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21 settembre 1644 - 20 febbraio 1646 Alvise Sagredo

Dispaccio del 9 giugno 1645

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
il publico agradimento per l’opperato da me sinhora in questa visita non serve che ad eccitamento per la continuatione in tutto ciò che stimerò vantagioso al servigio di Vostra Serenità, et al solievo di questi suditi. Fin qui ho rasegnata tutta la militia dell’ordinanze di questa provincia, et ho oservato non esser le leggi di Vostra Serenità esequite con la dovuta pontualità, mentre li Capitani non habiano dove sono obligati e li Officiali, la maggior parte Casalini, esercitano la carica senza requisito alcuno. Ho però proveduto in maniera che li Capitani si sono ritirati a’ loro posti, e rimessi Offitiali col merito del ben servito. Seben essendo ristretto il numero de’ meritevoli, in defficienza di questi bisogna per necesità sostituirne alcuni per modo di provisione, derivando ciò dal tenue recognosimento di ducati dieci a’ Capitani e cinque a’ Sergenti, la riscosione de’ quali viene anco prolungata con discapito de’ loro interessi; li soldati poi di queste Cernide sono poco agueriti, aplicati molto più all’aratro che all’armi, manegiano più volentieri il moscheto della picha, anci, essendomi convenuto sostituire, al mancamento de’ vechi impotenti, alcuni giovani sufficienti, questi a qualli è tocata la picha l’hanno ricevuta con incredibile avversione, e con le lagrime agl’ochi, come con altretanta protezza sono subintrati quelli a’ quali è toccato il moscheto. Il levagli però l’uso delle piche e rimetterli tutti al moscheto sarebbe forse di maggior vantaggio publico, mentre l’inesperienza nel manegiarle apportarebbe più tosto occasioni di confusione che di serviggio, tanto maggiormente che nel numero di tremilla e più soldati, divisi in queste cinque Compagnie, trecento e cinquanta solamente se n’atrovano, non so se applicati o implicati nel maneggio della picha; tuttigl’altri portano il moscheto eccetto ducento e setanta che s’atrovano disarmati. Circa poi l’armi, desiderando Vostra Serenità intendere se s’atrovano in essere e atte a prestar servicio, dirò riverentemente esser la maggior parte mal tenute, non ostante molte essaminationi fatte per il passato in tal proposito. Ho terminato però di far publicar nuova terminatione, accompagnata col timore della penna a quelli che capiteranno alle mostre con l’armi aruginite et inutili, qual servì a ravivar alla memoria il loro debito et a render non inutile l’uso dell’istesse armi; aggiungendo oservarsi in questa provincia, per antico costume, che l’armi che si rompono in publiche mostre o fationi sono risarcite dalle Communità alle quali l’ordinanze stesse sono sottoposte, ma quelle che o per capricio, o per ignoranza sono rotte da’ soldati fuori d’impiego publico, loro stessi sono sottoposti al danno, che è quanto mi resta portare a’ piedi di Vostra Serenità in questo proposito. Gratie etc.

Dignano, li 9 zugno 1645.

Alvise Sagredo, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 39.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.