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30 giugno 1617 - 16 marzo 1618 Francesco Pisani

Dispaccio del 13 luglio 1617

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
Heri le barche armate si trovavano alla loro guardia di Castelmuschio, lontano dal forte di San Marco miglia tre in circa, si partì in tempo di notte dalle rive arciducali, nel più breve spacio che può essere di distancia da quest’isola un tiro d’arcobugio, un zopolo con dentro otto o dieci huomini senza esser stato scoperto dalla fortezza, questi sbarcati in terra sopra una punta detta la Visizza, et depredati circa dieci cavali dicesi di ragione del capitano, rimontati nel zopolo se ne ritornorono con la preda a hore tre di giorno in circa senza ricever incontro, né molestia alcuna da quelli della detta fortezza per non attrovarvisi il detto capitano né il caporale, ma solamente scoperti in quell’hora dalle guardie furono sbarate dalli soldati molti tirri d’artigliaria, dalli qualli avisate le basche uscirono benché tardi dal porto, et inviatesi verso li inimici non li trovorono, onde giunti in terra sbarcorono così disordinatamente parte di loro, senza mandar prima a far la discoperta che si trovorono improvisamente assaliti da una grossa imboscata d’uscochi, giudicati guidati dal Ferletich loro capo in numero di 300 con forsi dodeci bandiere, essendovene un’altra pocco discosto da quella, con non minor numero, di maniera che salutati d’una gran salva d’arcobuggiate, convennero li nostri darsi alla fuga, et con fatticha salvarsi nelle loro barche, come feccero, se bene ne restorono di morti al numero di quindeci, fra quali doi alfieri, tre presi vivi, che uno d’essi fuggito pocco doppo essendo stato nascosto dietro un sasso in mare, partiti che furono li nemici andò in terra, et diede segno alla fortezza, che lo mandò a recuperare, di ferriti ne sono otto o dieci, li altri tutti potiamo dire che siano stati preservati dalla divina mano, perché si come quelli scelerati ahvevano bene et con prudenza guidata quest’impresa havessero in un medesimo tempo saputo servirsi dell’occasione, senza dubio, sortiva il loro intento, che era di tagliar tutti li nostri a pezzi et impadronirsi di tutte le barche, come feccero quasi d’una che havevano preso, col getarsi molti di loro in maere che fu poi da nostri recuperata. Questo accidente è stato da me sentito con displicenza indicibile dell’animo, così per la negligenza del detto capitano, che doveva trovarsi nella fortezza, come per la trascuratione di questi soldati nel sbarcar in tanto pocco ordine. Di questo fatto, sendo io stato avisato d’un capitano di dette barche, spedii immediate il cirugico di questo hospitale per medicare li feriti, dando ordine che fossero condotti nella città, affinché possi attendere in un medesimo tempo a questi et alli amalati, che vi si ritrovano. Et tutto che in questa camara non si ritrovi denaro di sorte alcuna, né manco lasciata provigion dall’eccellentissimo signor generale, solo che un semplice ordine, che io habbia a somministrar denaro così per il bisogno di questo hospitale come per soventione delle milicie di questi presidii, ho con non pocca difficoltà ritrovato ad imprestido da questi della città certa poca summa di danaro, con il quale ho sodisfatto in parte alli correnti bisogni. Starò però in tanto attendendo Sua Eccellenza con una buona provigione per sodisfar queste milicie che vanno hormai creditori d’una pagha, et reintegrar la camera delli denari, delli quali s’è servito. Mi resta di ricordar riverentemente la Serenità vostra non per altro interesse che per zello del semplice suo servicio, che essendo stato sempre solito in absenza de eccellentissimi generali d’inviar il danaro per far il pagamento alli proveditori di questa città, reuscirebbe fruttuosissimo al publico che si continovasse a far l’istesso, perché da questo sosteriano molti buoni effetti, mentre fossero li soldati pagati dall’istesso proveditore, perché oltre che accresceria maggiormente di reputatione la publica dignità, si trovariano anco sempre più pronti at obedienti nell’occorenze in tutti li ministerii della Serenità vostra. Gratie.

Di Veggia, lì 13 luglio 1617.
Francesco Pisani proveditor.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.