8 aprile 1617 - 2 giugno 1618 Marco Giustinian
Dispaccio del 8 aprile 1617
N. (senza numero)
L’arivo nelle acque di Curzola delli bertoni di Spagna, che dalle Serenità vostra sarà stato inteso per lettere di questo reggimento et di altri rappresentanti, portando più da vicino quelle gelosie et sospetti che sono accompagnati dalla conditione de’tempi presenti, et che furno avisati da lei et dall’eccellentissimo signor generale per la debita custodia di questa fortezza, mi hanno fatto metter effettualmente in atto tutto quel più che si può, et che prima ero andato disponendo et preparando a questa requisitione onde stimo debito mio, oltre quanto ne scrivo giornalmente all’Eccellentissimo signor generale, darne riverente conto all’Eccellenze vostre illustrissime perché conoscano in che stato si trova, et possano aggiunger quel che di più che paresse loro conveniente per la publica sicurtà. Ho fatta guarnir tutta la fortezza d’artellaria, cavalcando la scavalcata et aggiungendone a quella che si trovava per l’ordinario, fatte nettar le cannoniere et fianchi, et assignati a suoi posti li bombardieri con altri ministri necessarii che vi assistono continuamente in tempo di notte, aggiuntavi la conveniente quantità di munitioni et apprestamenti, onde sopra questa muraglia appare formidabile corona di settanta pezzi d’artiglieria intiera. Sollecitudine usata per tutto, ma particolarmente sopra il forte più esposto a qualche insidia et che tien sollecito più d’ogn’altro luoco il pensiero di chi assiste a questa cura. Dalla parte di mare verso il canale, vi sono due porte sottoposte al pettardo, una delle quali essendo senza rastello per di fuori, ve lo feci piantar hieri, non bastando però per se stesso per assicurarsi da qualche pericolo, se non si capita a provisione più gagliarda, in tanto si supplisce con esquisita diligenza, et se mi parerà necessario, crederò di servir all’intentione dell’Eccellenze vostre illustrissime col farne otturar, et terrapienar una di esse, per allontanarsi quanto più ha possibile dal corer risico, come anco ho scritto all’eccellentissimo signor generale. Li 400 fanti della militia italiana di questo presidio, ridotta in assai buon stato per l’essercitio et disciplina in che la faccio tener opportunamente, et per la cura ch’io applico, acciò sia ben trattata da suoi capitani et offitiali, riesce al presente in quantità inferior al bisogno, massime mancandone sempre per morte et per malattia, et tenendosene vinti a Nona per ordinario. Sarebbe per adesso necessaria qualche aggiunta, et se li andamenti delli galioni de quali si sta sempre sull’aviso me lo persuaderanno, mi risolverò a descriver almeno cento di questi zappadori borghesani, più habili et più fedeli, per haverli a mano et pronti a qualche accidente che potesse sopravenire, meritando anco che s’habbia a consideratione il trovarsi tra il numero di questa fanteria quaranta tre sudditi di Spagna et trentasette sudditi austriaci, de quali se ben io non tengo alcuna ombra, facendoli però ocultamente osservar nondimeno col ripartirli nelle sopradette, col cavar a sorte le guardie, et con ogn’altra debita cautione, procuro di liberarmi da ogni sospetto. Ho diputate per questa giurisdittione guardie straordinarie che dall’ultimo confine di essa diano per la summità de’ monti, il giorno col fumo, et la notte con fiamma il segno delli vascelli che s’accostassero a questa volta, et nel castello di San Michele posto sopra un monte oltre questo canale, nella parte opposta alla città, et che fa lontanissima scoperta, mandarò chi serva, et per li segni et per la guardia, essendo dishabitato, et altre volte havendo servito alla uscochi per spiar da quella eminentia, onde ho stimato bene prevenir, potendo massime adesso esser occupato et per il sudetto et per altri fini. Et si ben ragionevolmente, rispetto alla strettezza del canal predetto et alla bassezza delle acque che in certi luochi angusti non admettono per Levante l’ingresso a vasselli d’estraordinaria portata, parerebbe che li galeoni spagnuoli non dovessero passar a questa volta, anco per non penetrar più a dentro, nondimeno potendo succeder che capitino in questa risolutione, o con la piena delle acque, o col far il viaggio per di fuori le isole di questa giurisditione, entrando da Ponente, et campeggiando queste acque in faccia della fortezza, perciò ho fatti disponer sopra la muraglia ne i siti più opportuni et eminenti quattordeci pezzi d’artiglieria grossa per tenerli lontani, et offenderli, né lasciarò che in conto alcuno per quanto comportaranno le forze et il spirito si manchi alla sicurtà et riparatione di questa principalissima fortezza, anco mediante il conseglio di questo signor generale et del capitan Cesare Malacreda ingegnero, l’uno sol’altro de’quali prestano ottimo servitio in queste occorrenze. Resta la custodia di Nona, luoco sottoposto ad ogni pericolo, alla quali si procurarà di dar qualche soccorso, et in tanto il clarissimo provveditor della cavallaria (dal quale sarà avisata più particolarmente) che con l’ordinaria sua vigilanza per consolar li sudditi frequenta la campagna, non manca di lasciarsi veder in quella parte, trattenendosi in Nona quanto più possa senza pregiudicio della diffesa et sicurtà delli altri luochi, che possono esser infestati da uscochi et altri che per quanto s’intende si trovano con li detti galioni, li quali col calor et protettione di essi potrebbono con tartane o altri vasselli minori facilmente applicarsi a danneggiar. A Novegradi ho dato conto di quanto fa bisogno, né tralasciarò d’insister nella provisione di tutte quelle cose che sono necessarie et proprie per la qualità dei sospetti et gelosie correnti. Gratie.
Di Zara 8 aprile 1617.
Marco Giustinian capitano.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.