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26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 5 novembre 1796

N. 50

Serenissimo Principe,
il veneto console in Algeri sotto li 16 scaduto ottobre con lettera per espresso spedita notiziò il cancelliere incaricato in Tunisi, che il Bej appunto di Algeri aveva intimata guerra alla Repubblica, senza alcun immaginabile motivo, e che perciò eccitava i sudditi capitanj, ch’erano ancorati in quella rada coi loro bastimenti di mettersi in salvo contro le ostili inevitabili aggressioni.
L’improvviso contrattempo suscitò infatti l’orgasmo de’ sudditi naviganti a quella parte; e col mezzo di quel cancelliere sollecitarono il Pascià di Tunisi a dichiarare, se i loro legni, mercanzie, e persone potevano colà considerarsi sicure all’ombra della buona fede, della pace vigente con quel cantone.
Determinato il Bej di Tunisi di non comprometter se stesso con quello di Algeri, riuscirono poco soddisfacenti le sue risposte, e il veneto ministro si lusingava soltanto di ottener garanzia per le merci e gli equipaggi in terra; ma che nè per i legni, nè per la sicurezza del commercio non azzardava di esigere alcuna malleveria per parte di quel comandante.
Dietro questa protesta non esitò la maggior parte di que’ sudditi capitanj, abbandonando ogni rapporto commerciale colà, di provvedere alla propria, e comun sicurezza scostandosi da quelle rade e mari pericolosi.
Dessumo per dettaglio tali notizie dalla lettera, ed ordine del vice console veneto in Tunisi ai sudditi capitanj, affinchè partendo in convoglio assicurassero meglio dalla temuta rappresaglia la comun sicurezza; dalla relazione fatta nella veneta consolar cancelleria in Messina dai capitanj medesimi; e dal costituto deposto nell’officio di sanità in Meln, isola della Brazza, dal capitano Nicolò Nicolovich, partito infatti da Tunisi li 17 scaduto ottobre, e diretto per Spalato, onde scontar in quel pubblico lazzaretto la competente contumacia.
Sollecitatami questa notizia col ricapito in oggi delle relative autentiche carte, che la comprovano, dalla diligenza del nobil huomo Marc’Antonio Contarini conte della Brazza, io senza frappor indugio non lascio di affrettarne il dovuto riscontro alla maturità dell’Eccellentissimo Senato per l’uso di quei consigli, che la somma sua sapienza credesse adattati alla seria emergenza, che interessa i suoi eminenti riguardi, e le convenienze della suddita navigazione, e commercio.
L’influenza contagiosa di Recizze, per quanto spetta a quella limitrofa, ma popolata villa, non è uscita fuori dalle prime quattro villiche case colpite; e vi perirono venti individui, presso che tutti nel terzo dì del loro decubito: tanta è la violenza del miasma venefico.
All’interinali precauzioni frapposte dall’instancabile, e benemerita attività del nobil huomo Vincenzo Bembo per arrestarne i progressi, non ho lasciato io pure di aggiungere, a fronte di mie ristrettezze, tutti quei maggiori presidj, che mi è permesso di metter in opera: ma contro l’insidioso morbo, che delude l’umana antivedenza; che suol palesarsi sempre con segni equivoci e palliativi; massime presso il rozzo morlacco restio alle riserve di una salutar apprensione, necessitato a ritraer la sua sussistenza dalla Turchia, ed esposto ai pericoli di una vasta, ed incustodita confinazione, spesso ogni ben combinato sistema non basta a cogliere un esito corrispondente ai voti comuni.
Anche nella con terminante Villa di Prolosaz e nella sua adiacente contrada di Bupagne sviluppò d’improvviso in due case il contagio, e vi perirono quattro individui, ed ho ragion di dubitare, che altri infelici nelle case medesime subiranno lo stesso sgraziato destino.
L’utile previdenza di quel benemerito cittadino, ch’io per giustizia ricordo alla generosa equità dell’Eccellentissimo Senato, prevenne il primo scoppio, segregando le tre famiglie, delle quali avea sospettata una qualche commescolanza coll’altre già perite in Recizza nel contemporaneo loro passaggio in Turchia.
Forse questa opportuna segregazione può confluire, che il morbo non si dilati. Io intanto suffragandolo di quei sussidj, che dipendono dalle mie facoltà, e somministrano queste munizioni rinnovo all’ingegno di lui zelo gli ostacoli della possibile comun sicurezza; e mi sono determinato di rinforzar il presidio di quella frontiera colla spedizion della compagnia Pietro Guidi, dirigendovi altresì i due tenenti Barbieri, e Nardi, che con onore, utilità, e fermezza ben servirono in parità di circostanze scorso alla linea di sanità in separati dipartimenti.
La sovrana sapienza ben discerne, che crescendo le necessità delle interne custodie quando è d’uopo divide le ville infette dalle adjacenti, diminuisce in pari tempo la forza attiva, che non può più servire alla tutela comune, perchè costituita in qualità di sospetta, e quindi sottoposta a riserva.
Coartato anche per questo motivo il mio spirito: e pressato dalle urgenti rimostranze, dei rispettivi capi craina, perchè li abilitassi a dettagliar a questo servizio anche le famiglie dei Subassì della decima, io ho creduto, sebben mio mal grado, ma astretto dall’urgenza del bisogno, di obbligarnele a quest’estraordinaria fazione, rispettando però la sola specialità del Subassì.
Ho prevenuto con ciò la volontà dell’Eccellentissimo Senato, che colle Sovrane Ducali 6 decorso agosto erasi riservato sul proposito di tali figure la volontà dell’Eccellentissimo Senato, che colle Sovrane Ducali 6 decorso agosto erasi riservato sul proposito di tali figure di spiegarmi i suoi comandi; ma la necessità attuale non soffre ritardi; e se non mi si condoni l’arbitrio saprà compensarlo con pari ossequiante deferenza, qualora mi giungano le relative sovrane deliberazioni.
Ristretti costì nella direzion delle craine i naturali capi dei territorj della Provincia, ben provveduti della pubblica clemenza, le figure rispettivamente sostituite all’interinal esercizio delle altrui mansioni reclamano il consueto stipendio. Alla giusta istanza io non so resistere; tale la troverà pure anche Vostra Serenità, giacchè chi ben serve ha diritto di esigere la paga annessa all’impiego che funge. Grazie.
Zara 5 novembre 1796.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.
6 allegati (16 cc.).

Nota: Arrivato il 17 novembre.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.



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