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31 marzo 1681 Valerio da Riva

Dispaccio del 19 aprile 1681

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
li primi miei divotissimi impieghi servendo la Serenità Vostra in questa carica sono stati in ravisare immediatamente l'incombenze e materie tute alla medesima attinenti; e, propostomi per primiero oggetto del publico reale servitio questa Camera, ho riconosciuto lo stato della medesima, e, ritrovati diversi considerabili ressidui per conto d'affittanze de’ dacii, ho ordinat’un ristretto di essi per procurare da’ debitori la dovuta essatione.
Li dacii ancora in numero di 23 sono stati da me essatamente considerati, et in riguardo della pratica interclusa per li correnti sospeti di Sanità, andando per conto della Serenità Vostra cinque de’ medesimi, cioé vino e terre aliene, della città di Buie e Mugia, quello delle misure da oglio della città, et ultimo de’ legnami che vengono dalla città stessa estratti, facio continuare le buone regole e dilligenze ne’ quali sono stati dal zelo dell'Eccellentissimo Pisani precessor mio lasciati, onde luntani da fraudi e pregiudicii, produchino essi ancora il frutto e provento conveniente; applicato poi, quant’agl’altri, tutti affittati, perché da’ condutori siino fatte puntualmente le paghe nella publica Cassa. Ridducendosi verso il fine della condota quello dell'oglio, non solo il più importante, ma unico sovegno di questa debole Camera, mi condurò a tempo proprio sopra l'incanto, e con tutta vigilanza procurarò nuova avantaggiosa locatione, il buon esito della quale dipende da ubertosa raccolta di olive; e mia indiffessa applicatione sarà per la presservatione dello stesso e degl'altri ancora.
Ho vedut’i magazeni ove essistono li canoni e le monitioni da guerra, e quelle dove si conservan’i sali e li biscoti, et ho pur pres’informatione dello stato di questo Fontico, del Monte, dell'essere di queste Scole, e del publico Colleggio, non molto luntano dalla perfettione. Cose tutte ch’io veggo efficacemente raccommandate a questo Reggimento e ben regolate dagl'Eccellentissimi precessori miei; ma, alterandosi giornalmente li loro accidenti, anderò anch'io conforme l'emergenze che sucederanno, raguagliando divotamente l'Eccellenze Vostre per uniformare in tutto a’ supremi loro commandi la mia rassegnatissima ubbidienza.
Il castello, chiamato di San Leone, situato alla parte di terra fuori della città, fra li due lunghi ponti ch'alla medesima conducono, ho parimenti visitato. Egl’è in stato tale che minacia l'ultimo suo precipitio, onde chiama o pronto rissarcimento, o la sua demolitione, per divertimento della ruina che causarebbe se da sé cadesse. In esso si rittrovano otto pezzi di canone, tutti scavalcati, e la maggior parte interrati. A questo Capo di Bombardieri però ho commandat’una diligente relatione de’ medesimi, per rassegnarla poi all'Eccellenze Vostre et al Magistrato Eccellentissimo dell'Artigliaria, a lume delle proprie delliberationi.
È d’importanza il vedere et considerare lo stato universalmente miserabile della provincia, resa in aspetto di felicissima dalla Maestà Divina, col donarle tutto ciò che comple al rito, e dalla Serenità Vostra, con essentarla da’ dacii, sussidio, campatico, tansa et simili ordinarie gravezze; ma in essenza sommamente afflitta da diversi altri importanti annui aggravii che le sono adossati, particolarmente di frequenti caratade, ristretto nome, ma che molto abbraccia, e che tiene in continui clamori questi sudditi, causando pure il pregiuditio della popolatione della provincia, che fu l'unico oggetto del Prencipe quand’essentò la medesima da’ dacii et altre gravezze sodette. Crederei però neccessarii sopra ciò li sovrani publici rifflessi, e che a notitia della Serenità Vostra fussero gl’aggravii tutti di questi habitanti; informationi che dal zelo di chi dovrà ubbedire il publico reale commando potranno esser raccolte senza imaginabile publico o privato dispendio.
Chiuderò il presente humilissimo foglio con riferire alla Serenità Vostra la mancanza di lungo tempo de’ Proveditori ai Confini, carica di sommo rillevo e di molta premura. Godendo questi sudditi liberamente la delatione dell'armi da fuoco, solo previleggio d'essa carica nella terra ferma, per questo alla medesima alcuno di questi cittadini non applica, e tanto meno, quanto che nell'essercitio porta seco qualche dispendio. Humilmente però io l'accenno alla Serenità Vostra nel desiderio vivissimo che tengo di veder adempit’in questa parte ancora li numeri del mio riverentissimo debito verso li publico adorato servitio. Gratie etc.
Capo d'Istria, 19 aprile 1681.

Valerio da Riva, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 64.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.