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3 marzo 1617 - 22 luglio 1617 Marin Garzoni

Dispaccio del 3 marzo 1617

N. (Senza numero)

Serenissimo prencipe
non provando io mai altra quiete, che nel moto, che mi da ogni occasione di publico servitio, poco contento in me stesso della sodisfattione mostrata dal capigì bassi nel suo partire da questi contorni, per esser egli dall’estremo detto [?] passato ad atti di cortesia in un subito. Mosso in oltre da quel zelo dell’interesse di Vostra serenità, che ho con voto innalterabile d’una dovuta singolar divotione preposto alla mia stessa vita, gli ho espedito dietro persona mia confidente, molto accorta et molto pratica, ad espiar quanto più sia possibile ogni andamento et ogni pensier suo, et ne ricevo hoggi a punto gli avvisi che da copia di lettera scrittami in schiavo, con termine di gran avedimento resteranno servite l’Eccellenze vostre illustrissime di vedere, la sostanza della quale, a creder mio, è che sendosi radunati insieme li sanzacchi di Clissa, et Lica col Logotenente di quel di Hercegovina, chiamati dal capigì bassi, tocchi del vino, come è usanza de turchi, habbeno senza rispetto discorso che le commissioni che tiene dalla Porta detto capigì bassi, sotto pretesto d’inquerir d’altro, siano di far osservar li lochi ai confini dell’Eccellenze vostre, et in che stato di sicurtà si ritrovino, particolarmente Cataro, et Zara, nominati da chi mi avisa, l’estremità delli Baltardi, perché vedendole occupate nelle presenti turbolenze di guerra con Arciducali, pensino po’ li turchi d’impossessarsene, potendo con la conaturale infedeltà loro, considerandone per aventura facile il modo, (tanto più, che ha detto capigì bassi proibito l’esservi condotta vitovaria di sorte alcuna) per esser hora essi tutti sprovisti di gente da fatti, passata a cotesta volta all’ubidienza di Vostra serenità, alla quale (per l’incomparabile sua prudenza, rimetto io col solito della mia riverenza il farne, nondimeno, quella stima che conoscerà più opportuna al suo servitio, per il quale le invio anco le ingiunte copie di lettere scrittemi et dal signor conte di Traù, et dal signor provveditor d’Almissa, l’uno et l’altro veramente zelante all’estremo de gli interessi dell’Eccellenze vostre) acciò conoschino elle confrontarsi col rimanente, oltre la voce già sparsa sei mesi sono a questi confini d’una sorpresa machinata contra questa città, che pur ne indica l’origine da qualche fondamento, notificata da me et a Vostra serenità più d’una volta all’eccellentissimo signor Giovanni Giacomo Zanne, con somma sua gloria Provveditor Generale a quel tempo, raccordandoli riverentemente pure, con certa mia scrittura (qual era si fusse) come si potria, et questi con insensibil (…) ridur in stato sicuro questo loco, et per la scala et per altri rispetti (…) tanta consideratione, desiderato forse più de gli altri da nemici, per li loro fini. Haverei anco del tutto dato parte all’eccellentissimo bailo di Costantinopoli a fin che possa, col solito valor et diligenza sua, cavarne alcun più certo particolare, per la via di Cataro se non havessi temor che si potessero facilmente smarir le lettere, havendone io però subito (…)guagliato l’eccellentissimo signor generale Belegno ogni bon fine, il qual solo supp[orto?] Vostra serenità et l’Eccellenze vostre di gradire in me con l’uso ordinario della benignità. Gratie.

Di Spalato, lì 3 marzo 1617.
Marin Garzoni conte et capitanio.

Allegati: lettera del provveditore di Almissa al capitano di Spalato (n°1); traduzione di lettera in lingua schiava destinata al conte e al capitano di Spalato (n°2); lettera del conte di Traù al capitano di Spalato (n°3).

Allegato n°1
Copia di lettera scritta dall’illustrissimo signor provveditor d’Almissa a questo reggimento.
Illustrissimo signor mio [onorissimo?]
In questo punto, che sno hore 23 è venuto a porta il conte di Poglizza Nicolò Sudich a farmi sapere che hoggi ha havuto certo aviso per via di uno turco da Clissa suo amico, che si faceva radunanza di grosso numero di turchi, così a cavallo come a piedi, in Cetina, vi è il sanzacco di Lica di cavalli numero 400; il sanzacco di Clissa di cavalli numero 200; il logotenente del sanzacco di Herzegovina cavalli 300, et il Teftet con la sua corte, che sarebbe stato una massa di 1.000 cavalli [simil?] pedoni, havendosi havuto appresso lingua, che Zafer Beg Vlahovich da Radobiglia aspettava ancor lui quantità di turchi, che hoggi haveva mandato per vin cotto, et risi alcuni soi morlacchi, dalli quali si haverebbe invigillato di haver qualche particolare dei pensieri di questa massa, quando prima havessi havuto questo posterior aviso, dal quale ho preso diligente espediente in far consapevole Vostra serenità illustrissima di questi particolari, acciò possi dispensar quelli ordeni, che è della sua solita prudenza, per non ricever alla sprovista qualche infestatione dannosa di cotesta città et suo territorio. Io de qui ho dato li possibili ordeni per le bone guardie, ritrovandosi questo loco senza gente da fattione, et m’affatizarò di mandar persone in dentro del paese, per sottraher la verità di questi mottivi, et del tutto raguagliarò Vostra Serenità Illustrissima con ogni vivo affetto d’amore, col quale per fine le bacio la mano.

Di Almissa, il primo marzo 1617.
Piero da Molin provveditore.

Allegato n°2
Lettera tradotta dalla lingua schiava da Francesco Cupp[?] interprete.
Signor conte et capitanio di Spalato, sappi Vostra serenità come sempre ho seguito l’avviso, et mi è venuto fatto esser li ed la mia persona in ogni tratato che è passato tra di lui et li maggiori di questa vicinanza, li quali [i]eri sera insieme a lui havendo impito il vassello di vino, hanno senza alcun rispetto cantato molto et il [avaro?] ha cominciato come è stato spedito da casa sotto pretesto manifesto al vigniaruolo, et al Bosinese, et questo in particolare per non esser in qual stato di ritrova questo paese di soi confinanti, perché quando l’Aquilla adungiasse il Leone, anchor la luna potesse rapir per se questi luogi a lui tanto comodi, et farsi padrone di essi, in particolare di quelli che guardano dalla peste et apropriarsi la Schalla, et li Schalini, havendo io inteso per certo che per questa causa si sono abbochati et hanno tratato insieme, acciò da loro resti informato et che poi possi rifferire la debolezza et quanta facilità o alla porta o alle fenestre, havendo perciò spedito una persona expressa acciò veda sopra i luochi, et in particolare per osservar li baluardi da una extremità al’altra in detto stato si ritrovano, et qual speranza si potrebbe havere io sono turcho et mi inchino al christiano, et se altro mi dirà la vechia farò sonar la tromba od altra ovatione.

Allegato n°3
Copia di lettera scritta dall’illustrissimo signor conte di Traù a questo reggimento.
Illustrissima Vostra serenità
Ricevo in questo punto, che sono le sei della notte, lettere di un mio confidente, nelle quali si dice che il sangiacco di Lica sia giunto a Cetina con trecento persone tra cavalli et pedoni. Che medesimamente vi sia arivato l’inquisitor turco unitisi col sangiacco di Clissa, che è pur in Cetina. Havendo il capigì bassi tolto in nota le città et castella venete, et li confini, et a Vostra illustrissima serenità.

Di Traù, lì primo marzo 1617.
Gabriel Moresini conte.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.