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7 marzo 1677 Angelo Morosini

Dispaccio del 30 giugno 1677

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
prima di quello intraprendessi la visita della provincia, commosso da’ lacrimevoli instanze di quest’habbitanti, che nell’unico riffreggio del Monte, disperano li divisati soccorsi alle loro calamità; rissolsi obligare l’attual depositario di somministrare a Nicolò Brati, elletto Cassiere e non confermato per la mancanza delle pieggiarie, qualche summa di danaro, per esser proportionatamente dispensata alli supplicanti, e con tale misura che nella distributione non eccedesse ducati due per cadauno.
Restituitomi alla carica, trovai moltiplicare i clamori della povertà, nella perseveranza delli mancanti sovegni per loro in esso Pio Luoco, non sendosi mai rissolto il Colleggio ratificare le fideiussioni offerte da esso Brati, né meno agevolarlo all’essercitio del suo inpiego; per veder una volta troncati così noiosi ostacoli e constituito il Monte nel primiero florido stato, riuscirono di gran sollevo alla passione del mio animo le riveritissime ducali della Serenità Vostra 8 maggio spirato, con quali proposi farmi la strada al divisato effetto. Fatto dunque principalmente qui capitare ministri d’attitudine et intelligenza, seguì alla mia presenza la revisione di tutti pegni permanenti nel Monte sudetto, quali ho trovati riposti o per prezzo equivalente del contante contribuitoli o almeno poco eccedenti a quello sono inpegnati, e con tal occasione ho scoperto esser li medesimi di tre conditioni. La prima delli scaduti da ogni beneffitio prescritto da’ tanti publici decreti, et lassiati in abbandono per il deterioramento dalli stessi loro patroni; la seconda delli rimessi più volte; e la terza delli recenti, che non sono arrivati con la permanenza al decimo mese. Non descrivo la loro qualità perché sarebbe materia non meno lunga che tediosa; solo dico d’esser meritamente soggetti al rigor della vendita, dall’Eccellenze Vostre incaricata.
Per praticarla dunque, previe le portate notitie a luochi vicini, s’è dato principio a gl’incanti con espressioni di libera cesione, ma con mio particolar rammarico, pochissimi concorrenti sono comparsi per abbracciare la comprada, e minor inclinatione s’è scoperta nelle bramate offerte. Mi lusingo che li principii introducano a molti gelosie o privati riguardi nelle propositioni, e come non saranno abbandonate le più fervide esperienze in avvenire, così servirà di scorta alle mie debolissime rissolutioni alcun riverito sentimento della Serenità Vostra, quello haverò d’operare quando invalesse la defficenza totale de’ compratori, non sapendo se in questo caso, dovranno esser deliberati li stessi pegni per conto del Cassiere e i suoi pieggi, come si praticava e dispongono tutt’i publici decreti in tal proposito.
Queste mie operationi però, fondate sopra la rettissima intentione dell’Eccellenze Vostre et il scopo esentiale di veder migliorato dalla corrente depressione il Monte stesso, hanno generato commotione nelli cittadini che speravano quasi in sicuro asilo, ricoverati li proprii haveri, né potend’aggiustar l’animo alla loro alienatione, inpiegano tutt’il spirito per dilongarla, dinotando hor le communi miserie, hor gl’inpedimenti che sussistono et hor sentimenti d’estrema afflittione. Ma non potendo commovere simili rimostranze il mio ossequio, tutto rassignato all’essecutione de’ publici sapientissimi voleri, farò li medesimi sussistere nella continuatione degl’incanti, per veder ultimata questa così neccessaria essiggenza.
Havendo in tant’obligato questi Sindici di convocare il loro Consiglio, e sostituire nella pendenza delle cose il Cassiere tanto premuroso, sono divenuti all’ellettione del medesimo, nominando persona di tutta sufficienza che non stentarà, per quant’intendo, assicurarsi con valevoli pieggiarie  a dovuta cautione del Monte, e starò in attentione che venga confermato, per poter assumer l’impiego a consolatione degl’oppressi dalle miserie. Restò proposto e creato in occasione del stesso Conseglio un Ambassadore, d’esser spedito a’ piedi della Serenità Vostra per inplorar sospensione all’assoluto stabilito decreto per la vendita de’ loro pegni, esprimendo apparenti cause che li muovono a simil ressolutione; ma oppugnand’io la medesima, non ho stimato per niun riguardo condescendere alle loro instanze, denegandoli assolutamente le credentiali, anzi essortandoli di rassignarsi alla publica giusta e suprema volontà; e continuarò ne’ i stessi sentimenti, con certezza che concordaranno sempre con li riveriti della Serenità Vostra, a cui non mancarò successivamente humiliare tutto ciò emergesse nella presente materia. Gratie etc.
Capodistria, 30 giugno 1677.
Angelo Morosini, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 60.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.