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20 gennaio 1645 Gerolamo Giusto

Dispaccio del 20 gennaio 1645


N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
il travaglio nel quale vedo la Patria per l’invasione ottomana ne’ Stati di Levante contro ogni dovere e ragione, mi dà occasione di dimostrargliene ogni più vivo sentimento, et applicare la mia debolezza al buon governo di questa città e territorio, che dalla Serenità Vostra m’è stato raccomandato, e di provedere a tutto quello che possi esser d’intiero servitio. L’intender anco che nelli confini della Dalmatia l’inimico faccia militari provisioni, e che li suoi fini non siano ad altro intenti ch’a’ nostri danni, così maggiormente rissolvo, come geloso Rappresentante, raccordar di nuovo il stato della piazza, e quello che possono l’Eccellenze Vostre sperare in evento, ch’il Signor Dio non lo permetta, che così fiero nemico s’inoltrasse in questi paesi. La città dunque è cinta da una ben sì alta, ma altretanto logorata, mura, che non vale se non per batteria da mano, e per esser fabricata all’antica, non ha terrapieno, per il che questi popoli, per loro sicurezza, poco se ne possono promettere. Nel mezo di detta città Vostra Serenità ordinò che fosse situata una fortezza che se fosse perfettionata, sarebbe al sicuro se non sicurezza di tutta questa provincia, almeno di questa parte, tanto gelosa per l’occorenti turbolenze, e mancante di tutto il terrapieno alla mura, senza cavalieri di terra per porvi l’artegliaria, sì che si rende impossibile il montare anco d’un pezzo solo. Gran parte della metà del parapetto gli manca, e della perfettione della porta principale, come in mie di 6 lugio passato, significai anco con haver trasmesso particolarmente il dissegno che l’Eccellenze Vostre lo potrano osservare. Sei soli pezzi d’artegliaria s’attrovano nella medema, quali riescono di niun servitio come in più volte ne portai l’aviso, non havendo letti, e questi sono povere reliquie d’un vassello del publico, che venendo di Candia naufragò in questi scogli, e questa è tutta l’artegliaria della quale è stata proveduta una piazza così importante. Alla difesa e guardia della quale non s’attrova ch’una sola compagnia di 50 fanti italiani sotto il comando del Capitanio Alberto Basso, soggetto di fede, e di valore per il lungo servitio prestato alla Serenità Vostra, anzi in prova di sua devotione s’esebì ad ogni publico commandamento di riempire la compagnia al numero di 100. Fra le monitioni di guerra vi sono 100 moschetti, corda da fuoco lire 1.000, piombo lire 4.400, e polvere barili otto, compresa l’ultima che dall’Eccellenze Vostre mi fu trasmessa provisione del tutto tenuissima. Circa poi a quella de’ viveri di publica ragione, dopo la construtione d’essa fortezza, non fu dato alcun ordine. Il Fontico della città haverà circa 1.200 stara di formento, ch’a punto serve per sussidio a questi habitanti, non havendo alcun obligo d’introdurne questi cittadini, resta perciò la città senza tal necessaria provigione. In questa giurisditione, discosto dalla città miglia 12, sopra un colle alto, v’è il castello di Memoran, che dimostra per esser stato di qualche consideratione ne’ tempi andati, in riguardo del sito particolarmente, in altre occorrenze esser riuscito di grandissimo profitto. Ho creduto per tanto di ben servire alla Serenità Vostra trasferirmi in quel luoco personalmente, dove lo rivedei diligentemente, et trovatolo posto di molte conseguenze, se bene anco le mura di questo sono in gran parte cadute, tuttavia ho eccitato quegl’habitanti a la restauratione di quelle et spereria di cavarne grandissimo frutto, quando la loro povertà non impedisca un’opra così necessaria, et tanto proficua. Sotto la prottetione di questo vi sono due ville, soggette a questa giurisditione, Marzana una, Carniza l’altra, che tutti tre luoghi fanno 1.500 anime in circa, che nell’occorrenze passate armarono il castello, et valorosamente scacciarono gl’Imperiali. Si stende questo territorio in 15 ville, e fatta da me esata descrittione dell’anime, così nella città come nelle medeme, ho trovato esserne al numero di 4.290, che dagl’anni 15 sino alli 60 la Serenità Vostra può valersi di 1.133, la maggior parte de’ quali voglio creder saranno atti al maneggio dell’armi, quando però gli fossero consegnate, anzi si metterebbero insieme qualche numero di cavalleria per scorrere la campagna in recorenze de’ sospetti. Delli soldati poi delle Cernide l’Eccellenze Vostre non possono da me haver alcuna notitia distinta per non essermi mai stati consegnati li rolli, et il Capitanio, che solito alloggiar soleva in questa città, al presente habita in Dignano, senza che dall’Illustrissimo Podestà e Capitanio di Capodistria gli venghi vietato. Non fu però da me comessa la revisione de’ soldati sotto la loro insegna, et gl’ho trovati senza armi gran parte di loro, e gl’ho fatti anco essercitare, e così come dimostrano di buona riuscita, così con l’essercitio continuato si renderebbero d’ottimo servitio, come mi persuado seguirà, quando la Serenità Vostra si compiacesse ordinare che la missione de’ rolli et la ressidenza del Capitanio fosse in questa città, havendosi in questa maniera più pronto il modo di renderli maggiormente disciplinati, et ammaestrati. Il che non può succedere dall’Illustrissimo Podestà et Capitanio di Capodistria, ch’occupato in continuati affari di maggior importanza non può rivederli, et essercitarli, che una sol volta nel corso di tutto il suo Reggimento. Queste tutte cose significate all’alto sapere dell’Eccellenze Vostre, ho voluto portarle in riguardo del mio debito, e pronto sempre mai di sacrificare col sangue la vita per servitio di questa Serenissima Patria.

Pola, li 20 genaro 1645.

Gerolamo Zusto, Conte e Proveditor.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 39.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.