22 dicembre| 1649 Filippo Boldu
Dispaccio del 10 luglio| 1650|
N. (senza numero)
Serenissimo principe,
a primo del corrente capitorno doi portalettere da Costantinopoli, con relatione di haver fatto il viaggio in 18 giorni, spediti dall’eccellentissimo signor bailo con dispaccio, riposto nei loro bastoni, quali le sian stati levati a Drobgnasi, tre giornate di qua lontano, da un certo Vusovoc Chieranich, per vane et artificiose pretentioni di una spada, di 150 reali, che asserisce haver pagato ad un turco ferito da suo fratello nel scorger et diffender altri portalettere, precedentemente capitati, et da 20 cavalli, che le furono ultimamente fermati a Risano da quei di Castelnovo, tutto attribuendo haver patito per interessi della Serenità vostra. Aggiongevano di esser stata dal primo vesir protestata all’eccellentissimo signor bailo la partenza con tutta la corte et natione nel termine di 15 giorni, per via di Ongaria, et che sbrattate tutte le robbe del palazzo, fatte caricar sopra doi navi, fosse per darsi al camino in tre giornate, doppo la partenza di essi portalettere.
La qualità dell’aviso et la rilevanza di altri publici interessi ci han obligato ad intraprender con tutto il calore possibile la ricupera di esse lettere, et se bene maneggiata dalla desterità auttorevole del signor cavalier Bolizza, appresso quelli capi che in riguardo alla professata dipendenza pressagivano alcun bene; niente però si è potuto conseguire, pertinace quello che le detiene, oltre le accennate pretensioni non volerle rilasciare, per il timore di Alaibeg Cenghich, eletto nono sangiacco di Arzegovina, nonostante che a questo motivo le fosse stato soggerito che levasse le vere lettere dai bastoni, si haverebbero in essi introdotte altre, in libertà sua di darle anco al sangiacco medesimo, a cautela degli interessi della sua vita. Non siam fuori di opinione che li capi stessi non habbino parte in così detestabile operatione per traggerne qualche gran donativo, vedendosi colla rimotione dell’eccellentissimo signor bailo da Costantinopoli in poca speranza di continuare provecchi con simili prattiche insidiose; non si tralascierà per parte nostra l’uso di tutto l’ufficiosità, anco con qualche moderato regalo, ma sotto qualsisia altro pretesto per haver le dette lettere. In tanto non habbiam stimato publico servitio differire maggiormente la presente notitia alle Eccellenze vostre che accompagnano con gli occlusi constituti, per loro intiero […] havendo accordato la spesa di 15 reali col paron di presente fregata, per gionta de huomeni che le habbiam fatto ricevere per sollecitare il camino, con speranza di haver potuto con ciò incontrare colla publica sodisfattione. Gratie etc.
Cattaro, li 10 luglio 1650.
Antonio Diedo, rettor et proveditor.
Filippo Boldu, proveditor estraordinario.
Allegato:
A dì primo luglio 1650. (1 c.)
Costituti in offitio signor Petar Bielizza et Raisco da Boccaro [?], capi portalettere venuti da Costantinopoli, i quali esposero come segue:
Sono 18 giorni che siam partiti da Costantinopoli, spediti dall’eccellentissimo signor bailo con diverse lettere rinchiuse da tutti li cai dei nostri bastoni, quali lunedì passato ci sono stati levati a Drobgnasi da Vusovoc Chieranich di quel loco, che precedentemente accompagnò qui un altro portalettere et era ben informato come venivano portate nelli bastoni et disse che ciò faceva per le prettensioni di una spada, la qual gli fu levata da turchi nell’occasione del sopradetto accompagnamento, anzi che loro [?] et Daio da Bisano christiani che si sono trovati ivi accidentalmente si hanno molto affatticato con promessa fino di 60 reali di ricuperarle, ma senza alcun frutto, poiché detto Vusovoc pretende anco il rissarcimento di 20 cavalli che le furno ultimamente levati a Bisano da quei di Castelnovo, per causa della servitù che presta a signori venetiani, et questo accidente ha impedito et ritardato il nostro avanzamento, che sarebbe stato più sollecito.
54 galere turchesche si eran levate il giorno di San Marco, per passar in Candia, ma alli castelli han incontrato l’oppositione dell’armata veneta, dalla quale combattute, sono state 12 gettate a fondi et le altre constrette al ritorno, per il che fu deposto dal carico il capudan bassà et un altro destinato a tal commando. Venne aviso che l’armata veneta havesse combattuto li doi castelli et che vi havesse fatto anco un danno considerabile; onde turchi, per ciò arrabbiati, havevano preso ressolutione et fatto saper all’eccellentissimo signor bailo di dover nel termine di 15 giorni sbrattar il paese, havendo similmente publicato proclami che tutti li venetiani debbano partire sotto pena della vita. Onde sua eccellenza haveva sfornito la casa et fatto caricar tutte le robbe sopra due navi, et egli così violentato dissegnava far la stradda di Ungheria per capitar a Gradisca, non havendole permesso turchi di tener quella di Corfù, come desiderava, et tre giorni doppo la nostra partenza doveva levarsi, essendole stato destinato l’accompagnamento di 30 cavalli et un chiorbassà [?] che assisteva alla guardia del suo palazzo.
Continuava l’armata in Galipoli, stante l’impedimento che incontrava nella sua uscita.
Voino, in qualità di schiavo et in cattena, si trova al remo sopra la galea del capudan bassà.
Allaibeg Cenghioch è stato fatto sangiacco di Arzegovina, doveva di breve levarsi di Costantinopoli per venir alla sua carica et punterà commandamento reggio di fabricar una fortezza a Trebich appresso Onogoste, disposta con questa opinione per quanto discorrono turchi di levar i soccorsi a questa città di Cattaro et, col stringerla in maggior necessità, procurare più facilmente il suo acquisto.
Si discorreva da turchi che l’internuntio di Spagna havesse fatto uffitio col Gran signore di levar il bailo veneto et admetter l’ambasciatore del suo re, che dalle Spagne haverebbe ricevuto più riche mercantie che da Venetia.
Non habbiamo incontrato militie né vi era sentore che se ne facesse espeditione alcuna per queste parti.
Quibus habitis.
A dì 8 luglio 1650. (1 c.)
Constituti in offitio signor Petar Bielizza et Raisco da Boccaro, capi portalettere, spediti a Drobgnasi per ricuperar i loro bastoni con le publiche consignateli dall’eccellentissimo signor bailo in Costantinopoli, quali rifferiscono come segue:
Arrivavimo a Drobgnasi martedì passato, insieme con voivoda Petar Zuanov [?] da Risano [?], spedito per negotiar la recupera delle publiche lettere; ma quel certo Vusovoc Chieranich che le ha trattenute non permetteva se le discorresse in questo proposito, se prima non veniva rissarcito di 125 reali che haveva spesi per sodisfar la ferita data da suo frattello ad un turco che voleva far rapresaglia delle lettere publiche, che venivano pur da Costantinopoli, havendo anco perso per varentar [?] dette lettere et portarle in sicuro una spada et una felzada, et che di tutto voleva esser rissarcito. Tutto quello si è potuto imaginamente è stato pratticato seco, per disponderlo a detta restittutione, ma niente ha giovato; voivoda Petro lo essortava a tirarsi più vicino a capitar nel monte, che se li signori havessero avvertito all’esborso predetto gli haverebbero mandato il denaro; non volle acconsentire; anzi, promosse nova difficoltà che, per timore di Alaibeg fatto novo sangiacco di Arzegovina, non ardiva neanco con denaro restituirle; a questo Petro respose che il rimedio era facile, senza suo pregiuditio, col poner nelli bastoni altre lettere et cavar quelle che hora essistono: onde per superar tanta durezza si era levato voivoda Petar Gavrilovich da Nixichi, di compagnia del predetto Petro da Risano, di loco suo fratello, et di Daso Ivov [?] pur da Risano, per andar a Drobgnasi a dar l’ultima mano a questo negotiato; non sappiamo quello succederà. Hanno commesso a noi di venir a rifferire a questi signori l’operato fin hora et che essi o sabbato o domenica prossima alla più lunga saran in persona, o con le lettere, o senza, secondo che le riuscirà di conseguire: ma credete che tutto questo male proviene da conte Steffano Tomich [?] da Drobgnasi, il quale nonostante il salario che tira, le […] di panno et altri regali con quali di continuo viene ingolato da questa parte, attende con questi mezi ad altri provecchi; né qual Vusovoc si mostrerebbe tanto pernace, se non fosse fomentato dal predetto conte, che è suo patrone; et nel corso di questa guerra cadauno di noi ha fatto otto viaggi con publiche lettere in Costantinopoli, né mai si è incontrato altro disturbo se non sul passo, et dalle genti del predetto conte, che è auttore di tutti questi accidenti.
Quibus habitis.
1650, li 8 luglio, in Cattaro. (1 c.)
Di ogni honor degno signor cavalier Francesco Bolizza, conte Stepan a vostra signoria illustrissima baccia la mano et le scarpe di poi. Ricevemmo di vostra signoria la sua honorata lettera et intendessimo quello vostra signoria ci comanda circa il Vusovoia [?] et delle vostre honorate lettere. Signor cavalier Francesco Bolizza non pensate per alcuna cosa che vi sia qualche mio affare. Guardi Iddio che io a voi facci l’infedeltà, poiché io darei la mia vita per amore di vostra signoria et delle pubbliche lettere, ma non è di dovere che io riceva tanti tormenti, che corra con le bestie per li monti, né poi che queste parole si parlino di me. Poiché hora si parla di me et si procura del mio capo appresso delli vostri signori che io spio li turchi et ricevo le vostre honorate lettere, et che alli turchi faccio l’infedeltà et accompagno li ribelli con le une [?] lettere. […] di raggione così a fare che a me si procura della mia vita. Perché mandate li huomini bestie, che si imbriacano di vino [?] et camminano con li turchi in compagnia, per la terra et per […], poi dicono andiamo da Stiepan, né voglio più nell’avenire che così tal huomini mandate da me: non vi ho scritto che venghino da me di notte et che partino così similmente; hora il detto Vusovoia si lamenta per ricuperar et accompagnar prime publiche lettere di aver perso la mano a suo fratello; poi la spada, che valeva 50 reali; poi non bastò neanche questo. Ma li turchi lo condanorno 12.000 aspri da poi a che una volta venne per lamentarsi a vostra signoria et alli vostri signori non fu alcuna cosa, et l’altra volta dice si è burlato di lui, et io aspettandolo de qui mi presero li turchi 16 cavalli per tal occasione. Detto Vusovoia non adimanda niente di più che la spada, la felzada et 12.000 aspri et 16 cavalli, che si è perso per occasione di servire a San Marco vostri signori et vostra signoria. Io non cerco il […]: dicendo a me il detto Vusovoia grande sua necessità et può haver trattenuto le publiche lettere Voiva [?] da Petro da Risano dava 12.000 aspri et la sua spada, che haveva adosso di sé, et io li faceva piaggiaria per li cavalli et altro, et li devo quatro brazza di panno, per vero Dio non potessimo alcuna cosa, né io né altro, et non ho audito dalli turchi ingeniarsi [?] altro male, né per le dette lettere mandate più non se può far altro con le bestie, poiché è difficile a parlare a quelli che non sanno alcuna raggione et vostra signoria sa che per occasione [?] sua mi veniva gran peso addosso da Allaibeg Cenghich [?]. Iddio aumenti vostra signoria illustrissima.
A dì 10 luglio 1650 (1 c.)
Ritornato da Drobgnasi voivoda Pietro Ivanovic da Risano, spedito per la ricupera delle pubbliche lettere, espose come segue.
Arrivato che io fui a Drobgnasi, mi sono abbocato con Vusovoi Chieranich appresso il quale si trovavano li bastoni con le pubbliche lettere, per che me ne facesse la restitutione. Mi rispose haver lui pretentione di una spada, di una felzada et di 150 reali, pagati ad un turco che fu ferito da suo fratello nel varentare [?] i precedenti portalettere che venivano da Costantinopoli, et oltre di questo di esser rissarcito de 20 cavalli che le sono stati levati da quei di Castelnovo per interessarsi nelle occorrenze de signori venetiani. Ma la maggiore difficoltà faceva per essersi divulgato [?] l’arresto nel paese et che vi andava la sua testa se le havesse restituito hora missive che ha havuto il sangiacato Alaibeg Cenghich. Tutte le provisioni [?] offerte dal conte Steffano Domich, con offerta di grosso donativo promessale da me, non han potuto rimoverlo dall’alteratione, essendosi alla fine dato alla montagna con opinione di non voller per tutto l’oro del mondo perder la sua testa. Per ultimo mi sono valso dell’aiuto del conte Petar da Nixichi, ma niente ha procurato, onde con mia estrema passione ho dovuto ritornar senza frutto alcuno, havendo prima fatto far diligente cerca per tutta la casa di esso sucessore [?], senza haver potuto trovare li bastoni da lui trattenuti etc.
Quibus habitis.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.