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22 dicembre| 1649 Filippo Boldu

Dispaccio del 10 maggio| 1650|

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe,
attenderò i lumi et le liquidationi degli eccellentissimi signori avogadori di commun per esseguire la publica volontà espressami in ducali benignissime di 12 aprile passato, circa il rissarcimento del debito dovuto dalli heredi del signor Tomaso Pasquali, fu scontro [?] di questa camera.
Con le precedenti mie di 20 passato significai divotamente haver licentiato li ostaggi di Zuppa, Maine, con la retirata delle armi del sangiacco di Scuttari, et mi consola che la publica infinita prudenza habbi conosciuta la forza della mia necessità di procurarli, et aggradito gli effetti della mia zelantissima volontà nel procurare quelle cautelle che più complio [?] potessero al servitio delle Eccellenze vostre .
Per hora non si tengono notitie di straordinarie occorrenze, eccettuato dell’allestimento di fuste di Dulcigno per uscir in […], et secondo il solito tentar la loro fortuna nelle rive di Puglia. Tre delle maggiori dovevano partire in momenti, secundo il ripporto occluso, che mi viene di persona confidente. Il contrapposto [?] di altre otto, che pur si trovano in acqua di Castelnovo, per tentar ogni danno a queste rive et nel canale tenendo di necessità obbligata la continua assistenza della galea et barche armate a questa guardia; mi fano ispedir in diligenza la notitia all’eccellentissimo signor generale et alle altre galee destinate per levante, perché si possa pensar al scompenso [?], mentre io non vaglio a rimovere queste poche forze, destinate per la diffesa del canale, per non lasciarlo soggetto alla violenza dei nemici.
Col studio indeffesso delle applicationi mie verso tutti li vantaggi publici, mi è occorso da persona confidente riportare lumi et essibitioni per una facile sorpresa della fortezza superiore di Castelnovo; et mentre il pegno del figlio, nipoti et della propria fameglia in ostaggio può far vedere sinciero il suo motivo, che porta l’impegno di sola gente venturiera, mi è parso convenevole di trasmetter la notitia alle Eccellenze vostre negli occlusi fogli, come facio nel tempo istesso all’eccellentissimo signor general, in adempimento nel mio humilissimo debito, per humiliarmi sempre ai loro infalibili sentimenti.
In ristretto nell’occlusa fede di questo reggimento [?] haverà la Serenità vostra il credito delle militie et particolari [?] che ascende a ducati 38.000, et il stato di questa camera, aggravata anco dalla necessità di soccorrer le barche armate, che da un anno et più non si trovano sovenute da altra parte; nel peso di tante obbligationi, senza i mezi da potervi supplire, può la publica singolar prudenza rifletter al mio stato penosissimo, per le conseguenze che possono derivare al suo servitio. In tanto accade che la galea della guardia, trovandosi in mancanza et nella maggior calamità si procacia il sostentamento dalle barche che transitano per il canale, ai quali invece del pagamento lascia una ricevuta così che per questa causa ogni uno si allontana, rimane intepidito il concorso et la piazza comincia a rissentire gravissimo patimento per la strettezza della proviggione, l’affare è considerabile et degno di rimedio [?], per cui non resto di fare i riccorsi humilissimi all’eccellentissimo signor generale, per tutte le altre occorrenze che meritano la sua infinita carità. Gratie etc.
Cattaro, li 10 maggio 1650.

Filippo Boldu, proveditor estraordinario.

Allegati:

A dì 9 maggio 1650. (1 f.)
Costituto in offitio signor Battas [?] Badeglich da Budua, capitato da Dulcigno.
Interrogato di qualche novità, risponde: “Sabbato passato mi sono partito da Dulcigno, ove ho lasciato tre fuste, dui di disdotto banchi et una di quindeci, spalmate, civimate [?] et allestite di tutto punto per il viaggio, et hoggi dovevano gettar la sorte i turchi confidente [?] il loro costume per poter rissolver quello che le predirà la fortuna; ma, per quanto ho inteso, il loro viaggio tenderà verso le rive di Puglia, ove, essendo gran quantità di vascelli faranno del male, quando non le sia troncato il camino da qualche galea et barca armata. In Boiana si trova pure un’altra di disdotto banchi preparata, ma per hora non sono state armate che le tre prime. Sono ritornati a Costantinopoli doi capigì venuti per intimar al sangiaco l’andata in Candia, et altri due si trattengono appresso la sua persona; ma egli fa tutte le cose per non andargli, si vale di ogni pretesto et si discorreva che fosse per capitar a Dulcigno, con ogetto di custodire quella città. Quel tal Ibraim Agà, che avisai nel precedente constituto esser andato a Castelnovo, ha incontrato certo disastro [?] con clementi [?] da quali gli sono stati ammazzati cinque scuttarini et tre dulcignani; ha però fatto novo sforzo di gente et si è incaminato a quella volta.”
Quibus habitis.


A dì 9 maggio 1650. (2 cc.)
Costituto in offitio signor Vuco Marco da Iosiza [?], spedito molte volte a Castelnovo per far diverse osservationi, il quale ritornato espose come segue:
“Sette fuste si trovano in acqua, una delle quali è di 16 banchi, una di 12 et le altre di otto, et quei turchi attendono alla concia di un’altra pure di 18 banchi, volendo far tutto lo sforzo per tentar qualche danno alle guardie et a questo canale.
Io per la prattica che ho del paese, appresa nel corso di tre anni che mi son trattenuto di continuo nella fortezza superiore di Castelnovo, al servitio di Mehmed Agà, senananghial [?] turco mio parone, mentre sostenne il commando come agà di detta fortezza, ho osservato che con grandissima facilità et con pochissima gente può ella [?] esser sorpresa; poiché oltre l’agà predetto non vi habitano dentro più di vinti huomeni, essendo pochissime case, et al presente certamente, nonostante i sospetti et le presenti gelosie, non vengono introdotti più di 30, et questi solamente di notte; che poi la mattina, quando si apre la porta, ogni uno esce per attender ai lavori o a privati interessi, restando la porta abbandonata, senza la custodia di chi ci sia. Il modo della sorpresa potrebbe esser pratticato in questa forma, tirarsi con 100 huomeni secretamente in tempo di notte in un loco [?] vicino alla fortezza, lasciando ivi in aguato 50 di loro et con li altri riddursi in quei vignali contigui alla medesima fortezza, onde per le frondi delle viti et dei molti arbusti che sono da una parte et dall’altra, in buona copia, possono star celati senza esser scoperti et la mattina doppo, aperta la porta et uscita la gente, possono li sopradetti prima entrar nella fortezza et farsi patroni di essa, delle vite dell’agà et di quei pochi che si trovassero, dell’altellaria, monitione et di tutto lo resto che vi fosse, introducendo poi li altri 50, che sarebbero sufficienti col canone di distrugger la maggior arte della città et delle torri che in essa si trovano.”
Interrogato che quantità di canone vi sia in essa fortezza, risponde: “20 pezzi, otto picoli, compartiti in quattro torrette, et 12 grandi, montati sopra i suoi letti, che circondano le mura.”
Interrogato, risponde: “Non saprei di più la quantità della monitione da guerra che possono haver di presente; dei viveri però sono poco proveduti, non conservando che poca summa dei migli.”
Interrogato se si trovano haver acqua a sufficienza, risponde: “Hanno una sola cisterna, che è picola et per poco tempo li potrebbe servire, ma fuori della porta hanno due acque vive condotte di lontano, et di queste si servono.”
Interrogato se la muraglia si trova terrapienata, risponde: “[…] no, ma però di una grossezza immensa, et certo è più di 12 passa [?] andanti.”
Interrogato se coll’acquisto di detta fortezza potrebbe con facilità cader il resto della piazza, risponde: “La città è debolissima, né potrebbe tenirsi; la maggior difficoltà però potrebbe incontrarsi nell’acquisto del forte dalla parte di mare, che si chiama torre di Arseg [?], et dell’altro superiore, che però è dominato dalla fortezza di sopra. Nell’attentato però sarebbero necessarie le corrispondenze degli aiuti et le assistenze di forze, che in pochissimi giorni, con l’aiuto di Dio,  si guadagnerebbe il loco, il qual ad summiam [?] non può riddur di presente più di 400 huomeni, et la stagione è molto propria per esser li alberi vestiti, che rendono il loro boschivo et impediscono la vista ai nemici.”
Interrogato, risponde: “La fortezza superiore non ha che una sol porta di mezogiorno.”
Interrogato se potrebbe con facilità esser in essa introdotto il soccorso, risponde: “[…] si dalla parte di Selenisa [?].”
Interrogato di che gente lui vorrebbe valersi per detta impresa, risponde: “Di quei di Lepetane, Giurichi, di Torbrota [?] et di Lustigia [?], tra quali si troverebbe il numero desiderato di persone di corraggio et rissolute, et io mi contentarei esser la guida et il direttore, et per pegno della mia fede lascierei in ostaggio l’unico figliuolo che mi trovo havere, et tutta la fameglia con tre miei nipotini, perché in ogni modo non potrei più vivere in quel paese, soggetto alla tiranide dei turchi.”
Quibus habitis.

Relazioni di Sebastieno Guadegnini, reggitore della camera di Cattaro, sui salari delle milizie e sui prestiti ricevuti per pagarli, 10 maggio 1650 (3 cc.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.