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28 febbraio 1646 Marco Antonio Grimani

Dispaccio del 24 gennaio 1647

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
il zelo del publico servitio, ed il riguardo del bene particolare de’ sudditi, m’eccita a rappresentar’affare, per gl’eccedenti conseguenze e sue circostanze, ben degno della notita dell’Eccellenze Vostre, supplicandole a non riguardare al tedioso racconto, ma alla pura verità, da me portata con quel candore ed integrità che proffesso inalterabile e propria del Rappresentante, che sono della Serenità Vostra.
Il mese di novembre passato, attrovandosi qui l’Eccellentissimo signor Michel Priuli, mio cognato, mi portai doppo pranso suo per diporto privatamente fino ad Isola, ove capitato, presentite doglianze di quel popolo, che non vi era il denaro che esser doveva nel scrigno del Fontico, che vi era poca farina e formento; da ciò mosso, essercitando la propria mia incombenza, col mezo di Ministro di quell’Illustrissimo signor Podestà, feci bollare il sudetto scrigno, e volendo far vedere se vi erano li danari, mandato a levare da detto signor Podestà una delle chiavi, tenendone l’altra il Proveditore del Fontico, in casa del quale sta il scrigno, fu risposto, che ancor quella s’attrovava appresso del Proveditore, per non esser danaro nel scrigno, il quale poi aperto non fu trovato se non lire 100, formento nel Fontico stara 24, q.te 1, farina stara 34, q.te 1, e di tutto fattane nota da Ragionato da me eletto, che a caso ivi s’attrovava, passata poi qualche hora mi fu fatto vedere dal Fonticaro alla propria casa bona summa di danaro in oro et argento, dicendo esser quello del Fontico, che non mi parve d’ammetterlo, poiché doveva essere nello scrigno publico, e non in privata casa, riconoscendosi ch’era danaro di conserva, e non tratto di ragion di vendite di farine, che, vendendosi la maggior parte a’ miserabili persone in poca quantità, non possono contare né cechini, né scudi, come erano quelli. Fatti consegnare li libri del maneggio, e ritornati in Capo d’Istria, volendo di mio ordine farne il Ragionato la revisione, trovo che dal mese di giugno fin all’hora, ch’erano quattro mesi e più tempo, non era stata posta in libro la scrittura; onde convene, con mandato al Cancelliere di Commun, a cui ciò incombe, far registre li conti, il che fatto il Ragionato trovò liquido debitore il Fonticaro, colla sua presenza et assistenza, di lire quattro mille cinque cento settanta, lire 10, e per spese minute, fatte senza alcun ordine né mandato, contra la terminatione dell’Eccellentissimo signor Francesco Priuli, Proveditor et Inquisitor in questa provincia, di 6 gennaro 1613, confirmata dall’Eccellentissimo Senato, et osservata in tutta la provincia, né contato di sabbato in sabbato il danaro che haveva cavato dalle vendite di farine nel scrigno, come per detta terminatione ora obligato. Non stimai di lasciar impunito l’intacco e trasgressione sudette, citandolo a renderne conto, insieme col Proveditore del Fontico, parimente scoperto d’intacco di lire mille trecento cinquanta tre, soldi 1. Si sono presentati, constituiti e, rilasciati con piezaria di ritornar in prigione sotto chiavi ad ogni mandato della giustitia, hanno fatte le loro diffese con essami di testimonii, e coll’introdur quanto le è parso, e mentre ero per passar all’espedittione, havendo il Fonticaro con grandissima arroganza tentato con offerta considerabile d’haver l’assolutione, e havendo havuta quella repulsa, che ben si doveva a tanta temerità, mi ha poi fatte presentar lettere d’appellatione dell’Eccellentissimo signor Avogador Contarini dalla citatione e di tutte le cose seguite, e non ostante d’appellarsi, poiché doveva farlo prima di assentir al foro, col presentarsi e far le diffese, o attender la sentenza, e se si havesse sentito aggravato poi appellarsi. Trasmetto le copie del processo all’Eccellentissimo signor Avogator, ben certo, che sarà conosciuta dal canto di questo Reggimento la giustitia, e non havendo adempito il Piezo l’obligo suo di rappresentarlo in prigione sotto chiave, non solo nel tempo di giorni tre intimateli, ma con molti giorni doppo, ho contra di lui fatto essequire per la pena in che è incorso sodetti ducati 300, il quale in sua relevatione, havendo mandato contra il Fonticaro l’essecutione di questa parimente, si è appellato a gl’Illustrissimi Auditori Novi, a’ quali ho trasmesso gl’atti ciò concernenti, acciò possano administrar giustitia.
Hora detto Fonticaro, prevedendo di non poter sostentare i suoi cavilli all’Avogaria per esser qui tutti li atti conservati, overo stimando d’avantaggiare in tal modo i suo’ interessi, ha con modi reprobi e pernitiosi, con due tre altri caporioni della terra suoi parenti, che a sue voglie reggono la Communità, Fontico e Scole della medesima terra, sendo l’altra gente inhabile ed idiotta in questi affari, ha sedotto quel Consiglio, sotto il volere d’inviar alla Serenità Vostra il danaro del volontario donativo, a prender l’inserta parte trasmessami da quel signor Podestà, il cui dannabile contenuto è mottivo al zelo mio di darne distinto conto all’Eccellenze Vostre, per quei fini più conferenti alla loro sodisfattione, et al beneffitio de gl’habitanti la sudetta terra.
Con detta parte espediscono Nuntio alla Serenità Vostra a supplicarLa che le sia per gratia concesso, che la visita dei Rettori di Capo d’Istria di riveder li conti del Fontico, Scole e Communità sia fatta dall’Eccellentissimo signor Capitanio di Raspo, come è stato comesso a Pirano, poiché qui, dall’avidità e cupidiggia de’ publici ministri, provino insolite spese e travagli, e che li libri si trattenghino i mesi, facendo capitar quando un agente di Comunità, quando un’altro di Fontico e di Scole, con incommodi e danni, e ch’essendo stato sollevati dalla visita, che in detta terra si faceva da questo Reggimento con parte di cotesto Eccellentissimo Senato 14 maggio 1642, siano maggiormente aggravati.
Ho predetto la mia occasione privata di capitar ad Isola; attesto alla Serenità Vostra esser falsissimo che da miei ministri habbino ricevuto né incommodo né spesa alcuna, poiché li libri furono portati col ritorno, e se ne ha occorso altri ho mandato senza spesa alcuna a levarli, conforme alla detta parte dell’Eccellentissimo Senato, che, liberandoli dalla visita che si faceva in detta terra, commanda che quando il bisogno ricerchi si mandino a levar li libri una volta per Reggimento, senza spesa immaginabile di quei sudditi; solo è vero, che li libri del Fontico qui s’attrovano per occasione del processo, il quale espedito, sarebbono immediate rimandati, e se il Cancellier di 4 mesi non haveva sopra di essi registrata la scrittura, ben possono per il servitio della giustitia trattenersi finché sortisce i suoi effetti; e se alla Communità di Pirano, doppo la regolatione di questo Reggimento 18 maggio 1636, nella quale vien comesso al Podestà e Capitanio di far la visita per tutta la provincia, conforme all’ordinario, fu concesso che fosse fatta da Rettori di Raspo, con parte di cotesto Eccellentissimo Senato 22 Novembre 1639, perché non era ordinario il farla da quei di Capo d’Istria, in quanto alla revisione de’ maneggi del Fontico, Communità e Scole, ma solita farsi da detti Rettori di Raspo, dovendo quanto all’appellationi et ogn’altra cosa quei di Pirano esser qui sottoposti, essendo quei d’Isola stati sempre in tutto soggetti a questo Reggimento, che ben lo dichiara l’ultima sudetta concessione a loro supplicatione 14 maggio 1642; ma istabili e volubili, stimando farsi quei pochi sedutori del Consiglio, per la lontananza di Raspo, far meglio a loro modo, vogliono hora tentare di sottrarsi da questa censura, alla quale non sono discosti che circa quattro miglia, ed in evidente consequenza ne gl’evventi di agitar le cose loro, le riesce di minor incommodo e disturbo, e di sollievo a quella povertà numerosa; et in quanto alla terminatione di cotesto Eccellentissimo Senato, che quei conti, che una volta sono stati revisti, non possano più ventillarsi, se ben hora non siamo in questo caso, per questa però distingue, dichiarando che possano sempre rivedersi, quando vi sia pregiuditio dei luoghi publici.
Contiene in oltre detta parte, che io habbia fatto fare il saldo di Cassa al medesimo Fonticaro, se bene per terminatione Pasqualiga, decretata da cotesto Eccellentissimo Senato, non era tenuto che al fine dell’administratione, e non ostante che vi fosse danaro d’avangaggio, per non haver di ciò il Raggionato fatto relatione, obligato alla giustitia. Questo pur falsissimo ch’io l’habbia fatto saldare, poi che non ho ancora fatta la cognitione dell’affare, non havendo espedito il processo, e se il danaro fattomi vedere alla sua casa non nel scrigno era d’avantaggio a far il saldo; chiaro si comprende che non era di ragion del Fontico, ma come il fatto dimostra, le fu portato alla Cassa da’ suoi fautori, per coprir che non fosse scoperto diffettivo; ed essendo, come ho predetto, oro et argento si riconosceva patentemente che non era di ragion del Fontico, non potendo anco essere che in una settimana havesse riscosso tanto danaro, non vedendosi che in tutta la sua administratione ne habbia contato nel scrigno se non due volte tutto che obligato, di sabbo in sabbo, per la terminatione Priuli antedetta, pur essequita da’ Fonticari preccessori, come si vede nei publici libri, ma era denaro di conserva, il quale non essendo stato ammesso, il Raggionato non haveva obligo di farne relatione, havendole però io nelle sue diffese permesso che si rilevi quanto li è parso in tal proposito, per haverne nell’espedittione opportuno rifflesso; e la terminatione Pasqualiga sudetta dichiara sì, che non siano astretti li Fonticari al saldo se non finito il tempo della loro administratione, dall’ordinaria auttorità de’ Rettori delle terre, sendo però in beneplacito del Podestà e Capitanio di Capo d’Istria, Giudice superiore, di farne in ogni tempo la revisione, come sempre ha fatto, senza contraditione alcuna, il tutto approbato con tante publiche deliberationi, che se ciò non le fosse concesso, soverchia saprebbe l’uscita sua alla visita della provincia, colla qual occasione si fanno dette revisioni, poiché terminando hoggi un Gastaldo, dimani un altro, non potrebbe mai aggiustarli in tempo di far dette revisioni; e la terminatione sudetta concernente Isola, dichiara come ho predetto, che una volta per Reggimento, quando il bisogno porti, si possano madar a riceverli e riveder li libri, né io se non questa volta li ho riveduti.
Commettono finalmente in detta parte al Nuntio che attesti alla Serenità Vostra la bontà di Moro de Lise, Fonticaro sudetto, volendo con tale vanna assertione diffenderlo dal patente mancamento.
Parmi di venir hormai a noi all’Eccellenze Vostre, se a quest’hora non fossero ben capaci di che si tratta; dell’esterminio di quella povera terra per il dispendio del Nuntio Tomaso Manziol, stretto congionto del Fonticaro, che è anco Cancellier di Commun, che tiene la scrittura del maneggio; della strada che poteva tenere il reo coll’appellarsi, fatta la sentenza, se s’havesse sentito aggravato, e non procurar per mezzi tanto improprii e dannabili la sua diffesa, col tentar senza fondamento alcuno di derogar a questo Reggimento, pur molto degno, contra l’intentione del Serenissimo Maggior Consiglio, dando occasione, quando ciò s’ammettesse, a’ scelerati di far piede e sconcertare le publiche sapientissime regole. Tanto m’ha parso significar all’Eccellenze Vostre, la cui infaticabile sapienza ben potrà porgervi a novità tanto mostruosa i proprii rimedii, che non ha altro scopo che di fomentar gl’errori di privata persona col manto publico di quella povera terra, con totale suo esterminio, per consolarmi io in tutti gl’eventi d’haver sodisfatto colle debolezze mie alle parti, che ho stimato proprie nel ben servire la Serenità Vostra. Gratie etc.

Capo d’Istria a’ 24 genaro 1647.

Marc’Antonio Grimani, Podestà e Capitanio.

Allegato: copia di una delibera presentata in consiglio a Capodistria il 13 gennaio 1647 (2 cc.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 40.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.