28 febbraio 1646 Marco Antonio Grimani
Dispaccio del 14 gennaio 1647
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
essercitando le parti nostre del zelo della giustitia dovemo rappresentar alla Serenità Vostra quegl’ostacoli che vengono frapposti alla mente publica, con oppressione de’ sudditi di questa provintia, per sollievo della quale ha la Serenità Vostra, col Serenissimo Maggior Consiglio, erretto questo Magistrato di Podestà e Capitanio et Consiglieri, Giudici d’appellatione di tutti li atti e sentenze, civili e criminali, di tutti li Rettori dell’Istria, niun eccettuato, e con quest’auttorità, che amplamente è espressa nelle parti dello stesso Serenissimo Maggior Consiglio 5 agosto 1584 et 18 maggio 1636, la qual auttorità è stata sempre, e viene, essercitata con sommo beneffitio e consolatione de’ fedelissimi sudditi.
Una povera donna di Dignano, per nome Domenega Turriana, fatta retenire da quell’Illustrissimo signor Podestà sotto li 12 decembre passato, fece levar lettere d’appellatione dal nostro officio della retentione col ricercar le copie degl’atti e processo formato. Si è compiaciuto detto signor Podestà rispondere che quando l’haverà espedita sarà pronto a mandar le copie. A’ 30 decembre sudetto le habbiamo scritto che, vedute le sue lettere, essendo tutti li suoi atti appellabili, debba essequir dette nostre d’appellatione, inponendole pena di ducati cinquecento, applicate all’Arsenale, e citandolo per giorni otto doppo a vedersi dichiarir in corso nella pena, e mandar debitore a’ palazzo, stimando con questo mezo, ben spesso essercitato, come da molti essempi, da’ nostri precessori, di ridurlo ad essequir dette nostre lettere d’appellatione, ma riporta il ministro espeditovi haver lasciate le lettere al Coadiutore di Cancelleria, per esser vinti e più giorni che detto signor Podestà s’attrova assente dalla terra, che conferma ciò che li rechiami di molti di quei sudditi, che non posson ricevere gl’atti di giustitia, v’havevano portato detta assenza di esso signor Podestà.
Per inobedienza, commesse a’ spazzi di questo Magistrato da Francesco Torre di Dignano, deliberassimo di citarlo ad informar la giustitia, e trasmesso il mandato per l’intimatione a detto signor Podestà, fu necessario replicarli altre lettere con pena per l’essecutione, iscusandosi poi di non haver essequito per non esser stato alcuno a levar le risposte, e pagar la Cancelleria, quasi che gl’ordini puri della giustitia fossero ad instanza della parte.
Molti strussii e dispendii ha sostenuto detta povera donna, che per molte sentenze in assenza, et udite le parti a suo favore pronontiate da questo Magistrato, non ha potuto haver l’essecutione, havendo non occasione di credere, come ne i riccorsi per lei fatti v’è stato esposto, che per sdegno di molteplici nostre lettere d’essecutione presentate da essa a detto signor Podestà, l’habbia fatta poner prigione.
In occasione simile commise cotesto Eccellentissimo Senato in ducali di primo decembre 1618 a’ successori ancora, d’essercitare vivamente l’auttorità a questo Magistrato concessa, facendo ogn’opera per sollevar questi popoli e per renderli nelle cose ragionevoli contenti e consolati, comandando appresso che in evvento di esborsioni o altre cose rilevanti, commesse da questi rettori, dovessimo o devenir alla formatione del processo, o pure scriverne a gl’eccellentissimi Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci, acciò ne sia fatto il proprio rifflesso.
Per diffetto d’essi Rettori si è costumato spedire un consigliere acciò li sudditi ricevano giustitia, ma non sapendo la causa dell’assenza di detto signor Podestà, non habbiamo stimato di seguir hora il pratticato.
Dovendo dir alla Serenità Vostra io, Podestà e Capitanio, non haver da detto signor Podestà di Dignano che poca corrispondenza nel servitio publico de gl’huomini da remo, che sendo di tre diffettiva detta terra della compartita dei Cento, de’ quali fu obligata questa provintia, i miei molteplici eccitamenti non riportano alcun frutto.
Habbiamo però voluto darne riverentissima parte all’Eccellenze Vostre, acciò prendino le risolutioni più proprie al sollievo e sodisfattione de’ sudditi, per i dritti della giustitia e per il publico servitio, con quelle commissioni più conferenti che pareranno all’infallibile sapienza della Serenità Vostra. Gratie.
Capo d’Istria, a’ 14 gennaro 1647.
Il Podestà e Capitanio, et Conseglio.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 40.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.