28 febbraio 1646 Marco Antonio Grimani
Dispaccio del 10 dicembre 1646
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
nel Conseglio di questa città v’entrano in gran parte persone ridotte in miseria, se bene hanno l’ordine civile, che non si sostentano, se non con le sue fatiche, e parte con gl’emolumenti d’alcuni officii che la Communità loro dispensa. Per sodisfare le publiche gravezze vengono gettate le tasse non sovra le persone, ma sopra gl’haveri. Il prevalere però poco li voti con che è stata abbracciata la parte d’aggregar nuove case al proprio Conseglio, a quelli con che s’esclude, trasmessa alla Serenità Vostra, per l’approvatione; deriva, per quanto posso sottrahere, e col mio debole senso comprendere, che le persone mecaniche hanno in esser (?) quelli che honorevolmente sostentano la civiltà, e che loro prevagliano; e siano le gravezze, o poche, o assai, non si curano, poiché non havendo beni non soggiaciono; e li altri in riguardo de gl’utili che cavano da gl’officii, dubitano che, accrescendosi il numero de’ cittadini, vengano loro a diminuirsi li trattenimenti, né le tocchino così di frequente. Principal causa però della strettezza de’ voti e stato, che nella consulta prima di portar la parte in Conseglio, fu gran disparere sopra il compensar con livelli li ducatti mile, ché molti volevano il dinaro effettivo; tuttavia la permissione de’ livelli risulterà molto proficua all’intentione della Communità, poiché, sendo colma di debiti, con tale aggevolezza sarà maggiore il numero de’ concorrenti, onde riceverà gran respiro e sollievo; venendomi affermation da persone di fede degne, che, approbando la detta parte la Serenità Vostra, immediate vi sii chi anco col subito effettivo esborso dei ducati mille desidera esserne admesso. Il numero maggiore de’ voti per il quale la parte resta presa è di quelli che soccombono alle gravezze, il cui fine sendo di diminuire i loro aggravii, saranno sempre a favore di quelli che chiederanno l’admissione al Conseglio, e la cittadinanza, essendo la medesima parte dall’universale della città molto ben sentita ed il suo effetto sommamente bramato; che però l’interporle il supremo decreto della Serenità Vostra rimesso rimane alla somma sua sapienza; portandole io, obedendo a’ suoi comandamenti, quanto dalla debolezza mia può provenire. Gratie etc.
Capo d’Istria, a’ x decembre 1646.
Marc’Antonio Grimani, Podestà e Capitanio.
Allegato: verbale della riunione del consiglio di Capodistria del 9 settembre 1646 (1 c.).
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 40.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.