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26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 13 agosto 1796

N. 38

Serenissimo Principe,
non fu inopportuno il consiglio, come rassegnai col divoto numero 36, di spedir il sergente maggiore Calergi a tesser l’acqua lungo le isole del Quarner colla pubblica galeotta e felucca.
La prudente destrità del graduato con avvedute disposizioni di forza militare precauzion la sicurezza della fiera di San Giacomo in Arbe, e divertì ogni sconcerto tra gli austriaci, e di veneti isolani; rassicurati questi dalla comparsa del pubblico legno; e richiamati quelli dall’esercizio di quei riguardi, che ha diritto di esigere l’ospitalità, e la buona vicinanza.
Nell’unita lettera il degno uffiziale individua le cause del reciproco mal umor di quelle popolazioni, la quali ad ogni modo per oggetti di vicendevole sussistenza hanno bisogno di un libero commercio nel concambio delle derrate.
In mezzo però alle perturbazioni che tengono in allarme i sudditi contro la violenza troppo frequente de’ cesarei, è grato il riscontro che l’estero comando, piuttosto chè favorire gli arbitrj, non cessi di reprimer invece con pronto castigo chiunque ardisca inquietar la sicurezza de’ veneti, semprecchè non vi si risparmino a tempo i convenienti reclami.
Non ho creduto necessario esigere una paruta soddisfazione da quel Governo, dacchè col mezzo del sergente maggiore Calergi conobbi la piccolezza dei torti sublimati dal risentimento de’ sudditi, ma qualora per parte de’ cesarei o si continui a perturbar la proprietà degli isolani, o si divenga a più aggravanti molestie, saprò con energiche rimostranze esigere un giusto compenso dall’estera uffizialità, con lusinghe di buon esito, che mi riprometto dalla notoria non equivoca sua onestà e fermezza.
Anche il fedelissimo Calavrò (oggidì da pochi giorni contumaci ante nel lazzaretto di Spalato) è riuscito utilmente nella sua spedizione a Traunik presso quel supremo comandante della Bossina.
Seppe la consumata capacità del ministro, a tenor delle dettagliate istruzioni, render convinto l’animo del Visir sull’inviolabil pubblica rettitudine, ed osservanza dei capitoli della pace vigente fra i due governi, giustificar le disposizioni praticate dentro il pubblico confine nell’impianto della linea di sanità; smentir i mal sognati usurpi del territorio ottomano; e colla base di carte autentiche comprovar la puntualità de’ sudditi coloni nella contribuzion esatta delle convenute dominicali ai turchi feudatarj.
Avvalorata ogni asserzione del dragomano da relativi pubblici documenti, ne ha commesso al suo Divan Effendi di trascriverli in esatto esemplare, onde recriminar le successive avarie, che per avventura la malizia ottomana potesse di nuovo calunniosamente riprodur a indebito gravame de’ sudditi confinanti.
Ho già reso divoto conto a Vostra Serenità, come il Pascià di Scutari accelerasse in addietro in riflessibile massa l’union della sua gente, onde piombar a danno del Montenegro; e come le temute mosse di quel sempre incommodo, ed infedel vicino avessero posto in orgasmo i popoli della superior Provincia, che temevano per la propria sicurezza, e che non esitavano di ripeter convenienti presidj a propria difesa dalla benemerita vigilanza dell’Illustrissimo Provveditor Estraordinario Soranzo.
L’annessa lettera del Vladicca dettaglia, che direttosi appunto il Pascià verso i monti superiori del Montenegro col numeroso suo seguito vi abbia riportata una decisiva sconfitta a segno che gli fu forza cercar la sua salute nella fuga, e ritiro alla residenza di Scutari.
Se questo infausto esperimento sia per rimoverlo da nuove aggressioni, e preparativi, sarebbe giustificata la comun fiducia, che per ora almeno quel suddito confinario riparto non possa temer ulteriori perturbazioni; ma se lo spirito di vendetta, e la rabbia della personal ignomia lo provoca a nuovi armi per vincere una nazione, che sdegnò sempre d’essergli subordinata; è facile a temersi, che la presente calma sia di breve durata, e quindi si rinnovino i motivi di angustiante trepidazione per la propria sicurezza in quella Provincia.
In qualunque evento ho ripetute a quel zelante cittadino le mie osservazioni, perchè i sudditi stiano in guardia di se medesimi dentro il pubblico confine, ne per qualunque pretesto azzardino di uscirne, e molto meno con intempestiva, ed (?) ingerenza nell’altrui gare di provocar l’indignazion vindicativa di Machmut contro la loro specialità, e con offesa del pubblico territoriale diritto.
Tenendo costantemente dietro alla galeotta diretta dal capitan Zorzetto in iscorta del pubblico feluccone, dopo sette giorni di viaggio ancorò contemporaneamente a queste rive nella sera del 7 corrente la brazzera rovignese Patrone Gasparini, avente al suo bordo sette individui francesi.
Nella mattina susseguente in via del tutto privata ricercarono di usar un ufficioso riguardo a questa carica, che ommettendo qualunque esterna onorificenza alla loro specialità credè conveniente non repulsarne l’offerta.
Uno si annunciò per l’ambasciator della nazion francese alla corte di Costantinopoli; dichiarò per general uno, e per colonnello l’altro de’ suoi seguaci. Dopo breve colloquio si licenziarono domandandomi scorte nel viaggio terrestre: limitandolo fino all’appostamento di Billebrigh mi parve necessario consiglio restringerlo a quattro soldati a cavallo.
All’appostamento appunto di Billebrigh sussiste il sergente maggiore Gustizza; troppo geloso quel posto per dove hanno ingresso le carovane, ed il mercato tra sudditi, e gli ottomani ogni giorno, io trovo per la gelosia della materia impossibile eseguir le Ducali 14 luglio decorso, che m’ingiungono di costì spedirlo cola sua compagnia; se l’eccellentissimo Senato non mi istruisca prima come debbo rimpiazzarne la troppo necessaria custodia.
Due compagnie oltramarine sono in Albania; due altre armano due galeotte, e sono in commissione: sicchè mi manca ogni rinforzo. Grazie.
Zara 13 agosto 1796.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.
Allegati 3 documenti (6 cc.) tra cui la relazione del sergente maggiore Zorzi Calergi del 25 luglio da Arbe.

Nota: Arrivato il 20 agosto.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.