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26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 21 giugno 1796

N. 32

Serenissimo Principe,
se in questi ultimi quattro giorni una rispettosa riserva di non sottraere i sovrani consigli da più eminenti premurosi oggetti mi trattenne dal riprodur i miei riverenti dettagli intorno ai successivi ammassi di queste Craine; non fu per altro ozioso il mio dovere nel frequentar ciascun giorno la spedizione delle medesime agli ordini dell’Eccellentissimo Savio alla Scrittura.
Alle disposizioni appunto di Sua Eccellenza in tre giorni ho inoltrati mille ottanta Terrieri; e questa sera affretto l’imbarco di seicento sessantanove Individui; sicchè la summa della gente levata in quattro d’ ai territorj di Sebenico, Traù e suoi castelli, Sign, Morlacca, Macarsca, Almissa, e Narenta monta a mille settecento quaranta nove Teste: summa, che combinata colle spedizioni precedenti forma la totalità di tre mille seicento settant’otto individui estratti dalla maggior parte dei distretti montani e marittimi della Provincia.
Non ben esaurite in Traù, Sebenico, e Sign in tutte le prescritte classificazioni i miei ordini, ho rinnovato i convenienti impulsi, perchè le ispezionate figure con miglior esattezza suppliscano nel voluto ammasso alle pubbliche circostanze.
Furono assai parchi gli Almissani, i Narentini, ed i Macaruni.
Narenta, che divide lo stato di Vostra Serenità dall’Ottomano e da Ragusa approfitta della posizion sua limitrofa, e quella gente forse degenerando da suoi principj non sa adattarsi ad una vita laboriosa ad attiva; quindi contigua immediatamente all’estere pertinenze deluse la pubblica aspettazione, e non fa gran conto impunemente del capo che la dirige.
Un diverso oggetto stimola alla alienazione del servizio i sudditi di Almissa, e di Macarsca.
Trae esso la sua origine dalla stessa sovrana munificenza dell’Eccellentissimo Senato: che rimunerando ambedue quelle suddite popolazioni con luminosi e distinti privilegi, li contrappongono in oggi sotto speciosi pretesti all’affetto inculcato del possibile loro reclutamento.
Fu assentito in altri tempi da Vostra Serenità; che le famiglie poglizzane, e le provenienti dalla Bossina, e dall’Ungaria siano considerate nel rango delle nobili, che in qualunque luogo della Provincia fissino il loro domicilio, non perdano il proprio privilegio; e che non possano essere vincolate ad altre fazioni, se nona quelle che rispettivamente sono riservate al ceto, ed ordine nobile.
Sulla base di questo benefico indulto recalcitrano con energia dal farsi descrivere in qualità di craine; e sebbene l’istituto della loro vita, e della loro indigenza li abbia abituati per necessità agli esercizj più vili, ed abbietti, pure sublimando l’originario indulto, che li qualifica nobili, sdegnano l’odierno servizio, nè esitano secondati dal raggiro forense dedur alla via giudizionaria la discussione de’ proprj titoli, per inceppar quindi alla potestà deliberativa l’uso di quei diritti, che le si competono, e che esigono le circostanze.
Con questo malizioso sotterfugio, si sottraggono da qualunque fazione.
Ogni municipio in Provincia è composto di ordini diversi, ciascun de’ quali ha le sue leggi particolari, e distinte.
Chi non è descritto nè rispettivi corpi non può compartecipar dei diritti, che sono a medesimi concessi dalla Sovrana clemenza, e quindi non è abilitato all’esercizio degli uffizi disponibili dal corpo medesimo per gli individui che allo stesso appartengono.
In tal forma i nobili di Poglizza, Bosnia, ed Ungaria, non servono alle fazioni de’ nobili del luogo, dove domiciliano, e ricusano in pari tempo servir alle rustiche, quantunque lavorino le campagne, esauriscano bassi mestieri; mentre il Decreto dell’Eccellentissimo Senato li consideri nobili.
A tal segno per una parte arriva la scaltrezza de’ sudditi, e per l’altra le venalità del conte di Poglizza, che prodigalizzando senza riserve ed a capriccio la concessione di apocrifi titoli, moltiplica infattti i pretesti ad una viziosa delusione, e reo abuso delle pubbliche grazie.
Mi è noto che la sapienza dell’Eccellentissimo Senato, dietro i prudenti consigli degli Eccellentissimi Inquisitori ai Rolli nella nota Terminazione, volendo metter argine ai scandalosi arbitrj de’ sudditi, ed ai cavilli del foro, sovranamente comanda, che l’indulto sia operativo per quelle persone, e famiglie, che affettando la nobiltà di Poglizza, in quella Provincia appunto formino la loro dimora; ma che per l’altre, se quali sono disperse nell’altre giurisdizioni non si calcoli l’esagerata immunità, ma siano liberamente dettagliate ai pesi angarici convenienti al tenor de vita, che professano.
Mi è pur noto il Sovrano Decreto, che dichiara (?) e nulle le lettere del Collegio Eccellentissimo de’ XX Savj, le quali in addietro solevano ottenersi, onde in frenar ai capi craina l’arbitrio del dettaglio alle fazioni di questi pretesi nobili: e coll’appoggio di questi inconcussi documenti mi sarebbe stato facile far fronte all’indocile resistenza di questi sudditi; ma disposti a ritentar la risorsa giudiziaria instituendovi una pendenza, trovo più opportuno consiglio umiliar l’emergente alla maturità di Vostre Eccellenze, ed invocarne gli autorevoli consigli.
Non (?) produrmi colla scorta del fatto, massime nelle attuali circostanze, all’invariabile equità degli eccellentissimi consigli di XL; ma dove urge il pubblico bisogno, che non admette ritardi, e dove incombe all’Eccellentissimo Senato, che concesse la grazia, l’esclusivo diritto d’interpretarla, io non posso, per legge di rispettosa riverenza, se non che impetrarne le sovrane deliberazioni, che servano di guida alla esatta mia rassegnazione, in un argomento troppo delicato per le odierne combinazioni, e che per i suoi effetti, facili a passar in esempio, può istigar l’insubordinazione suddita a nuovi indebiti tentativi. Grazie.
Zara 21 giugno 1796.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.

Nota: Arrivato il primo luglio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.