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28 febbraio 1646 Marco Antonio Grimani

Dispaccio del 8 novembre 1646

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
intesasi dalla Serenità Vostra la spesa necessaria al ristauro delli trenta passa di mura cadute di questa città, et altrettanti cadenti, con quel di più che fabricandosi il baloardo v’andarebbe, e l’esibitione di questi sudditi di contribuir due mille giornate d’operarii quando si risolveva la fortificatione del baloardo, tanto da loro desiderato, per renderli consolati e contenti in tutto quello che ridondar potesse a loro sicurezza e diffesa, mi diede cotesto Eccellentissimo Senato facoltà in ducali di 28 luglio passato di dar principio all’opera, quando dall’ingegner Mesnier, che si ritrovava a Pola, riveduta sopra il luogo la divisata fortificatione, la riconoscesse valevole a resistere, e ben diffendere quella parte senza bisogno d’altri lavori, e spesa maggiore della rappresentata di ducatti tre mille settantacinque; contentandosi la Serenità Vostra che s’impiegasse il danaro di ragione del volontario donativo, offerto da questa città, deliberando insieme di sovvenir l’opera medesima con ducatti mille correnti di ragion publica; ma se con i riguardi e con le considerationi al sito, et a quel di più che havesse potuto osservar pur sopra il luoco il detto ingegniere, si fossero trovati contrarii alla construttione del solo baloardo, e vi si richiedesse fortificatione e dispendio maggiore, in quel caso, che io dovessi far tirar su la muraglia, accomodar i fori e l’imperfettioni d’essa, al qual effetto sarebbe inviato un perito dal Magistrato alle Fortezze che sopraintendesse, e ben s’incaminasse l’opera stessa. Attrovandosi il sudetto ingegnier Mesnier obligato d’interrotta assistenza alla fabrica della fortezza sopra il scoglio di Pola, passati buoni giorni, fu inviato in suo luogo l’ingegnier Santo Colomba, soggetto non inferiore e di condittioni riguardevole. Questi, veduto e ben osservato il posto, intesa la mente publica, espresse in scrittura l’opinione sua, essere cosa sicura che il baloardo diffenderà quella parte, e che la spesa non eccederà la proposta, mentre la natura del luogo palludoso non ricercasse le fondamente più profonde del solito, non potendosi di ciò assicurare che coll’atto prattico dell’opera; havendo perciò qualche dubio, che le due mille giornate d’operarii essibite dalla città non fossero sufficienti, la medesima bramosa inesplicabilmente in tutti i modi che si faccia il baloardo, con nuova riduttione del Consiglio fece essibitione di quante opere per l’effetto sudetto saranno necessarie. Ciò rappresentai all’Eccellenze Vostre con mie humilissime di 20 settembre decorso, con la scrittura del sudetto ingegnier, per attender i suoi comandi di dar principio al lavoro. Non essendomi pervenuta risolutione alcuna, essercitando io la zelantissima applicatione mia nel publico servitio, devo portar le considerationi che seguono al sapientissimo riflesso dell’Eccellenze Vostre. Si tratta che la città è aperta nella parte da terra, frustatoria essendo la diligenza del serar le porte, in amplissima libertà d’ogn’uno l’introdur, e l’estraher contrabandi, con pregiuditio de’ datii della Serenità Vostra e contra il publico decoro, che città confinante, e ne’ tempi presenti anco di vicinanza all’armi nemiche, stia nuda e spalancata, inhabile ad alcuna resistenza.
La Communità, che ha offerto cento ducatti al mese durante bello, dalla Serenità Vostra destinati, come di sopra, per l’opera sudetta, è danaro che col mezo di tasse deve cavarsi dalle povere sostanze de’ particolari. Premendo io continuamente per l’esborso, sendo maturati fin’hora ducatti mille cinquecento, né contata parte alcuna, quando si facia l’opera del baloardo, desiderato incredibilmente da tutt’i cittadini, concorreranno prontamente all’esborso col superare l’impossibile delle proprie miserie, che in caso diverso difficilmente sarà riscosso, per esser anco hormai ingrossato, e tuttavia ingrossandosi, il debito; onde chiaro si comprende che non è servitio il differire la publica risolutione della fortificatione, né de’ sudditi stessi, che colla dilatione maggiormente s’aggravano e rendono impotenti, né della Serenità Vostra, che, fattosi rilevante il debito, non potrà riscuoterlo.
Sento che diversi cittadini vanno pensando nell’insicurezza della città, non vedendo a por mano all’opera sudetta, di trasportar altrove le famiglie loro.
Fu supplicata la Serenità Vostra con espresso Ambasciatore della città a’ suoi piedi per qualche riparo. Spedì qui il signor Cavalier Gori a riconoscer li bisogni, e sopra le relationi portateli non istimò per all’hora di por mano; ma con l’occasione che io le significai la caduta delle mura in luogo a punto ove si desiderava qualche fortificatione, in ducati di 13 luglio decorso, risolse la Serenità Vostra non commettermi lo ristauro, se prima non riceveva informatione, con qual spesa si potesse aggiongere qualche riparo a sicurezza maggiore, e questa benigna sua inchinatione fu sentita dalla città con inesplicabile contento. Rappresentai poi ch’era stato sempre desiderio de’ cittadini di far ivi un baloardo, inviandoli li calcoli distinti, che a reffar le mura cadute e cadenti, et otturar alcuni fori in esse, ascender la spesa a’ ducatti doi mille trecento quattro, et aggiongendovi il baloardo, accrescer solo ducatti sette cento settanta uno, che in tutto sono ducati tre mille settanta cinque, onde la Serenità Vostra risolse di far la fortificatione per consolatione de’ sudditi e sicurezza della città, come nelle sudette ducali 28 luglio, con la condittione che dall’ingegnier sopra il luogo fosse riveduta, e trovata valevole senza maggior spesa, che s’effettuasse; che però rimetto inserta in copia la scrittura sudetta dell’ingegnier Santa Colomba, che afferma che il baloardo ben diffenderà quella parte, la cui opinione sola rittardava a por mano al lavoro; e se bene la staggione disavantaggiosa all’operare si è avanzata, si potrà intanto andar preparando le materie; tagliar li legnami necessarii per le fondamenta del baloardo ne’ boschi più vicini, compiacendosi la Serenità Vostra di concederne la licenza; riscuotere il danaro offerto hora, che sarà la raccolta dell’oglio, ch’è la maggior rendita di questo sterilissimo paese, e poi con primo tempo dar principio all’opera.
L’Eccellenze Vostre ben vedono la necessità inevitabile di radricciar le mura; il consolare questi fedelissimi sudditi con la sola spesa di più di settecento settanta uno, col fare la fortificatione tanto da loro desiderata, e sospirato sarà anco da parte propria del publico paterno affetto verso i sudditi stessi, che in caso diverso resteranno estremamente sconsolati, ed alcuni di loro, che hanno famiglia e qualche commodo, come ho detto, trasporteranno altrove le loro case, e la città di numero ristrettissimo d’habitanti, capo della provincia, che in evvento d’incursioni, fatta la fortificatione sudetta, sarà scampo e riffuggio di quasi tutta la provintia stessa, rimanerà affatto derelitta e desolata. Tanto porto colla debolezza mia per il zelo che ho del servitio della Serenità Vostra, la cui infallibile sapienza m’assicura che non ritarderà a dar gl’ordini necessarii, mentre io essequirò i suoi comandamenti con somma pontualità et applicatione, e con quel candore che ho sempre proprio de’ miei antenati, non havendo tralasciato in tanto d’accertare e promettere a questi fedelissimi la publica benignità ed indefficiente protettione. Gratie etc.

Capo d’Istria, a’ 8 novembre 1646.

Marc’Antonio Grimani, Podestà e Capitanio.

Allegato: relazione dell’ingegnere Pietro di Santa Colomba sullo stato delle mura di Capodistria (1 c.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 40.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.