22 dicembre| 1649 Filippo Boldu
Dispaccio del 12 giugno| 1650|
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe,
conforme a quello che con mie humilissime di 2 del corrente significai alle Eccellenze vostre, haveva il sangiacco di Scutari accresciute le sue forze colle genti anco del Montenero, riddottesi con particolar dispositione di militare contro Bielopaulichi, loro capital nemici; ma, concluso con questi l’aggiustamento in 3.000 reali in circa et in alquanti schiavi, et accordato insieme il donativo con detti del monte in altri 3.000 reali, voleva servirsi dell’opportunità di calar a danni di questi confini, eccitando però l’animo di detti del monte, quali, preavertiti da me con le considerationi proprie et dei pregiuditii che potrebbero conseguitare, si sono opposti vivamente al tentativo, col rappresentare indubitata anco la propria desolatione dalle armi della Serenità vostra, voltato che habbi le spalle il medesimo sangiacco, di non poter loro allontanarsi dal comercio di questa città, da cui dipende ogni loro commodo et sostentamento, et senza la quale non sarebbero atti di sodisfar mai li loro tributi et gravezze, con che pare si siano sottrati et ritornati alle case loro; il sangiacco continua ad ogni modo a trattenersi armato, con le genti nella campagna di Podgoriza; pratica tutte le accortezze per intimorire zuppani et maini, et per vincere la loro suggestione, come le Eccellenze vostre comprenderanno dagli occlusi costituti et lettere; ma in contraposto non si desiste dal mio canto l’uso di più cauto et cirscospetto uffitio per ponerlo in apprensione et in necessità di restituirsi all’alba, colla voce della vicina comparsa dell’armata di Vostra serenità in quelle acque; nel tempo stesso restano i popoli animati alla costanza, et assistiti dal valor [?] possibile di gente del contado, et disposti a passi più pericolosi, col vantaggio del sito, coll’haver ridotte le strade maggiormente intransitabili per preservarsi da ogni attentato, mediante massime le corrispondenze stabilite dagli aiuti; in che il maggior pregiuditio comprendo possa rissentirsi dal poco coraggio di questa gente, dall’imperitia loro et dal non haver capo di esperienza, che sia atto a diriggerli, per cui ho più volte presentato i miei riccorsi humilissimi; mi hanno ricercato uno di questi nobili, che è pieno di corraggio, in aggionta del quale le ho dato la persona del capitan Andrea Coi trattenuto, perché possano instruirli et animarli maggiormente alla diffesa, contribuendole nel resto tutti li commodi convenevoli; onde sempre più conoscano la publica affettuosa propensione verso la loro preservatione.
Da novo discorso che ho tenuto col confidente circa l’affare di 8711036120925343397 (Castelnovo), ho ricavato più distinte et precise le notitie sopra le di lui propositioni; anzi, egli questi passati giorni si è portato reiteratamente alle osservationi più necessarie, et mi riporta quanto le Eccellenze vostre comprenderano dagli occlusi suoi costituti, che sarano in ziffra havendo altra copia trasmesso all’eccellentissimo signor generale, in continuatione del mio riverentissimo debito, per humiliarmi sempre alle prudentissime et infallibili deliberationi dell’eccellenza sua.
Sempre più intento alle preavertenze che richiede la qualità dei tempi et la gelosia della piazza, et a riconoscer i suoi diffetti, mi è accaduto li giorni passati di penetrare un importantissimo, il più considerabile, et che merita la notitia precisa della Serenità vostra. Nel fianco della muraglia di terraferma che cinge il monte dalla parte della fiumana al porto, chiamato il Pertochi [?], eretto del 1510, come si cava dai caratteri in esso scolpiti, vi sono doi spatiose [?] boche dei scolladori, per le quali un huomo può haver libero […] et dalla fronte altre cinque, che servono per il scollo delle acque, le quali abbondano nel tempo del verno, che di estate vi si può entrare a piedi asciutto; queste boche (essendo da gran tempo senza ferriate, tutte [?] che dalle vestiggie si scopre esservi state anticamente). Ho voluto far riconoscere internamente da questo sargente maggior [?] Vitalba, con tutta la circospettione et avedutezza più propria per non render osservabile il diffetto, et da lui è stato trovato che tutte le sette boche sopradette riferriscono a due gran voltoni per quali anticamente si entrava nella città, per quelle si scopre dalle vestiggie di un punto [?] in altra muraglia vechia; il primo addirittura del fianco di longhezza piedi 31, di larghezza et altezza di piedi 10; il secondo addirittura [?] della fronte verso la città longo piedi 50, largo piedi 13 et alto piedi sette, sotto ai quali potrebbero commodamente alloggiare 300 fanti senza poter essere scoperti, per non vi esser casello [?] sporto fuori alle mura, di dove la sentinella osservar potesse così grave disordine, qual come si rende considerabile per i pregiuditii che potessero esser procurati alla piazza con mine, o per via di sorpresa, così in capo ad uno di detti voltoni, essendovi un deposito spatioso di polvere, poteva al nemico suggerire materia facile, coll’impegno di poca gente di veder l’estintione della piazza stessa. Questi diffetti, rilevati dalla voce di altra persona fidatissima spedita alla stessa revisione, sono stati di subito da me rimediati con dupplicate ferriate, fatte poner di dentro et di fuori di suddetta bocha; lo stesso, havendo fatto pratticare alla bocha di un forte dentro della città per cui di inverno sgorga un diluvio d’acqua, et di estate è asciuto, fatto ancor essa a volta et penetrante un buon pezzo verso il predetto edificio della polvere costituito fuori della stradda, in parte più remota della città, dove ogni uno può commodamente penetrare senza esser osservato, et crede che fosse bene far avanciare un cavallo sopra le mura, che possa dominare i fori sopradetti et il fianco tutto della muraglia, quando ciò venghi ad incontrare il publico beneplacito; onde con queste necessarie diligenze resti riparato a pericolo tanto grave, in che l’opera et l’applicatione zelantissima del predetto maggior Vitalba, come è riuscita singolarmente proficua nella penetratione di negotio tanto rilevante, così si rende degna anco per le prerogative di suo lungo et fruttuoso servitio di alcun testimonio della publica benignissima gratia.
Cattaro, li 12 giugno 1650.
Filippo Boldu, proveditor estraordinario.
Allegati:
A dì 3 giugno 1650 (4 cc.)
Fatto venire alla presenza dell’illustrissimo signor proveditor estraordinario il signor [?] Vuco Marco da Iosiza [?], gli fu detto: “Voi sotto li 3 maggio passato havete proposto et raccordato un modo che a prima fronte pare molto specioso et facile per la sorpresa della fortezza supperiore di Castelnovo. Ma raccordando dover valerci in tal operatione di 100 huomeni de diversi vilaggi, si prevede l’impossibilità di poter tra tanti conservarsi secreto l’affare, et pure questo punto è il più necessario per condur a fine negotio di tanta consideratione.” Rispose così: “Ho havuto et tuttavia conservo l’intentione di far scielta di gente brava, rissoluta et di tutta fede, ma senza loro confidar il […] che ho guidarli sotto pretesto di far qualche imboscata per prender turchi o per portar la testa di alcuno di loro, in che certamente non haverò difficoltà di esser seguitato. Dettoli [?]: “Sì come questo ripiego da una parte può esser utile et conferente al fine dell’opera, così dall’altra può incontrar in difficoltà, poiché sul fatto le genti guidate per un’imboscata potrebbero rendersi renitenti ad intrar a sotterarsi in una fortezza del nemico, per il pericolo della propria vitta.” Rispose: “Ciò [?] vorei prima conferire a due o tre di persone [?] fidati il secreto, perché passando detto accordo saremo seguitati da tutti gli altri in cadauna operatione, vedendo massimamente impegnati noi nelli pericoli et nella fortuna di segnalarsi, mediante la providenza [?] del Signor Dio, col buon essito di questo negotio. Oltre che io dessegno di non condur meno più di 20 o 30 al più per introdurre nella fortezza, nella quale a mio credere non saranno più di 10 o 15 turchi, et però non ci sarà difficile di farsi patroni delle loro vitte et del loco medesimo. Li restanti dissegno trattenere alla riva del mare, verso Sebenico, per impedir a turchi che sortissero dalla città l’accesso a quella parte, con oggetto di impedire il sbarco ai nostri; perché, col valor della predetta gente da me lasciata al detto posto, possano le nostre genti tanto più francamente sbarcare et soministrare i soccorsi alla fortezza sorpresa. Conviene però che prima di ogni cosa io vadi a Castelnovo con qualche regalletto appresso quei turchi sotto ogni altro prettesto due o tre volte, per far tutte le neccessarie osservationi et per riveder novamente il stato della fortezza, onde, con i lumi et con le più sicure notitie, si possa fondatamente e con pericolo [?] passato caminare in questo negotio; ma con l’agiuto di Dio spero che le cose nostre passeranno bene, poiché ad summa non vi sono al presente 150 turchi in tutta la città.” Dettoli: “Si ha pur aviso recente che ve ne siano 300, oltre diversi gianizeri et altri mandati di fresco dal bassà di Arzegovina per il timore che hanno dell’armata maritima.” Rispose: “Credete a me che non vi sono neanco 150, et dovete sapere che anzi 700 soldati si pretende che siano a Castelnovo, et per tanti si terrà [?] da quei capi il soldo del presente [?]; ma oltre che questo […] non è stato mai quali tutta la gente sparla in paese, ancora morti [?] et certamente in cadauna fattione non vi saranno neanche 100 turchi con armi. Dei gianizeri non sono più di 20, et de altri assai meno, sono tutte parole che non hanno fondamento, inventando sempre turchi per aggrandire il concetto delle forze proprie.” Dettoli: “Come in Castelnovo può esserci così poco numero de turchi, se loro allestiscono tante fuste et pretendono armarle per infestare queste rive col canale, in faccia ancoe delle nostre forze?” Rispose: “Facciano quanto sarà [?], che a far tutto lo sforzo non possono metter insieme per armare in una volta più di quattro fuste picole, de otto banchi l’una, et una grande; havendo la peste che fu altamente estinta gran gente.” Dimandato qual tempo venghi da lui giudicato il più proprio per poter cautamente proffitare l’effetto della sorpresa preaccenata, rispose: “Fra un mese, credo io che si potesse francamente disponer il negotio, per tentare l’effetto; poiché ho [?] congiuntura del raccolto dei grani, chiama non solo li operarii a questo impiego, ma li patroni stessi all’assistenza di questo interesse. E con ciò resterebbe diminuito il numero dei medesimi turchi dalla città, et in conseguenza reso più agevole il fine della nostra volontà.” Dettoli che forze egli giudicherebbe necessarie per la dovuta assistenza, per spalleggiare i socorsi et prosseguire l’impresa di quella piazza, rispose: “Di questo particolare non vi saprei che rifferire, non potendo la mia debolezza arrivare alle considerazioni necessarie per una tanta occorrenza; posso però con verità affermare che tutta la difficoltà sarà per consistere nell’aquisto della fortezza, che è dalla parte del mare, chiamata Diaregh [?], et l’altra superiore, detta Demidan.” Dettoli: “Nel precedente vostro constituto havete introddotto che in Castelnovo vi potessero esser circa 400 huomeni, et hora havete minorato di molto questo numero.” Rispose: “Quella volta si trovavano diverse navi et molti bagnani, et altre genti del bassà, ma tutti questi sono partiti; vero è che anco addesso oltre 150 turchi, dei quali 100 soli saranno atti alle armi, vi saranno anco da 40 cristiani nelli borghi [?].” Dettoli se in occorrenze nell’attentato sopradetto li cristiani che sono sotto la giurisditione di Castelnovo si mostreranno favorevoli al partito del turco, rispose: “Vi sono 50 villaggi dei morlachi, ma gente inesperta, che non conosce neanco le armi, et della quale non accade far alcuna stima. A Morigno saranno circa 60 homeni. A Francenisa [?], Isisa [?], et Biancalli 20, quali tutti saranno contrarii a voi, interessati per le armi cristiane, et cesseranno le gelosie dell’armata, che aggrava i loro sospetti; all’hora più che mai dovrà acellerarsi l’effetto, poiché nelle principali teste del commando mancano fuori nei loro villaggi due giornate di camino, distanti da Castelnovo, et con essi hanno buona parte di genti; sì che il loco non può trovarsi in riguardo a tempi in maggiore debolezza.”
Quibus etc.
Segue un testo cifrato, sprovvisto di cifra e di traduzione (3 cc.)
A dì 8 giugno 1650 (2 cc.)
Venuto Vuco da Iosiza, qual disse esser stato doi giorni continui all’osservatione degli andamenti di Castelnovo, precedentemente rappresentati in dupplicati costituti, et espose come segue:
“Domenica passata, che è giorno ordinario di mercato, era capitata molta gente dei luoghi convicini a portar formento, farine, carnazi et altre robbe et, perché tutti erano calati al detto mercato, le guardie erano abbandonate, le strade libere et la fortezza così indebolita di custodia che con tre sole persone quel giorno [?] me laserebbe [?] da lo […] de prenderla.
All’incontro il giorno seguente, che fu di lunedì, il luogo pareva diserto, non essendo credo in esso restati 80 huomini del paese. Ho però creduto che in pocha distanza della fortezza supperiore vi stano 40 seimeni espediti ultimamente dal bassà di Arzegovo di guardia per i sospetti che hanno dell’armata; ma però, stando loro in posto [?] dalla parte di tramontana, non può impedir il nostro disegno, che deve esser guidato dalla parte di oriente. Non vi sono in detta fortezza più di 20 huomeni, et di raro vi capita questo numero [?] quali vi assistono di notte, ma di giorno la maggior parte li sbandano per loro privati negotii. Si confermò in modo nelle speranze di buona riuscita, ma non si deve differire il tentativo, poiché sotto il raccolto si haverà ogni avantaggio, per le ragioni considerate nel precedente constituto. Io però nel tempo stesso che si havesse a tentar la sorpresa, farei sbarcar un numero di 150 huomeni sotto Costagniza, perché girando per via della montagna per selve, senza che possano esser veduti o scoperti da alcuno, al segno che ricevessero della sorpresa si avanzassero alla custodia, per poter tener lontani turchi che per ogni ragione dovrebbero accorrer per stringer la piazza et procurar di novamente acquistarla. L’avantaggio del sito preocupato da nostri, potendo respinger ogni maggior numero dei nemici che venessero a sturbar il possesso della fortezza acquistata. Nel tempo medesimo sarà per bene et necessario tener pronte altre meline per sbarcare vicino a Selenica, nel loco di Umas [?], con animo di stringer le fortezze dalla parte di mare
Li turchi erano molto allegri per esser ussito in campagna il sangiacco di Scutari, sperando che possa calare ai dani del contado di Cattaro. Le loro fuste erano tirate in terra, ma in un momento possono esser gettate all’acqua.”
AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.