22 dicembre| 1649 Filippo Boldu
Dispaccio del 18 febbraio| 1651|
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe,
corrispondono alla singolar publica providenza le applicationi di soccorrer alli bisogni di questa piazza, come resto avisato con ducali benignissime della Serenità vostra di 17 decembre passato; gli effetti però quanto più celeri et abbondanti sarano utilissimi per riparare alle correnti necessità, che superano i limiti di ogni sofferenza.
Col mezo del confidente di Castelnovo, ho havuto doi lettere scritte a quei turchi dai capi principali di Nixichi, con insinuationi nella confidenza, et dapo’ da più reporti mi è stato confermato haver detti popoli spedito in quella piazza 10 dei loro capi per stabilire le corrispondenze, cinque dei quali sian stati trattenuti in ostaggio per sicurezza maggiore della fede di tutto il paese. Non restano turchi di pratticare tutti li altri popoli, di aggiustare le differenze tra gli uni et gli altri, per promettersi maggior frutto dall’unione, havendo fino penetrato gli loro uffitii sino a Zuppa, come resto confidentemente avisato da due di quelli conti, che molto sono restati ingelositi di una secreta prattica di alcuni di loro, parenti di Voino, maneggiati da persona dipendente dai turchi stessi; questo motivo tenendomi applicato ad esplorare le più secrete trattattioni, per recider i pregiuditii che potessero andar serpendo da queste uffitiosità. Haverano le Eccellenze vostre tutti li particolari sudetti dalle occluse lettere et costituti, che colla presente ispeditione li trasmetto anco all’eccellentissimo signor general per suo intiero lume; non restando intanto di star a tutto avertito et di continuare le più soavi et affettuose maniere con i nixichi, per tenerli sempre nella fede della publica predilettione et assistenza; ma se bene in risposta io riporto dichiarationi di tutta la buona volontà, pare ad ogni modo che le voci loro si concordano, nel timore che il negotio di Castelnovo con tanta premura da essi desiderato per la staggione avanciata possi esser caduto, et che, sopraffatti dalla sopravenienza di un sangiacco potente et naturalmente loro nemico, di necessità convengano prender quel partito che per altro sarebbe da essi aborrito. Gratie etc.
Cattaro, li 18 febraro 1650 more veneto.
Filippo Boldu, proveditor estraordinario.
Allegati:
(2 cc.) Alli illustrissimi nobili et sapienti, di ogni honor degni, li signori rettor et proveditor di Cattaro et all’eccellentissimo signor proveditor Filippo Boldù, proveditor estraordinario in quella nobil città, inchino et molto cara salutatione; doppo si hebbono avisi di qui a queste aghe et capi, quello è stato occasione che un’altra volta torni a Cerghich il sangiacado di Herzegovina, perché il sudetto bassà quando li fu levato il sangiacado ariva [?] di qua a doi aghe overo capi de ianizari, et la terza a cause aghà di ianizari, quale dicono i […] è il più vechio et così scrivendo dei aghe et capi di Castelnovo, quale detto instantemente pregava che li facino buone fedi et […] mandattioni alla porta in sua lode, et così fecero come il detto ha desiderato et dicendo come è appresso nixichi, per quali alcuni [?] ha pacificadi et che siam [?] […] dal Gran signore; et in l’accendimento [?] del bassà venero li conti di nixichi et tutti nixichi et anco con tutti li altri morlachi, quali […] contro la pena del bassà con mano armata, et per parola de […], li quali li danno da Cattaro tanto aiuto di gente, polvere, piombo et archebusi, et alcune cose che vogliono per la guerra, il quale a male pene il sudetto ha […] alla gente di morlachi, tra li quali amazzò il conte Lale et altri capi di nixichi, quali hanno […] et tenuto man alli venetiani et di più che habbi amazzato tanta gente di morlachi; et se in quel instante il sudetto non fosse stato privato, sarà venuto a […] alli nixichi, che sian […] essi et tutto il paese di morlachi al felice Gran signore; se non era levato fino un mese anco manco haverà sachegiato anco il territorio di Cattaro, et abbruggiato fino le porte di Cattaro, et con questa detta fede un’altra volta si è stato dato il detto sangiacado, et anco quello non ha fatto li […] ha scritto in lode come le […] fatto, et tante […] delli detti aghibelli [?] […] et altro […] bassà prima […] dato Herzegovina, et così ha governo alla […] che da Perasto comminciarà sacheggiare et abbruggiare fino le porte della città di Cattaro, se Iddio non li leva le […], questa cosa li è a mente. Ma che si habbino [?] a mente quando punira a […] et appresso huomeni nostri maestri di questi di Risano, […] ho innanimi et […] detti […] far et anco essi si promettono che […] avanti il campo et alcuni loro […] incontrarlo di quelli di Risano, et il fatto del bassà qual è capo a […] ha avisato a nixichi la lettera che li iustifichi [?] col bassà; ma ancora non si ha quanto li han meritato [?]. Solo vostre signorie illustrissime quello ho avisato li 22 del corrente, come da questi signori si ha scritto a nixichi, alla quale non receve [?] risposta et così non vener fin hora, ma […] della lettera ancora che qui ha mandato […] Suleiman aghà Sabanovich alli conti di nixichi et a turchi nixichi, con li quali tien […] sia fino alla terra et dalli quali è stato […] questa di […] a nixichi, et per […] tributi per […] lui accusandoli del suo […] che ha fatti far […] questi detti signori, come ha avisato nelle dette di […]. Per […] venne risposta a Sabanovich da nixichi li 23 del presente mese, chiamando che si abbochino […] et così andò con doi capi et la detta lettera, la quale mandono quelli nixichi a Suliman aghà, et così le arriva che mandarono a questi signori che più […] sono quelli di Risano, per questo le […] doi in questa bolleta che vidda vostre signorie illustrissime quello si contiene in esse, le quali quando fano legger un’altra volta haver doi, raccomandati [?] con l’huomo che viene con la presente, et al […] ho […] che aspetti la risposta dall’[…] di Perasto et che habbia previsto […] et […] pagando et raccomandando, che per quella […] di nixichi non ha nominato de lì et da qualche d’uno publicato alli nixichi, che vi mando le due lettere perché essendo andati di qui li detti a Nixichi, alli quali se mostravano di quella patria pender la vita, et sapendo di […] turcheschi, come […] per quanto vi […] che vi sia raccomandato […] per il detto hora […] mando con paura et non hebbi risposta alla lettera di 22, alla qual desidero con mia sicurità, per la quale pregando Dio per voi.
Io servitor Michiel Carichich [?] […] di 31 genaro 1650.
Ricevuta a Cattaro sotto li 7 [?] febraro 1650 more veneto. (1 c.)
Da noi gorbazi, gianizari, alibeg di Arzegovina aghé et capi, et tutto decimato [?], picoli et grandi di Castelnovo, alli conti vechi et tutto catun [?] di Riggiani salutatione di poi. Vene tra di noi Ahmat agà, Zaim Bocchi, et Piucchi, il quale si rappresentò di essersi pacificato con quelli di Risano, Bagnano et Piugliani, cosa che molto caro ci è stato intendere, così anco ci conviene, come veri sudditi del Gran signore, et di novo mandiamo lo stesso Ahmet agà, il quale quello vi parlerà col sboro, ciò sono nostre parole per questo uditelo benissimo et di ogni vostra casa dobbiate dar un huomo, che vadino a Grazovo [?] per guardia, et che debba venir qui prete Radivoe et il conte Manolo per discorrer insieme quello sarà per meglio vostro, per questo vi venivano aciò fatte in questo modo, et se farete altrimenti aprite gli ochi, poiché imediate, come si avicinerà questo felice bassà di Harzegovina, il quale aspettiamo qui quanto prima che venga et al quale si lamentorno contro di voi, più che contro li venetiani; questo è il sesto anno che è incominciata la guerra, pensate molto bene che serviti habbiate fatto a queste città del felice Gran signore, o che siate venuti per soccorrerle, né fatto alcun conto, ma può essere che vi habbiate fidato nelli venetiani, alli quali presto si romperà il collo se Iddio vorà, in sanità del felice Gran signore, et a quelli che si hanno inchinato alli detti venetiani et resosi, poiché ancora si ritrova del suo del felice Gran signore, per questo aprite gli ochi; il pecato sopra l’anima vostra et Dio vi alegrii.
A dì 13 febraro 1650 more veneto. (1 c.)
Costituto […] Vuco Marcov da Iosiza, solito confidente, il quale espose come segue.
Sono arrivati li giorni passati 10 capi di nixichi a Castelnovo per riunirsi con quei turchi chiamati da loro per la custodia di quella piazza; cinque sono restati in ostaggio fino sia mandato il rinforzo della medesima gente, et altri cinque sono stati per l’affetto medesimo licentiati.
Hanno li turchi sopradetti fatto sapere a tutti li villaggi loro sottoposti di dover cadauna mandar quattro homini in ostaggio nella città, per poter di questo modo assicurarsi meglio della fede loro, onde in questo stato tutti siamo confusi, né sappiamo che partito prender; da una parte non potendo contender, né diffendersi da turchi, et dall’altra temendo dalle armi della Serenissima repubblica.
Quibus habitis.
A dì 16 febraro 1650 more veneto. (2 cc.)
Comparsero alla presenza dell’illustrissimo et eccellentissimo signor Filippo Boldù, proveditor estraordinario, il conte Nicolò de Andrea et il conte Iuo Ocoevich da Zuppa, li quali per debito della loro divotione et fedeltà esposero quanto segue.
Dopo che si è retirato da Podgorizza il sangiacco di Scutari, si è lasciato veder in Zuppa voivoda Dragoe Mircatin da Gliubotina [?], il quale alloggiò in casa di Rade Milin et Martin Nicov, ambidue parenti et ristretti in somma confidenza col capitan Voin, et se bene non fu per allhora penetrata la causa di questa unione, ad ogni modo qualche giorno dopo il conte Milutin Petrov, zio et parente delli sopradetti Rade et Martin, si dolse con me conte suo, perché detti suoi nepoti tenessero prattiche secrete col sopradetto Dragoe, ricevessero lettere da Alì chiaus Rumadanovich, et si unissero col conte di Cetrigne, trattando qualche negotio non penetrato; mostrando con ciò restar molto geloso della loro sincerità, onde per tutto ciò che accader potesse habbiam voluto portarne la presente notitia a sua eccellenza, per dover supplire a quel di più che occorresse alla giornata; mentre nel stato delle cose correnti non posiamo assicurarsi di quello che ogni uno pensa, et tanto meno quanto che, al tempo della nostra resa, questa contea del capitan Voin si è mostrata la più difficile, col fondamento che da turchi riceverano li capi buon trattamento et che con la predetta mutatione ogni commodo loro veniva estinto. Quibi habitis [?] fuit […] de […] delatus iuramentus et iuraverunt veritate deposuisse.
[…]
Sua eccellenza, considerata la rilevanza della sopradetta materia, ha ordinato dover esser chiamato et alla presenza sua essaminato il conte Milubri sopradetto affine etc.
14 [?] detto.
Fatto venir alla presenza di sua eccellenza il conte Milutin Petrov da Zuppa, come avanti nominato, amonito, essaminato et con protesto di giuramento interogato se ultimamente sia capitato in Zuppa voivoda Dragoe Mircatin da Gliubotina, in casa di chi et per qual negotio, et quanto tempo si sia trattenuto; risponde vi fu di auttunno passato et alli principii di genaro decorso, et sempre ha alloggiato in casa di Rade Milin, ove si è trattenuto una notte per volta, essendo venuto di sera et avanti giorno è partito, né si è abboccato con altri che col predetto Rade et con Martin Nicov, ma io non so di che habbia trattato.
Interogato se lui habbia veduto esso Dragoe o habbi dopo ricercato [?] li predetti Rade et Martin, a che fare fosse venuto; risponde io non l’ho veduto, ma però altri loro vicini me lo han detto per cosa certa, essendo stato da essi osservata [?], et io doppo havuta tal notitia gli ho ricercato che cosa fosse venuto a fare esso Dragoe, mi risposero che era venuto a ricever la moglie di Voino, ma questo non può esser vero, poiché questa allhora era a Zara et sarebbe adrittura andato a casa della medesima, et non altrove.
Interogato se sa che li sopradetti habbino havuto abboccamento con quel turco, col conte di Cetrigne o con altra gente dipendente da turchi; risponde so che di decembre passato sono stati a monte sela [?] ad abboccarci col conte di Cetrigne, ma non so per che carica, ma quanto a turchi non ho inteso che habbino havuto alcun negotio.
Interogato se lui può haver penetrato o può imaginarsi dove tendao le prattiche et i trattati delli predetti Rade et Martin; risponde operano essi con molta secretezza et tengono occulto ogni loro negotiato, onde così io come tutto il paese resta molto ingelosito della fede loro; sopra di che ho io discorso con gli altri loro [?] di venir ad avisarne sua eccellenza, perché, succedendo alcun inconveniente, non sia a noi attribuito il mancamento.
Interogato se in alcun tempo habbi sottratto l’animo delli sopradetti che si trovino mal contenti et che si mostrano inclinati al partito del turco; risponde dalle […] loro et dalle forme che trattano secrete con quello del partito contrario, non posso comprendere in loro alcuna sincerità né dispositione di buona volontà, et tanto meno quanto che l’agà di Rade sopradetto in discorso hebbe a dire, che sarebbe bene far qualche donativo al sangiacco, aciò non infestasse il paese.
Interogato per qual causa lui non sia venuto prima a rifferire questi particolari, per adempire al debito della fede promessa et ratificata con sollenne giuramento al Prencipe; risponde son andato differendo per haver l’incontro di ogni maggior fondamento, et hora che son capitato supplico genuflesso la giustitia a non permetter che si sappia questa mia testimonianza, perché sarebbe la total destrutione della mia casa, ma per publici rispetti non sarebbe male rimover per qualche tempo li predetti due caporioni, et tenerli in galea sotto altro pretesto di haver li mesi passati interfetto [?] li due frattelli Nicosevich.
Interogato se li predetti habbino alcuna parentella o dipendenza col capitan Voino; risponde […] sì, che sono suoi nipoti et molto interessati per lui.
Interogato se habbino seguito nel paese, risponde […] no.
Ad generalia […] li supradetti sono figliuoli dei miei nipoti, tamen in reliquis reste et iuraviti.
A dì detto.
Sua eccellenza, veduta la depositione oltrascritta et fatto rifflesso a quanto espongo et affermano con loro giuramento li conti di Zuppa, considerata la gravità della materia coll’occasione che per altro sono capitati a palazzo li oltrascritti Rade Milin et Martin Nicov, ha ordinato a sergente maggior di dover quelli sequestrar in corpo di guardia etc.
Filippo Boldù, proveditor estraordinario.
Rispose il sargente maggiore haver in essecutione dell’ordine supradetto sequestrato in corpo di guardia Rade Milin et Martin Nicov di Zuppa.
Sua eccellenza, havuta la sudetta relatione, ha ordinato che per degni rispetti et per maggior cautella li oltredetti sequestrati siano consegnati sopra la galea dal signor sopracomito Bizza, coll’occasione che la medesima si ritrova sotto questa città.
Rispose il sargente maggiore haver essequito l’ordine sopradetto et fatti consignar li sopradetti due zuppani sopra la galea del signor sopracomito Bizza, posti in catena in […] dall’aguzino.
Ricevuta li 17 febraro 1650 more veneto. (1 c.)
All’illustre et nobile […] et proveditor et al moi caro, amorevole et confidente amico capitan Andrea Patrovich da Dio gratia et ogni bene che habbiate, et da noi, prete Radule, humil inchino, molto cara et amorevole salutatione di poi. […] che sappia vostra signoria a noi mandorno quei di Castelnovo tre lettere, che faciano guardia a Grazovo et che vada io a Castelnovo per stare, et altri di Rigiani che stiano alla guardia a Grazovo, così scriviamo lettere li turchi di Risano et quelli di Grazono a quelli di Castelnovo, conducete il prete di Castelnovo a ostaggio, perché non ci lascia guerreggiare alli morlachi con italianii, et scrive lettere a Perasto et a Cattaro, fa unire li morlachi con italiani, et sono stati tre aghé da Castelnovo, Mehmed agà Muharem Chiesaia, Suliman agà Alibeg Sabanovich et Daut agà Suliman Aghich, et andorno a Orogoste [?] et passo con loro di qui il fiolo di Petar, Rade Lalovich, un conte di Supa, et sottomessi li homeni et tutti dissero noi non possiamo senza il prete viver un giorno, et faciorno guardia a Grezovo, et con questo mi cavai et noi faciamo guardia a Grezovo, aciò non ci chiamano a Castelnovo, et vi dago la fede di Dio con tutti li fratelli che attendiamo al vostro bene tutto quello siamo boni fedelmente, et voi non temete de nostri huomeni tradimenti mai, né Dio conceda, ma che siamo ad ogni guardia di questa parte et per amicitia tutto quello siamo boni, ma li turchi sono con noi insieme; li turchi attendono al nostro male tutto quello puono, perchP non vogliamo con loro insieme con voi guerreggiare, et noi a loro diciamo una parola, noi non possiamo guerreggiare né con perastini, né con Cattaro, né con Montenegro, per questo li turchi hanno contro di noi gran male et ogni intrico ci fano, aciò non venimo di lì, et con voi che non ci riunimo, acciò in qualche modo vi potessero dar travaglio; ma fino che mi sentite vivo et che vostra signoria sia sana, non ci metterano nimicitia tra di noi, ma che siamo alla guardia noi a voi et voi a noi, et che Iddio aiuti et a voi et a noi, et in tutto quello siamo boni che vi dobbiate confidar in noi più di quello siamo boni, come noi a voi fedelmente ogni bene, così Dio a noi et alle nostre creature, et non ascoltate li huomeni ignoranti vostri et nostri, acciò non ci facino entrar in nemicitia, perché mi ha mostrato Iovo [?], qual ha portato la lettera, che ci ha detto che sia de animali dal turco a Duarsno [?], perché l’anima sua non è neanco un animal del turco a Duarsno, ma mie pecore a Duarsno, et io a quelli turchi parlo noi non vogliamo guerreggiar con italiani, perché siamo vicini, et quello ho scritto per lievalo [?]; quello è tutto vero, o altri lo hanno insegnato trovino da Dio, per mettere nemicitia tra di noi, perché si trovano delle persone ignoranti tra di noi et tra di voi, ma bisogna che noi siamo li precettori, quello sarà per meglio per voi et noi, et tutto quello siamo boni commandateci, et non fatte che le mie lettere si palesino in queste parti, guardatemi la vita et io di questo vi son per tutto alla guardia, et Dio vi conservi in sanità; et per il bassà non sapiamo per certo dove si attrova, alcuni dice a Pleuglie et alcuno a Noci, ma si sente cambiò posto.
(1 c.) All’illustre signor agà dei ianizari, Corbasi bassà di ianizari a Castelnovo, et tutti li altri capi di Castelnovo, da Iddio buona salute che habbiate, et dal felice Gran signore gran accarezzamento meglio nell’avenire che fin hora, et da noi vostri servitori et schiavi, di tutti nixichi conti et vechi, si inchiniamo a vostre signorie illustrissime et vostre signorie humilmente salutiamo. Noi ricevessimo la vostra illustre lettera et tutto intendessimo quello voi ci scrivete, et commandate a noi che venimo da lì alla vostra fede alla città del Gran signore, come è commandamento da Dio et dal felice Gran signore, et da vostre signorie illustrissime, et noi così obedimo, come è commandamento di Dio del felice Gran signore et da vostra signorie illustre, et venimo se Iddio vorà al commando del Gran signore alla città del Turco quanto più presto potremo, se Iddio vorà, ma di là noi habbiamo paura da quelli di Risano, ma se vorà vostra signoria illustrissima, si può pacificare noi con quelli di Risano, et noi di Dio et vostri hora et sempre al vostro commando, et Dio riserva li honori a vostre signorie illustrissime.
Al signor et patron Suliman agà, da Dio gratia et buona salute che habbiate, et da signori et compagni gran amore, meglio nell’avenire che fin hora, et da me Petar voivoda, conte Milutin et di tutto Nixichi humil inchino, et cara salutatione a vostra signoria molto illustre di poi; noi ricevessimo la vostra honorata lettera et intendessimo tutto quello ci scrive vostra signoria molto illustre che si abbochiamo; noi grandemente aspettiamo che Iddio conceda la pace da Dio et patroni et noi preghiamo vostra signoria molto illustre, prima noi non possiamo venire, ma voi venite inver venerdì a Moischichi, che si abochiamo la mattina venerdì, se Iddio vorà, a Mocchi [?], per questo noi vi preghiamo, se bene vi è difficile, et quando si abocheremo, che Iddio voglia, che di tutto sia in […] perché noi prima non possiamo venire; quali è meglio et più vechi di noi non si ha trovato nessun in casa, ma sono da amici; se voi non potete venire inver venerdì a Mosachichi [?], non habbiate per male se non ci possiamo abbochare fino mercordì, perché habbiate abocamento con tutto il paese a Drobniaci, che Dio voglia, che di tutto sia meglio, come Iddio ha ispirato vostra signoria molto illustre, che attendete alla pace et al nostro bene, che Dio voglia, che noi siamo in amor et bene come voi dite et commandate, et quando il […] si fenirà con fede di Dio et vostra […] turchesca noi accettiamo et obbedimo vostra signoria molto illustre per tutto sarà meglio, et augumenti vostra signoria per molti anni.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 1
Trascrizione di Francesco Danieli.