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3 marzo 1617 - 22 luglio 1617 Marin Garzoni

Dispaccio del 19 aprile 1617

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
ricevute con l’ordinaria mia riverenza le lettere di Vostra serenità de primo istante, con la commissione di far intender a questo reverendissimo arcivescovo, che debba quanto prima inviarsi costà all’obedienza di lei, son andato subito a ritrovarlo et intimatoli questo ordine si è egli dimostrato diverso dall’ordinario molto, mostrando dispiacere del disgusto che potesse haverle dato, et escusandosene come meglio ha potuto. M’ha fatto instanza se si potrà trattener di qua anco per otto giorni, passando a parole di grande ossequio verso l’Eccellenze vostre illustrissime. Lo veggo insomma molto mutato, anzi pentito delle passate sue trattationi, onde vo’ sperando che sia nell’avenire per aderir sempre al giusto, havendonelo io ammonito. Et forse prima della sua partenza sarà abollito il monitorio, et con apparente dimostratione ritrattato, ritornando il dovuto honore da suoi capricci passati, levato a rapresentanti publici, il che riuscirà per avventura a gusto di Vostra serenità occupata hora in cure tanto important, come li presenti mottivi del mondo. Non resto nondimeno d’inviarle ingiunto l’essame fatto d’una buona mano delli nobili di questa città, circa il baciar dell’evangelo, l’incensare, et il dar la pace, perché trattandosi con pretti habbiano l’Eccellenza vostre onde veder certo l’ordinario costume sin hora tenuto, circa queste cerimonie in questa città, occorrendo che fosse loro diversamente affermato. Gratie.

Di Spalato, a 19 aprile 1617.
Marin Garzoni Conte e Capitano.

Allegati: dichiarazione dei nobili di Spalato circa i costumi religiosi (n°1).

Allegato n°1

1617 Adì 18 marzo
Trattandosi di materia tanto importante quanto è la publica riputatione, invigilando a questa con ogni spirito clarissimo signor Marin Garzoni conte e capitano di Spalato a scarsa espressione della sua devotione verso gli interessi di Sua Serenità, ha ordinato a me cancelliero che per confermatione dell’uso ordinario circa le publiche cerimonie in chiesa verso li rappresentanti siano essaminati. C’infrascritti v’è [?]

Domino Giacomo Tartaia;

Domino Zuanne Maruli;

Domino Agostino Cindri;

Domino Gieronimo Martinis;

Domino Francesco Nadali;

Domino Antonio Alberti;

Domino Piero Cipri;

Domino Gieronimo Gieremia;

Domino Domenico Papali;

Et altri che bisognasse, et più et meno, dovendo ogniuno de gl’essaminati sottoscrivar il proprio detto di suo pugno.

Dì 28 marzo 1617

Fatto venire de interrogato di Sua serenità illustrissima il signor Giacomo Tartaia, come avanti nominato, interrogatus m[?] giu[?] et intern[?] rispondit: è vero quando che l’illustrissimo signor conte et capitano vien alle messe solleva in chiesa catedrale li vien dato l’evangelio da basciar quello, et dietro al clarissimo camerlengo, et poi alli quatro giudici della corte, similmente il detto diacono gli da l’incenso a tutti come è detto di sopra. Ma perché l’arcivescovo passato (che fu de Omis) levò a non dare il pax tecum molti anni sono, ma prima di lui si è osservato che il diacono lo dava, et la causa perché l’habbi levato non so, et cetera.

Sup[?] Glibus reitem[?]

Io Giacomo Tartaia affermo quanto di sopra.

Dì 28 detto.

Fatto venire come di sopra il signor Antonio Alberti cittadin come avanti [?] et interrogatus rispose: so da che mi posso ricordare sotto il passato monsignor arcivescovo de Omis, che sempre si è osservato a dare all’illustrissimo signor conte et capitano l’evangelio et la pace da baciare dal diacono, il quale similmente gli da lo incenso, et questo è stato osservato sino alla sua partenza da questo luoco, et cetera.

Sup[?] Glibus reite[?]

Io Antonio Alberti affermo quanto di sopra.

Adì 28 detto.

Fatto venire de interrogato de Sua signoria illustrissima, il signor Agostin Cindri cittadin, come avanti [?] interrogato per Bortolo di Benedetti cancelliero della corte nostra [?] et interrogatus rispose: so che sotto et monsignor arcivescovo de Omis precessore del presente si osservava a dar l’incenso dal diacono, e tuttavia sotto questo si è osservato, ma quanto all’evangello et la pace io non so chi lo porgeva a Sua serenità illustrissima de vera scientia per esser il più delle volte in tempo di messa solenne io occupato nel cantar con altri musici nell’organo, et perciò di vera scientia come ho detto io non so del rimanente, et ita [?]

Sup[?] Glibus rech[?]

[?] quanto ho detto di sopra si osservò, et al clarissimo cancelliero et alli giudici della corte, io Agostin Cindri affermo quanto di sopra.

Adì 28 marzo 1617

Fatto venire de interrogato il signor Gieronimo Martinis, come avanti nominato, cittadin come avanti [a noi ha giurato] et interrogatus rispose: sotto monsignor arcivescovo de Dominis[?] predecessore del presente, so che all’illustrissimi signori rettorim clarissimo signor cancellier, et alli giudici della Corte si dava a baciar l’evangello dal diacono, et perché veniva posta difficoltà che il diacono non dasse l’incenso alli oltrevoriati[?] fu finalmente terminato che esso diacono porgesse l’incenso, et si è osservato sempre fino al presente, ma quanto alla pace, che la dasse a baciar a Sua serenità illustrissima io non ho posto fantasia, ma giudico che sicome l’incenso et l’evangello vien posto a Sua serenità illustrissima da diacono, così sia anco la pace, et cetera [?]

Sup[?] Glibus recl[?]

Io Gieronimo Martini affermo quanto di sopra X.

Adì 28 marzo 1617
Fatto venire de interrogato come aventi il signor Gierolimo Gieremia, cittadin, nobile [?] et interrogato rispose: io di vera scientia non so chi porgesse l’evangello, meno la pace et l’incenso all’illustrissimi signori rettori, per non esser io stato giudice della banca, è ben vero, che dalli giudici ho inteso lamentarsi, che sempre è stato osservato a darsi l’evangello, l’incenso et la pace dal diacono, così all’illustrissimi rettori come camerlenghi et giudici della banca, anzi che essendo circa ciò usata novità, non osservando il diacono a far le predette cerimonie, molti di essi giudici si lamentarono per questo, et cetera.

Sup[?] Glibus rec[?]

Io Gierolimo Gieremia affermo quanto di sopra.

Adì detto.

Fatto venire de interrogato de Sua serenità illustrissima il signor Domenico Papali, come avanti nominato, cittadin nobile [?] et interrogatus sopra il particolar delle cerimonie osservate a publici rapresentanti nelle solenità in chiesa rispose: so benissimo che l’evangello et l’incenso sempre è stato dato all’illustrissimi signori rettori, clarissimi camerlenghi et alli signori giudici della banca dal diacono, ma della pace certo che non mi racordo, ma pur tuttavia mi par che ancor essa sia stata data dal diacono. Interrogatus de causa scient[?] rispose: questo lo so perché attrovandomi in chiesa più volte l’ho veduto a osservare, et ita[?]

Io Domenico Papali affermo quanto di sopra.

Adì 28 detto.

Fatto venire de interrogato de Sua serenità illustrissima il signor Zuanne Maruli, come avanti nominato, cittadin, per Bortolo di Benedetti cancelliero della Corte[?] et interrogatus sopra il particolare delle cerimonie osservate in chiesa a publici rappresentanti rispose: sempre so che è stato osservato in publica cerimonia nella chiesa alle solennità di darsi a publici rapresentanti l’evangello et l’incenso dal diacono, ma essendo stato levato di dare la pace da esso diacono si è continuato così, ma per il passato sempre è stata data pur anco la pace da esso diacono. Anzi che doppo che il diacono porgeva l’incenso a Sua Serenità Illustrissima et alla banca tutta il sudiacono pigliava il cluriburlo et andava incensando il popolo, et questo sempre è stato osservato et così et fatto.

Super Glibus re[?]

Io Zuanne Maruli affermo quanto sopra.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.