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30 giugno 1617 - 16 marzo 1618 Francesco Pisani

Dispaccio del 30 giugno 1617

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
Martedì 27 del corrente, giunto all’ingresso del mio governo, mi fu dal clarissimo signor Paulo Emilio Da Canal prossimo precessor mio, per riverente essecutione delle ducali della Serenità vostra, consignato questo reggimento, nel quale come procurarò servendola con quel poco di talento che ha piaciuto in Dio concedermi, avanzarmi nella benignità publica, così s’assicuri che non sarà da me sparmiato ad alcuna fattica et diligenza per farmi conoscer non inutile suo rappresentante, e nel conservar questi suoi popoli ben affetti a lei suo natural prencipe, e nel mantenerli illesi quanto più si potrà, da ogni infestatione de nemici. Ho voluto riconoscer le monitioni della Serenità vostra, che capitano giornalmente in questa città per servitio d’essa, et dell’armata et come il munitionero essequendo le terminationi et prudentissimi ordeni dell’illustrissimo commissario Molin, le riceve, custodisce et dispensa con ottima et diligente regola, così al publico da opera tanto fruttuosa, quando non vengha interrotta non può restar interessato, né defraudar, et perché il consumo che si è fatto et si fa giornalmente è considerabile, si trovano esse monitioni in mancamento di curcume, piombo, polvere grossa, remi per barche armate, moschetti da forcina, arcobusi da ruota, quando occorresse dispensarne o armar oltre barche, tavole di alberi per far cavalletti, et altre opere per uso della militia, et corda da stopin, della quale non se ne trovava altro che mezo migliaro, et in questo giorno non ho convenuto mandar a Moschienizze et Bersez per uso delle sentinelle di quelli presidii delli castella di quest’isola, ne ho fatto dare altre lire cento in modo che si resta con sole lire trecento, et con un consumo innaccessabile. Ho però stimato mio debito et buon servitio di lei in quest’absenza dell’eccellentissimo signor general Belegno far consapevole la Serenità vostra del bisogno a cui parendole si degni dar quelli ordeni per la provisione et ispeditione a questa volta di monitioni tanto necessarie, che saranno dalla singolar sua prudenza stimati più opportuni, et lei venga insieme a sgravarsi di quel doppio interesse che viene a sentire con la sola dispensa della polvere fina, che si fa in tutte le cose che s’impiegava la grossa.
In questa città si trova il capitan conte Gabusso con la sua compagnia in numero di 155, tutta gente brava et ben disciplinata, che in qual si voglia occorrenza la Serenità vostra ne può sperar ogni fruttuoso servitio et egli per dir il vero si fa conoscer sogetto molto discretto, di valore, fede, et intelligenza tale che non declinando pronto dalle degne attioni del già collonello conte Piero suo zio, si rende per se stesso meritevole della gratia et protettione publica.
Nelli castelli di Verbenico et Dobrigno vi si trova parte della compagnia del capitan Ottavio Zecconi in numero di 65, che sotto il commando dl luocotenente suo nipote vengono guardati seben tenuamente quelli avamposti, et alla guardia del castello di Besca, l’eccellentissimo general Belegno v’ha posto quaranta fanti delle cernide dell’isola sotto il commando del capitano Francesco Cicuta nobile di questa città, sogetto per l’infomationi che tengo e per la prontezza che scorgo nel publico servitio abtestata anco da eccellentissimi generali, aggionto la servitù et meriti de suoi antenati, che si rende non indegno della gratia della Serenità vostra.
La sua camera fiscale si trova in angustia grande di denaro, non potendo per l’estraordinarie spese che si fa doppo le presenti commottioni sodisfar pienamente al pagamento delle limitationi di Zara, né di que[***] città, nelle qual però procurarò andar più ristretto che potrò per non interessar maggiormente il publico. Si trova una quantità de debitori vecchi per la summa di quatro in cinque mille lire, de quali persuadendomi incontrar con la volontà della Serenità vostra farò che da questo clarissimo signor camerlengo molto diligente nell’interessi del publico servitio sia atteso all’essattione della summa essigibile, che era passata in oblivione per non lasciar col tempo estinguer et annihillar essi creditori con pregiuditio de suoi interessi, et con esso nadaro andrò sodisfacendo in quello che si potrà alle publiche occorrenze. Nel rimanente non ho ch’aggionger alla Serenità vostra, solo che in servitio delle cose sue mi farò conoscer tanto gelloso, quanto mi sprona l’obligo naturale che devo alla patria, et se alla giornata mi capiterà alcun aviso dalle parti arciducali che sia stimato degno della sua intelligenza, lo farò capitare in un medesmo tempo con quella accurratezza che potrò alla Serenità vostra, et all’eccellentissimo signor generale, perché col natural suo valore dimostrar ultimamente con l’armata nemica in honorevolezza della Serenità vostra possa provedere anco qui a quanto ricercasse il buon servitio publico. Non volendo restar di dirle che dalle parti nemiche si ha aviso che il Ferletich qual è stato in corso sia ritornato a Fiume con le sue genti cariche di gran bottino, che dalla fossa di Fiume habbino tirrato in mare una barca per armarla, et un’altra detta il Gran Dragone stavano per far l’istesso di giorno in giorno per ritornar a infestar vascelli, o dove meglio potrano facendo massa di gente unita con segnani per venir a danni dell’isola, ma perché potrebbero questi tristi far voce di andar in un luoco et callar nell’altro, doppo dati quelli ordeni che ho stimati necessarii nelli castelli dell’isola, et muniti anco de munitioni, che del piombo, per mancamento se n’ha convenuto comprar a queste botteghe, ho avisato in diligenza anco il clarissimo signor conte d’Arbe, acciò hora che non vi sono le ordinarie guardie di barche armate non venisse loro pensiero di tirrar all’improviso a quella volta, et possa anch’esso con buoni ordeni divertire ogni loro guasto dissegno, che [?] servirà alla Serenità vostra per riverente aiuto. Gratie.

Veggia, lì 30 giugno 1617.
Francesco Pisani provveditor.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.