10 aprile 1617 Gerolamo Lippomano
Dispaccio del 20 giugno 1617
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe
Gionto ch’io fui a questo reggimento commesso dalla Serenità vostra al mio governo, e veduto il stato di questa fortezza, per essecutione di mio debito non mancai di rappresentarlo all’eccellentissimo signor generale et all’illustrissimo signor capitano di Zara, acciò col poco fosse reparato al molto dispendio che tardandosi all’accomodamento potrà havere la Serenità vostra. Niente di meno, doppo esser stato sin hora mantenuto in speranza, né potendone veder alcun effetto, non ho voluto restar di darne conto alla Serenità vostra, considerandole prima riverentemente che essendovi una corsia di tavole sopra la muraglia, la quale ogni tre anni si convien riffare perché marcisse dalle pioggie, dove che quella spesa andaria per una volta tanto in farla di pietra si fa continua. L’artegliaria che si attrova qui ha letti e ruode tutti marci e fracassati, che non sostenevano un solo tiro. Le polveri di questa monitione, per le pioggie che sono penetrate, sono ridotte tutte in fezza e affatto inutili, e Dio non voglia accadene valersene sarebbono infrutuose. Le scalle che vanno sopra la muraglia, per esser di legno sono già tutte cadute, che convengono li soldati salir di sopra con pericolo grande. L’allogiamenti de soldati e capitano tutti piovono e minacciano rovina. Le cisterne sono tre, e niuna mantiene l’acqua tanto necessaria per esse rotte. Tenendo la mia abitatione per il manco non dirò altro alla Serenità vostra, solo che ha la cucina sopra la monitione dalla polvere, qual monitione ha la porta nel corpo di guardia, dove l’invernata li soldati fano di continuo foro con manifesto pericolo, e per non infastidir le orecchie della Serenità vostra non le espongo molto più del mal stato nel quale si ritrova questa sua fortezza, alla custodia della quale attenderò sempre per dovuto obligo ch’io tengo di ben servire e acciò non resta alcun mancamento in me, ne ho voluto dar particolar conto alla Serenità vostra rimettendo il tutto poi alla volontà et comandamenti suoi, a quali obedientissimo ne darò sempre debita essecutione. Alla cui gratie et cetera.
Di Novegradi, allì 20 giugno 1617.
Gerolimo Lippomano provveditor.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.