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26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 16 settembre 1796

N. 43 (sovrascritto su 42)

Serenissimo Principe,
le dettagliate informazioni, che la mia esattezza ha precorse all’Eccellentissimo Bailo, somministrano alla sua virtù argomenti bastanti per ismentire il mal supposto usurpo del confin ottomano a carico de’ veneti, e per dissipar ogni apprension della Porta.
Lo stesso Visir della Bossina, quanto facile da prima in dar retta, e sublimar intempestivamente le altrui maligne imputazioni, altrettanto poi convinto di sua abusata credulità, tranquillizzò coi successivi leali rapporti il Bey Effendi, l quale fece significar all’Eccellentissimo Foscari, che non avea giammai dubitato delle rette pubbliche intenzioni.
Siccome però contemporaneamente ho prevenuta Sua Eccellenza sulle mosse del Pascià di Scutari, e sulle ripetute sue rimostranze pel rimborso del Costa Orefice, e di alcuni suoi mercanti delle piastre 15 mille, in addietro loro asportate dai Pastrovichi; così mi sembrano meritevoli de’ sovrani riflessi le non equivoche proteste, che mi derivarono sul proposito di quell’inquieto finittimo comandante.
Alieno egli di uniformarsi ai voleri del Sultano, all’osservanza de’ trattati, ed a quanto richiedono i riguardi di potenza amica; abituato pure all’esercizio di un assoluto dispotismo, o nel commettere con frequenza delle ostilità a danno degli altri circonvicini comandanti ottomani, spiegò già impunemente il vessillo della rivolta; ne imitarono l’esempio alcune altre importanti provincie, invano combattute da importanti forze, onde ridurle alla dovuta obbedienza del loro sovrano.
Non seppe quindi Bey Effendi aderir all’inchiesta dell’Eccellentissimo Bailo col rilascio di un ordine atto a possibilmente garantir dalle minacciate avversità quel suddito riparto; ma confessò la sua necessità di limitarsi dichiarare, che non avrebbe giammai prodotta querela, allor quando i veneti lo avessero a propria difesa respinto con mano armata.
Circoscritte appunto, come umiliai a sovrana notizia, alle riserve d’un egual consiglio furono le mie istruzioni all’Illustrissimo Provveditor Estraordinario, allora quando sugli avvisi della prima minacciata invasion di Machmut del Montenegro trepidai per la tranquillità di quella Provincia, e per la sicurezza di quelle suddite popolazioni.
Sconfitto seriamente dai Montenegrini, ed obbligato a fuggir col residuo della sua gente; questo importante avvenimento richiamò a confortanti lusinghe i sudditi di Vostra Serenità; ma replicati successivi avvisi del console di Durazzo, e dell’Illustrissimo Provveditor Estraordinario assicuravano, che la sfortunata riuscita delle sue armi nel primo attacco, piuttosto che disanimarlo nè suoi progetti, lo irrita viepiù alla vendetta, per cui rinforza il suo esercito, disegna improvvise irruzioni, avido di riparar le perdite della prima incursione col sangue de’ Montenegrini, e segretamente disposto a non restringer sovra essi le sue ambiziose idee di conquista.
In continuo esercizio di attività quel zelante cittadino, che non risparmia messi, travagli, e vigilanza per servir ai pubblici riguardi, e d alla quiete de’ sudditi ricaduti di nuovo nelle prime angustie, ha prudentemente trattenuta nell’acqua di quella Provincia la pubblica fregata Minerva, assentita senza esitanza dalla virtuosa condiscendenza dell’Eccellentissimo Provveditore Generale da Mar.
In deficienza di tutt’altra risorsa precauzionale, ho commesso, che nelle rispettive Comunità siano sempre pronti alle loro case gl’individui atti all’arme, onde poi a vicenda accorrer uniti, ove il bisogno lo esiga, nel solo caso che azzardasse penetrar nello stato, e violar i diritti territoriali.
Per l’uniforme osservanza degli esploratori, che mantiene Illustrissimo Soranzo in Antivari, Durazzo, e Scutari risulta mal intenzionato Machmut a danno de’ sudditi veneti, che con falso ed ingiurioso sospetto imputa di collusione coi Montenegrini.
L’espulsione dal pazzaro di Cattaro dei Gnegussani è si solenne, che smentisce le sue calunniose supposizioni: e la ormai definita pretesa del Costa Orefice reclamante il compenso della sua brazzera carica di grano nel porto di Budua già sei anni svalegiata da due comuni, e dai Pastrovichiani deve offrirgli una prova non equivoca, come la pubblica autorità veglia alla garantia del commercio, e dei sudditi turchi.
Autorizzato da Vostra Serenità colle ossequiate Ducali 6 Agosto alla definizione dei due troppo molesti affari con qualche pubblico esborso; disperando assolutamente di ridur almeno per ora gli atti di suddita acquiescenza i facinorosi, e refrattarij Pastrovichi, mi convenne dar corso ai più cauti maneggi, onde, senza che apparisca alcuna pubblica ingerenza liquidar la pretesa del Costa, che stancò abbastanza colla sua insistenza questa divota carica attendendo in Zara il risultato delle sovrane deliberazioni.
A mille cinquanta sei zecchini in oro fece egli ostinatamente ascendere le sue pretese: dopo più giorni di diverbio, mi è riuscito di concretarlo a trecento e quaranta in talleri; e quindi coll’annesso costituto annotato nell’officio della secretaria, dove apparentemente furono depositati da forense figura per parte e nome della comunità di Pastrovicchio, assicura il lievo da esso fatto del demaro, e la perfetta assoluta quietanza, senza ulteriori pretenzioni a peso de’ sudditi, che saranno in ogni tempo della sua specialità ovunque garantiti.
Con quell’impegno mi farò sollecito di esaurir l’ultimazione delle 15 mille piastre, tostochè la comparsa in quella piazza d’uno degli interessati mercanti esteri, che patirono lo spoglio, munito di legal procura, faciliti le aperture del Trattato, che in riflesso della pubblica economia, amerei suscettibile di modificazione nella summa.
Ho prevenuto intanto l’Illustrissimo Provveditor Estraordinario del fatto, onde non solo faccia in quella fiscal camara apposta debitrice la comunità di Pastrovicchio dei 340 zecchini, a pubblica cauzione, e successivo opportuno reintegro; ma perchè, nell’ipotesi di nuovi impulsi per parte di Machmut, possa francamente protestar l’inviolabile impegno dell’autorità pubblica negli usi effettivi di pronta giustizia.
Anche al console di Durazzo ho imposto di adoprarsi destramente, onde disinganni quei comandanti di qualunque sinistra impressione sul supposto appoggio de’ veneti ai popoli del Montenero.
Essi si resero nuovamente immeritevoli della grazia sovrana, che sotto le fissate condizioni li abilità al ripristino del pazzaro.
Col più odioso attentato di prepotenza, di perfidia discesero li 12 scaduto nelle tenute di Robrota, e nei borghi di Scagliari e Spiari; tagliarono gli ulivi, e gli alberi pieni ancora di frutta; distrussero le vigne con le uve pendenti; devastarono le campagne, rapirono 29 bovini, e 490 animali minuti, abdussero nella ritirata tre inermi ragazzi, lasciandone altrettanti feriti, perchè osarono opponere le loro grida inutili alla scelerata repressaglia.
Ho ordinato alla carica estraordinaria, che siano assolutamente esclusi dallo stato coll’uso della forza, se osassero deluder il divieto; e che siano proscritte dal mercato le stesse Femmine; avvertendo le comunità ad interromper qualunque commercio con quei violenti e proditori Monticoli; nè che discenda al minimo atto d’indulgenza, se prima non siano restituiti i fanciulli, gli animali, e compensati i danni inferiti dalla loro prepotente malignità ed insidia.
Questo ingrato avvenimento incita ad orgasmo quelle concitate popolazioni, che anelano vendetta contro l’enorme tradimento, e in pari tempo apprendono le mosse e gli armati preparativi del Pascià di Scutari.
Nol perde de’ vista la vigile costanza dell’Illustrissimo Soranzo, verso cui la generosa equità dell’Eccellentissimo Senato vorrà abilitarmi all’atto di approvazione di una polizza estraordinaria per la summa di (?) 2262 moneta legale, che la sua conosciuta integrità assoggettò a miei riflessi, e per la quale invoco il sovrano beneplacito a giusto compenso di quel benemerito cittadino.
Egli rende giustizia al governo de’ Ragusi, che in due successive occasioni testimoniò a visibili prove un leal impegno di amico riverente riguardo agli oggetti del Principato, di buona vicinanza, ed ospitalità.
Sotto la direzione del capitano Francesco Leopardi fu da costì spedita una partita di reclute a rinforzo del presidio di Corfù.
Lo spirito di rivolta invase quei facinorosi individui.
L’attivo uffiziale ne prevenne lo scoppio, si ridussero destramente in Ragusi, chiese rinforzo, l’ottenne, e quindi col fermo de’ rei principali messi in ferri soggezion quella concitata moltitudine, a cui incusse terrore la comparsa d’una armata felucca spedita da Cattaro, che non li ha perduti di vista, e dove con avveduto consiglio l’Illustrissimo Provveditor Estraordinario ne ordinò la divisione ripartendoli sul bordo della fregata Minerva.
A questo primo tratto di obbligante premura aggiunse il governo medesimo anche il secondo, allor quando utilmente si prestò per riuscire nell’ottenuta licenzi azione di un veneto bergantino, carico di merci per Trieste, fatto inseguir, e predare da un armator Francese appostato nel porto di Ragusi.
Non mi sono rifiutato di palesar con modi decenti a quei signori la più uffiziosa riconoscenza nell’impegno di retribuir parimenti a qualunque loro premura, fra le riserve circoscritte della mia facoltà, sempre subordinate alla Volontà dell’Eccellentissimo Senato.
Esauriti fin qui dalla doverosa mia dipendenza i rapporti della superior Provincia, umilio a pubblico lume quanto concerne l’inferiore.
I Turchi feudatarj ripristinati oggidì nei loro possessi, dopo l’eseguita demarcazion de’ confini austro-Ottomani, si palesarono determinati di non usar in seguito quell’indulgente facilità, che praticavano in addietro coi sudditi pastori; approfittando forse dell’esempio del cesareo capitan Rukavina, che, durante l’occupazion de’ que’ pascoli, costrinse i sudditi alle più indiscrete contribuzioni.
A questo articolo di personale interesse, troppo essenziale alla specialità de’ sudditi, che mancano di risorsa nello stato, aggiunsero i finittimi un altro punto di più serio rimarco, perchè relativo alla reciproca confinazione, che s’imputava violata dall’arbitrario usurpo de’ sudditi di Vostra Serenità.
Per questo doppio motivo dal capitano di Livno alla testa di un numeroso seguito di feudatarij fu stimolato il tenente colonnello Sinobad soprastante ai confini di Knin di affrettar la sua personal intervista al luogo determinato, onde possibilmente agevolar lo sviluppo definitivo delle promosse emergenze.
Sebbene recalcitranti da prima i feudatarij di declinar dalle loro (?) pretese con fermezza per più giorni sostenute; pure riuscì all’abile graduato vincer l’ostinata loro dissuasione, e mediante un lieve aggravio per quest’anno a peso de’ sudditi per ragion di [erbatico], ridur a discrete misure le domande de’ Turchi.
Sfuggì la sua destrità di ultimar sulla faccia del luogo la controversia confinaria; onde dalla pronta adesione non desumessero pretesto di compenso gli Ottomani.
Col confronto dell’Istrumento di pace stipulato dal commissario veneto turco l’anno 1721, l’odierno reclamo del capitano di Livno appoggia a tutta giustizia; ed è perciò che a scanso de’ ulteriori incagli ho commesso al soprastante di far in affettatamente retroceder i territoriali, che dilatavano le loro occupazioni nel terren ottomano.
Alcuni regali per la summa di zecchini 21: e (?) 28 moneta legale avvedutamente disposti dal tenente colonnello ai comandanti, avezzi ad esigerli, e sempre con utile pubblico, resero più docile al maneggio il loro spirito.
Sull’esempio dell’Eccellentissimo Marin, e coll’appoggio del Decreto 12 Marzo prossimo passato che ne approva l’esborso di 90 zecchini fatto al colonnello Zulati, e capitano Ponte ho bonificata la polizza, e ne confido l’autorizzazione sovrana a cautela del mio officio economico. Grazie.
Zara 16 settembre 1796.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.
2 allegati (4 cc.).

Nota: Arrivato il 24 settembre.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.