29 maggio 1618 - 1618 Alvise Vallaresso
Dispaccio del 29 maggio 1618
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe
mi capitano hor’hora da Traù, inviatemi da quel signor conte, le aggiunte lettere dirette all’eccellentissimo Belegno, partito ultimamente da questo generalato. Et perché per quanto mi scrive esso signor conte, contengono materia importante di sollevationi seguite ne i popoli del sanzaccato di Clissa, che tenendo espulso il sanzacco vogliono in grosso numero calare a metter li confini a quella giurisditione, et a quella di Sebenico. Ho stimato bene in absenza di esso eccellentissimo Belegno inviarle alla Serenità vostra perché possa restar informata di tutti li particolari ad ogni buon effetto. Gratie.
Di Zara, lì 29 maggio 1618.
Alvise Vallaresso conte.
Allegati: lettera del conte di Traù al provveditore generale Belegno (n°1).
Allegato n°1
In lettere del conte di Zara de 29 maggio 1618.
Illustrissimo et eccellentissimo signor mio colendissimo.
Accennai con le ultime mie all’Eccellenza vostra illustrissima che non mi era riuscita la levata di gente con il signor sanzacco di Clissa, stante la sollevatione de suoi popoli che l’angustiavano molto, et se fine gli dissi ch’egli doveva calar presto alla mortificatione di questi, il che seguito speravo l’officio del publico desiderio da me molto efficacemente tentato, l’esito delle cose però è seguito contrario al buon volere, poiché li sollevati accresciuti di numero et di forze si sono fatti di sorte formidabili, che il povero signore non potendo resistarli per esser seguitato da pochi, ha havuto di gran di ritirarsi, et salvando la vita et il meglio delle facoltà, si è incaminato a Costantinopoli, che sarà reintegrato nel Stato per esser di sangue reale, et ben voluto. Questo successo riesce anco a me sinistro oltre modo, si perché resto privo di soggetto che tanto era affettuoso, et divoto alla Republica, non meno che buon vicino, et mi è mancata a fatto la speranza di sortire il servitio che si desiderava, come ancora perché resto avvisato che questi popoli sollevati stante l’antiche pretensioni che hanno sopra questa, et la giurisditione di Sebenico, siano per calare in grosso numero per mettervi li confini a lor modo, et se bene non potendomi immaginare con che fondamento o autorità voglia far questo […] quando sia vero che questa gente tomultuaria et sollevata tenga tal pensiero, temer di non potervi reparare con le mie deboli forze, poiché il numero di essi saria molto, la ferocità della lor barbarie che si trova già inasprita di haver scacciato il proprio signore grandissima, et l’ostaculo che da me li potesse esser fatto di poco o niun rilievo, ne ho dato avviso all’eccellentissimo capitan general massime che anco dal conte di Spalato sono avvertito del medesimo mi provedo di oviare per quanto mi concederà il poco mio potere che non sia pregiudicata la publica giurisditione, ne ho avvisato il conte di Sebenico perché si possa haver cura et nel medesimo tempo, ne do riverente conto all’Eccellenza vostra illustrissima perché ad’ogni buon fine ne sia avvertita, non restando intanto di far diligente et spedir più confidenti et spie segrete per scoprire li pensieri de turchi, che piaccia a Dio svaneschino, acciò per la banda onde si spera et si doveva haver agiuto non si riceva di disturbi, soggiongendo all’Eccellenza vostra che è gionto qua un chiaus di medesima stima spedito dalla Porta per ambasciatore al nostro Serenissimo per darli conto della elettione del nuovo imperatore et congratularsi con la Republica senza ordine di trattar altro. È accompagnato dal Barnaba Bruti dragomanno, et per li sospetti di parte et ordini […] datimi dall’eccellentissimo signor capitano generale li faccio fare un poco di contumacia, honorandoli però nel resto largamente et a detto eccellentissimo ho spedito perché li proveda le galere da condurlo a Venetia, non havendo che soggiungere a Vostra eccellenza le faccio humilissima riverentia.
In Traù, lì 21 maggio 1618.
Affetuosissimo et obligatissimo servitore Gabriel Morosini.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Dalmazia, b. 16.
Trascrizione di Marco Rampin.