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30 giugno 1617 - 16 marzo 1618 Francesco Pisani

Dispaccio del 20 luglio 1617

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
Hiersera col solito della mia riverenza, ricevei le ducali della Serenità vostra col capitolo in esse inserto del ressidente in Napoli, et come per la voce già sparse dai guasti pensieri dell’armata spagnola havevo non pretermessa diligenza col dar quelli ordeni che ho giudicati necessarii, così vedendo essermi in parte incontrato con la publica intentione, gi ho immediatamente rinovati e rinforzati con estraordinaria accuratezza, et con intelligenza dell’illustrissimo signor governator de condennati, vigilissimo nel publico servitio et indefesso nel corseggiar quest’acque, per tenirle lontare da invasioni nemiche, s’ha aggionto quelli altri avvertimenti che si sono stimati più opportuni per fine che le galere et barche armate che capiteranno nell’avvenire di giorno et di notte in questo porto, se ne possano volere, et con simil mezo restar assecurati che sotto false insegne non habbino li nemici commodità di venir a danni delle cose sue.
Sono andato rivedendo tutti li luochi et torri ove sono posti pezzi d’artigliaria, et in alcune d’essi ho ritrovati buchi per quali può ogn’uno commodamente entrare et uscire, et la muraglia per la sua antichità tanto fragile che ha urgentia d’esser nella maggior parte restaurata, poiché col sbatto solo che si facesso in progresso nella diffesa, si può evidentemente temere che sia per rovinare, et io essendo qui senza alcuna commissione in questo proposito, in mancamento di denaro et de apprestamenti de legnami et altre cose necessarie, che si ricercano anco in far retirata (quando il caso portasse) in simil occorrenze, convengo nell’angustia rimaner infruttuoso, et creda la Serenità vostra quando stimi, io non sia per riuscir atto a poter sodisfar a tanto bisogno, che se non darà celere ordine ad’alcun altro suo publico rapresentante, perché sia con celerità reparato alle cose da me rapresentate in queste et nelle precedenti lettere, non so vedere come si potrà in evento d’armata nemica promettersi, non dirò sicurtà, ma ne anco alcuna difesa della città.
Vi è bisogno in diversi luochi di terrapienare per accommodarvi tre canoni che erano in monitione, et tra questi uno da 50, li quali ho rissoluto di far mettere dove ho conosciuto che possino riuscir fruttuosi.
Queste monitioni si trovano in mancamento di balle, polvere grossa, et altre cose necessarie, come dall’aggionta polizza la Serenità vostra potrà vivamente conoscere et provedere opportunamente alle publiche occorrenze. Alli terrapieni vado sodisfacendo senza spesa publica, ma convenendo far cannoniere et altre fatture bisognevoli, rimuneranno per le già dette [?] tutte l’opere imperfette. Gl’alloggiamenti de soldati sono anch’essi ristretti et rovinati per la quantità delle case che sono cadute, come si trovano anco in malissimo stato li caselli delle sentinelle nel recinto della muraglia per non esservi stato posto alcun pensiero nella reparatione. Il mollo di questa città si trova in molti luochi rovinato per la purpurella destrutta, che per tal causa molti vasselli et anco galere hanno scorso non puoco pericolo, ho rissoluto anco provedere alla sua reparatione senza spesa publica, l’onde perché non possa essere mai addossata colpa di mancamento, che non commissi né di negligenza trascurata nell’interessi publici, ho voluto raccordar riverentemente tutti li bisogni alla Serenità vostra, perché col prudentissimo suo giuditio venga a quella deliberatione che stimerà riuscire di maggior suo servitio. Ho fatto anco empire d’acqua la cisterna della città, per tutti li accidenti che potessero avvenire, acciò resti noto a ciascuno de [?] cose che dipenderanno assolutamente da me, saranno prontamente abbracciate per la mia provisione.
Gl’uscochi si hanno fatto sentire la presente settimana due volte sopra l’[isola] et conferitissi la prima nel confin di Dobrigno in tempo di notte con [?] huomeni, hanno commesso li danni nei sudditi et animali che degn[?] intendere dalla lettura dell’aggionto constituto.
Heri matina poi sendo andati alcun del castello di Besca in numero di 45 al scoglio di Parvichio circa le due hore di giorno per raccoglier certa foglia da tintura de pelli, contro l’espressa prohibitione dell’illustrissimo signor governator de condennati, et mia, osservati da una barca nemica, che […] notte si haveva posto in aguato nella valle d’esso scoglio, et uscita all’improviso, doppo che li nostri havevano sbarcato in terra, prese le tre brazzere con quali si havevano condotti, et fatti con minaccie rimontare parte in esse, et altri nella loro barca, li hanno condotti a Segna, come la Serenità vostra resterà medesmamente informata dalla copia di altro constituto tolto da persona che del numero delli 45 restò in terra con altri sette nascosti sopra il scoglio. Tutti questi inconvenienti seguono per caggione de inobedienze et trascuraggine delle guardie nelle quali consiste la sicurtà de tutti, che sin qui sono passate in eccesso, ma assecurissi la Serenità vostra che col puoco talento che possiedo et col castigo de alcuni, ho rissoluto fargli mutar natura, acciò rendendosi più vigilanti et obedienti, non si habbi per loro negligenza a provar effetti di maggior displicenza et continua molestia alla Serenità vostra. Gratie.

Veggia, lì 20 luglio 1617.
Francesco Pisani provveditor.

Allegati: costituto della guardia responsabile di non aver dato l’allarme all’arrivo degli uscocchi (n°1); costituto di un testimone dell’incursione degli uscocchi a Besca (n°2); polizza contenente le necessità per mettere in sicurezza la città di Veglia.

Allegati n°1

In lettere di Veggia di 20 luglio 1617.
Adì giobbia 20 luglio 1617 Veggia.
Fatto venire et constituto domandato Zuan Martin Tadiolich quondam Giacomo da Dobrigno. Fu addimandato che cosa sia occorso di sinistro nel confin fi Dobrigno. Respose: luni de notte, venedo il marti prossimamente passato, sono venuti li uscochi sbarcati alla ponta del Sillo,cche non sono stati osservati da alcuno, et andati fra terra circa doi miglia hanno depredato doi mandre de animali minuti in numero di 150, ammazato un pastor, maltrattatone un altro con la moglie, che si crede moriano, et fattone schiavi doi altri. Detoli: luceva la luna quella notte o pure era scuro. Respose: lucente la luna. Interrogato a qual guardia esso constituente si trovava quella notte. Respose: alla ponta de Santa Maria alle marine. Interrogato quanto sia discosto il luoco ove sono sbarcati li nemici dalla tua guardia. Respose: un miglio in circa. Interrogato se vi è altra guardia più vicina. Rispose: signor no. Interrogato: eri tu solo o accompagnato alla guardia. Rispose: ero solo, perché il compagno che doveva esser con me non venne se ben fu comandato. Detoli: havevi tu la coeta alla guardia. Respose: signorsì. Detoli: l’havevi sbarrata. Respose: fatto giorno si scoprirono li nemici fra terra et all’hora fu dato fuoco. Dettoli: non avendo tu veduto li uscochi con chiaro di luna a venir sopra l’isola et sbarcare in tanta vicinanza, bisogna che in luoco di far la guardia tu habbi atteso a dormire, poiché se fossi stato vigilante li haveresti scoperti et dato fuoco alla coetta, haveriano fatto l’istesso tutti gl’altri et intimoriti quei scelerati se ne sariano fuggiti. Onde per tuo mancamento sendo seguito tanto male, ne riporterai anco castigo uguale alla tua colpa. Rispose: signor no, sono venuti drio le colline, che non si hanno potuto scoprire, son qual nelle mani della giustitia ma io non ho fallato. Quibis habitis.

Allegato n°2
In lettere di Veggia de 20 luglio 1617.
Adì giobbia 20 luglio 1617.
Essendo la notte passata stato mandato un homo da Besca dal capitano Francesco Cicuta, che avisa la presa fatta da uscochi della gente che era andata al scoglio di Pervichio per racoglier la foglia che serve per tentura delle pelle d’animali, l’illustrissimo signor proveditor ha ordinato che si constituto.
Illico.
Constituto un homo di statura grande con poca barba castagna, qual disse nominarsi Zorzi Toich del quondam Mattio da Besca, le fu detto che debba racontar tutto quello che è successo di sinistro alle genti di Besca, che sono andate al scoglio di Pervichio per raccoglier la foglia. Rispose.
È ordinario che ogni anno a questo tempo si va al scoglio di Pervichio per sonar la foglia da cunzar la pelle, et essendo da quindeci giorni che ogni giorno vi andava tre et quattro barcade di gente senza alcun suspetto de nemici, heri mattina si continuò a far l’istesso con tre bracere in numero di quarantacinque persone tra homini, donne, puti et pute, gionti al scoglio di Pervichio nel spuntar del sole non ben sbarcassimo in terra, che è venuta una barca de nemici con dentro sessanta persone, et capo di essa Vicenzo Criglianovich più grande delle nostre barche armate, tutta dipita verde, la pupa rossa come anco l’arboro et l’antenna, prese le nostre tre bracere et fatte ritornar in barca con minachie le genti di Besca gl’hanno condotti a Segna con le dette brecere. Interrogato respose: li presi da nemici sono stati al numero di trentassette, cioè otto homini, undeci donne, sette puti et undeci pute da marito, et altri otto fra quali son io si nascosero in terra sopra il scoglio, et doppo partiti gl’uscochi siamo stati ricuperati dalli nostri. Interrogato: per qual causa et con che auttorità siano andati a racoglier la detta foglia se per proclami de eccellentissimi signori generali dell’illustrissimo signor governator de condanati et dell’illustrissimo signor proveditor di questa città et isola viene prohibito a voi altri a scostarvi dal porto senza buone guardie et sigurtà di non dare nelle mani de nemici. Rispose: è stato sempre ordinario che ogni anno a questo se va a sonar la foglia né mai havaressimo pensato che ne sucedesse una tal disgratia, perché ogni giorno andavimo al scoglio doppo il sol levato, ma si raggiona che li pastori dal scoglio de San Gregor habbino essi fatti avisati quelli della barca nemica, et la notte siano venuti al scoglio senza poter esser scoperti dalle guardie perché in altra maniera non potevimo dubitar essendovi andati con licenza del capitano che così è stato sempre solito di far. Quibus habitis.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.