bastonate al segretario dell’ambasciatore francese, et poi lo ha messo in ferri, asserendo di haver salvati alcuni schiavi, et pretende gran summa di denari per quelli, dicono, che sia vania.

Ricevuta li 27 decembre 1649 (1 c.)
L’illustrissimo et eccellentissimo, di ogni honore honorato, laude degno, il signor [?] Filippo Boldu, proveditore estraordinario, da Dio sanità e dal Serenissimo prencipe gran accarezzamento meglio nell’avvenire che fin hora, et da me conte Lahe [?] Milorucho […] più giovanne, inclino et amorevole salutatione. Subbito che arivorono li icordie [?] portalettere, Vietta et Mical, li condusse il Caloiero Armania da me, et portò a noi le honorate lettere di Vostra serenità, alla quale humilmente ci inchinassimo. Io mi levai et accompagnai li portalettere fino da Stiepan [?] Tomicho, et li portassimo quel zuccaro et sapon che portò al Caloiero, et esso ringratiò caramente, et noi ringratiassimo a Vostra serenità zuccaro et savon. Noi siamo servitor di Dio et vostri et sudditi del Serenissimo prencipe, lo tenimo per sicurtà lui et voi, et guardiamo come il soldiero la montagna per riscaldare; perché a noi li maledetti turchi assai ci travagliono, et assai attendano di far male a voi et a noi, perché li nostri signori non presero Castelnovo questo inverno; per Dio, essi vogliono far gente questa estate contro Cattaro, così ha detto il bassà, che scrive questo inverno et non lasci passare niuna cosa a Cattaro, et questa ventura estate che facci venir tutta Herzegovina e Tusustegovich [?] Albania et Montenegro, che vengino prender Budua. Così il bassà mi ha detto, che prendino Budua et di Budua […] castellaria per menarla a Cattaro per batter Cattaro, così raggionavano li turchi. Se Dio non li rompe il pensiero et quello vi mostrarà il Caloiero sono nostre parole e Dio conservi Vostra serenità per molti anni in signoria [?]. Amen.

Una lista delle compagnie di fanteria presenti al presidio di Cattaro e a Vudua, 30 dicembre 1649 (1 c.)

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.