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28 febbraio 1646 Marco Antonio Grimani

Dispaccio del 29 novembre 1646

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
nella villa di Popecchio di questa giurisdittione li 28 ottobre passato fu ferito fra’ Nicolò Francich, sacerdotte de’ Minori Conventuali di San Francesco, da Miclau Pizolin di detta villa, per causa di certa pretesa d’un animale; e, formatone processo, citato di mio ordine ad informar la giustizia, il sudetto Miclau, introdotto nel suo constituto non poter esser per tal fatto da due bande castigato, portando esser stato formato processo con essame di testimonii nella stessa villa di Popecchio, giurisditione della Serenità Vostra, per l’offitio episcopale di Trieste, et esserle stato intimato mandato per ordine di quel Monsignore Eccellentissimo Vescovo, il qual mandato si vede fatto sotto il nome di pre’ Michel Partano, Piovano di Lonche, di questo distretto, et anco della sudetta villa di Podpecchio, e sottoscritto dal medesimo Piovano, diretto parimente contra Mattio Pozolin, che in pena dell’ingresso della chiesa e di fiorini cinque, debbano comparer nel termine di giorni sei in Trieste avanti l’offitio episcopale, senza aspettar che si procedi con maggior rigore e come nel sudetto mandato, copia del quale sarà qui inserta. Io, non havendo di ciò prima havuta notitia alcuna, sicome ho prohibito alli sudetti Miclau e Mattio di non obedire al predetto mandato, così ho voluto ben informarmi del fatto con l’essame de’ testimonii medesimi, essaminati dal ministro del monsignor Vescovo predetto di Trieste, li quali depongono che, sendo stato dal Piovano impedito l’ingresso della chiesa alli predetti Miclau e Mattio, per causa che fossero incorsi in scomunica per haver offeso il fratte, andati dal predetto monsignor Vescovo per farsi assolvere, habbia mandato poi nella loro villa il figlio del suo Cancellier, al quale non sanno il nome, che, chiamatili ad uno ad uno in chiesa, imponendole pena della scomunica, e che li haverebbe fatti andar a Trieste per forza quando non havessero obedito, li habbia sopra l’altare essaminati nel proposito dell’offese del predetto fratte, dicendo alcuni di loro che stimavano che havesse licenza di Capo d’Istria d’essaminare. Il nome del figlio del sudetto Cancelliere non si ha potuto liquidare; vedendosi però così sottoscritto il mandato: Ioannes Paradisius, Coadiutor Cancellariae Episcopalis, che si suppone sia quello che ha formato il processo. Questi atti sono stati essercitati da Giudice Ecclesiastico essistente in Stato alieno contra li sudditi della Serenità Vostra, che per l’evento commesso, se ben in offesa di persona religiosa, non devono render conto, né esser corretti in quanto al foro temporale che dal Prencipe suo naturale, e tutto che sottoposti in spirituale al predetto monsignor Vescovo, non era però lecito a’ suoi ministri con detti essami turbare la giurisditione della Serenità Vostra, che con tali atti di dominio, molestando i suoi sudditi, resta gravemente offesa e violata; ed il Piovano, pur suddito, che ha fatto intimar il mandato predetto è degno della dovuta correttione. Essercitando però io la propria vigilanza nel custodire il publico decoro, e le ragioni della Serenità Vostra in materia tanto gelosa, le rappresento lo stato dell’affare, per quelle risolutioni che procureranno alla somma sua sapienza. Gratie etc.

Capo d’Istria, a’ 29 novembre 1646.

Marc’Antonio Grimani, Podestà e Capitanio.

Allegato: ordine del pievano Daniel Partano, del 9 novembre 1646 (1 c.); relazione sui fatti avvenuti (1 c.).

Nota: di questo dispaccio esiste, nella stessa filza, una copia esatta.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 40.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.