• it
  • it
  • en
  • hr
  • el
  • de

26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 4 aprile 1797

N. 62

Serenissimo Principe,
ho rasegnato a Vostra Serenità col divoto numero 55, come la subitanea invasion de’ francesi in Ancona, e nell’altre pontificie località incutendo nell’animo di que’ sudditi una gagliarda trepidazione della propria sicurezza, li abbia sforzati a spatriare, ed a procurarsi un qualche rifugio nelle diverse città, e pertinenze di questa Provincia trasportandovi le famiglie, e di migliori affetti, che in quei momenti di angustia seppero sottraere alla licenza militare degli esteri, ed all’avida prepotenza de’ conterrieri disposti di annuire alla nuova divisata configurazion di Governo.
Se taluno de’ fuggitivi dopo più settimane si persuase di riveder le contrade native, lusingato dai riscontri di tranquillità interna, a cui si sublimano oggidì concentrate tutte le disposizioni della municipalità; non ha però voluto richiamarvi le profughe famiglie, che tuttavia ospiti dei luoghi soggetti al dominio di Vostra Serenità vivono incerte del futuro loro destino, ma pur sicure all’ombra della veneta equità ed accoglienza.
Sull’esempio degli Anconetani, anche i sudditi austriaci, dopo l’avvenimento di Trieste, abbandonando le case e patria loro si rifugiarono nelle contermini suddite isole del Quarnero, e forse l’Istria veneta avrà a molti altri offerto un egual asilo di personal e domestica salvezza.
Con espressa barca il nobil huomo conte Provveditor di Veglia mi rende per dettaglio informato, come gli abitanti di fiume, e delle altre tenute cesaree più esposte alla sospettata progressiva invasion de’ francesi, siansi quasi a precipitoso ricoverati in quell’isola, e in pari tempo quel cittadino rimarcandone la miseria, riflette che la scarsezza de’ generi di prima necessità occorrenti alla vita non essendo sufficiente ad alimentar la suddita popolazione, [dessa] risentirne deve un crollo decisivo per la numerosa sopravvenienza degli esteri confinanti.
Ma per anche pervenutemi le invocate sovrane prescrizioni troppo necessarie in si critica urgenza, ed alla mia responsabilità, ed incerto ne miei consigli, ho creduto espediente analogo ai principj dell’umanità, ed alla soavità delle massime pubbliche l’ingiungere non solo al nobil huomo rappresentante di Veglia, ma anche agl’altri dell’isole, dove hanno fatto centro gli austriaci al sicuro loro ricapito, che tollerandone l’esistenza cerchi di conciliar avvedutamente gli oggetti di ospitalità con quelli di sussistenza de’ sudditi; invigili sul contegno degli esteri, favorisca i moderati, ed ordini la pronta espulsione di quelli, la condotta equivoca de’ quali compromettesse i rapporti eminenti del Principato.
Ho non dubbia ragion di sospettare, che i sudditi di Cesare possano tentar un nuovo asilo nelle terre pubbliche, se non determinati dalla paura de’ francesi, certo spinti dal desiderio di sottrarsi da una dura coscrizion militare per parte dei comandanti della Licca.
L’ordine emanato dal general governo di Carlistad (fin oggi sostenuto interinalmente dal tenente maresciallo Paulich, dopochè il Kaunitz fu traslatato al militar comando della Gallizia occidentale, come autentica l’annesso uffizioso di lui foglio) è così stringente risoluto, che tutti gl’individui atti al servizio dell’armi fino agli anni sessanta vengono irremissibilmente descritti.
Non ha misure il divieto: anzi sotto pena della vita, ed incendio delle case gli stessi pastori devono cedere alla urgente necessità, che occupa i pensieri dell’estero governo.
Il colonnello Gellich, che supplisce provvisionalmente alla ispezione della morlacca me ne offre un indubitato riscontro nell’annessa Lettera di un Basso Ufficiale Cesareo, con cui lo prega di astringere all’immediato ripatrio i Liccani, i quali a tenor della convenzion di Novegradi esistono ai pascoli veneti colle loro greggi nell’attual stagione.
A questo generale sforzato reclutamento diede moto l’infortunio della piazza di Trieste.
Me ne riconfermà la sparsa, e non per anche allora depurata disseminazione il signor Hunter corriere di gabinetto di Sua Maestà Britannica, che con pieghi di quella corte, e dell’altra di Vienna era diretto appunto per Trieste, a progredir quindi fino a Firenze: ultima meta di sua spedizione.
Poco lungi da Lubiana istrutto dal comune sbigottimento di que’ popoli della ritirata degli imperiali, e dei progressi de’ francesi, declinò dal divisato cammino, e prendendo la via di Carlistad, di lì passò a Carlo Bago, da dove si ridusse in questa piazza coll’idea di continuar per mare il suo passaggio in Toscana.
Dopo due giorni di stazione necessitata dalla contrarietà de’ tempi sciolse da queste rive, e si è diretto verso le terre di Napoli.
Frequentano intanto le loro corse lungo le acque suddite, ed in vicinanza di questa piazza i corsari francesi.
Finora in Provincia non hanno inferite molestie ai sudditi: ma l’ardita violazione del porto di Veruda, e la preda della polacca veneta tradotta in Ancona non mi lasciano tranquillo sul genio ardito e intraprendente di detti armatori.
A titolo di cautela io intanto dispongo l’intiero armo della piazza, uniformandomi in ciò al costante annuo metodo della stagione, che invita il presidio all’esercizio delle militari evoluzioni.
Ho partecipato all’Eccellentissimo Magistrato all’Artiglieria l’emergente sbilancio di questi depositi di polver, ed esigendo, pel ritardo degli attesi sovvegni, l’essenzialità delle circostanze un qualche ripiego, mi determinai a commettere l’estrazion degl’intangibili depositi di Cattaro (già riferiti al caso di imminente bisogno) sedici miara, per assicurar a questa piazza un temporaneo soccorso voluto da prudenziali riguardi.
Confido, che Vostra Serenità approvi questo necessitato espediente, come in pressante urgenza degnò compatire le disposizioni commesse dei depositi medesimi dell’Illustrissimo Provveditor Estraordinario di Cattaro. Grazie.
Zara 4 aprile 1797.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.
2 allegati (4 cc.).

Nota: Arrivato il 10 aprile 1797.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.



     © 2020 All Rights Reserved