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7 aprile 1617 - 22 luglio 1617 Alvise Zane, Marco Giustinian, Piero Quirini

Dispaccio del 16 maggio 1617

N. (senza numero)

Serenissimo prencipe
venne la mattina di 9 del corrente Milos Zuppanovich morlacco, principale a questi confini turcheschi, con più di 200 persone, et fra queste trenta a cavallo, nel territorio della Torretta di questa giurisditione, sotto pretesto di far certa pace tra alcuni di detto luoco da una parte et alcuni de suoi dall’altra, ch’erano nemici per accidenti successi tra loro l’anno passato. Ma non havendo Milos condotto il principale, senza il quale pretendeva che si concludesse, non parve a quelli della Torretta di voler condiscender ad un’atto che non li assicurava nell’avenire; onde Milos mostrando di restar disgustato, depredò et condusse via vinti un manzo, che si trovava in campagna a pascolar. Il che veduto da quelle povere genti, fecero dar fuoco alla codetta secondo il solito per chiamar l’aiuto delle ville circonvicine, come si costuma in simil casi. All’hora sei turchi della Vrana a cavallo, spiccatisi contra il guardiano di essa codetta, lo seguitorno per mal trattarlo, ma essendosi egli salvato, diedero poi la fugga a doi da Zaravecchia che s’imbatterono là al pascolo de suoi cavalli, contra li quali non havendo potuto disacerbarsi si voltorno contra uno della villa di San Filippo Giacomo, che essendo Zotto, et in piedi, fu arrivato presto, al quale uno di detti turchi sbarò, seben senza effetto, una arcobusata, et poi incalzandolo con una scimitarra nuda, pose il Zotto in necessità di sbararli una arcobusata, dalla quale il turco restò morto; che poi sopragiunti de nostri circa trenta o quaranta, li turchi andorno via. Questo fatto venutoci a notitia, scrivessimo subito alli aghé della Vrana, dolendosi che sotto finta di far paci private, venissero li loro sudditi in tanta quantità a perturbar il confine, et a far delle depredationi, ricercandoli però a farsi restituirli li manzi depredati, a castigar li perturbatori, et a proveder che nell’avenire non havessero a succeder simili disordini, aggravando il caso in quella maniera che ci parve conferir all’avvantaggio del negotio. Et mentre le nostre lettere erano in viaggio, ci capitorno altre lettere delli detti agà della Vrana, che ricercavano a far giustitia per la morte del turco predetto. A queste rispondessimo, riportandosi quanto al successo della depredatione al contenuto delle nostre prime, ma quanto all’homicidio (poiché era palese, né si poteva nasconder) si habbiamo fatto scudo con la necessità di diffesa in che fu ridotto il Zotto, et esser cosa naturale il diffenderse dalla forza con la forza, necessità per quanto intendemo conosciuta et confessata dalli turchi non interessati ad escusationi del Zotto, facendo instanza di nuovo della restitutione delli animali depredati, et a proveder che li suoi sudditi non venissero più ad eccitar tumulto, ma fossero ritenuti in offitio. Mandai subito io proveditore alla Torretta, trenta cavalli con un capitano prattico et prudente perché tenesse in freno le genti di quelle ville, assistesse a quella custodia, facesse ritirar le persone et animali lontani dal pericolo et provedesse a quello che fosse stato conveniente, et il medesimo ordine per ogni buon rispetto diedi anco alle altre ville di frontiera. Furno poi restituiti li manzi, eccetto uno ritenuto per certo preteso credito con uno di questi sudditi, del quale però procureremo la restitutione perché non introducano simili represaglie, et il farso ragione per se stessi, et con questa maniera di tante conseguenze, offerendoli nel resto di far buona et summaria giustitia, se haveranno legitima pretensione. Restava nondimeno in loro il spirito di vendetta, non acquietandosi alla ragione, poiché questa mattina hanno tre di essi da un’imboscata assaltato il medesimo guardiano della codetta mentre andava alla guardia, sbarandoli tre arcobusate, ma si salvò con la fugga, et immediate si sono scoperti ducento e più turchi dalla medesima imboscata che perseguitorno esso guardiano sino alla Torretta, dalla quale usciti li huomini del luoco per soccorrerlo, sono seguite delle arcobusate, ma però niuno è stato offeso. Si scoprirno nell’istesso tempo altri tanti turchi verso la villa di San Filippo Giacomo che s’affrontorno con un capitan di barca armata posto per presidio a quella villa, mentre andava a far la discoperta, co’ i quali sbaratesi alquante arcobusate si ritirorno una parte, et l’altra senza alcun danno, eccetto che li turchi tagliarno certe poche vigne. Per questo accidente, havendosi inteso che il sanzacco nuovo sia entrato al suo carico, ne habbiamo fatta indolenza con esso, così assentendo l’eccellentissimo signor generale arrivato qui di passaggio verso l’acque di Liesina, et vogliamo sperar che mediante la buona dispositione che l’eccellentissimo signor bailo ci scrisse trovarsi in lui per servitio delle cose di Vostra serenità, et mediante l’essersi discapricciati li detti turchi con queste operationi, et passati li primi impeti de loro puntigli, aggiuntami la necessità che hanno di pratticar in questa città per loro commercio, possano accommodarsi le differenze, al che attendemo con ogni spirito conoscendo che sia più necessaria la pace a questo che in qualunque altro tempo. In tanto io proveditore ho mandate nella costodia di quelle ville due compagnie di barca armata, levate per hora da altri posti manco necessarii et dato per sopracapo loro un capitan di cavallaria, persona a proposito con espressa commissione di tener le genti et animali lontani dal pericolo, et di star semplicemente su la diffesa se occorresse che li turchi innovassero altro, levando tutte le occasioni che possano irritarli. Io ho giudicato bene come sente anco l’eccellentissimo signor generale di non andarvi in persona con la cavallaria, per non dar tanto credito al negotio et per non mettermi in obligo di qualche cimento che portasse seco la mia presenza per publica dignità et riputatione, et se le cose non pigliano altro accrescimento, io continuarò in questa deliberatione massime vivendosi et buona amicitia con tutti li altri castelli turcheschi di questi confini. Gratie.

Di Zara, lì 16 maggio 1617.

Alvise Zane conte, Marco Giustinian capitano, Piero Quirini provveditore generale della cavalleria in Dalmazia.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.