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8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo

Dispaccio del 16 giugno 1651

N. (senza numero).

Serenissimo Principe,
doppo che il campo del Sangiacco Giusufbegovich d’Albania fecce ultimamente l’invasione in questi luochi, come l’Eccellenze Vostre furono raguagliate da mie divotissime lettere, rittornato nel paese et intesosi l’operato dal stesso Sangiacco, non corispondente a suoi pensieri, nel non essersi effettuata la devastatione in cadauna sorte d’alberi, frutti et entrade della campagna et con l’estirpatione delle case, ripresa con sentimenti di sdegno il suo Luogotenente ch’hebbe la diretione del comando, la cui escusatione fu che li Cuzzi e Clementi et altri popoli albanesi, christiani, con quelli di Montenegro non habbino voluto adherire. Rimane però ressoluto di farlo e delle sue rabiose machinationi, col modo con cui tiene sogiogati quei popoli, fa temere de nuovi e più potenti tentativi, tutto che possino restar differiti, com’appunto avisa un Turco suo amorevolissimo e di già confidente del Cavalier Bolizza in lettere qui alligate, voler rittornar quest’autunno, mentre non si renden’a lui li popoli di Zuppa e Maini con la destrutione de quali pensi tentai tutti li maggiori danni nel teritorio.
Fra tanto s’applicò sopra li detti Maini e Pobori e di danneggiar anco li confini di Pastrovichi nella dubietà dell’incostanza d’essi nuovi sudditi, m’assicurai con hostaggi e per levar quelle genti dall’eccidio, fecci ridur le loro famiglie et animali presso Budua, et la medesima retirata ordinari anco delle famiglie Pastrovichie.
Heri mattina passò l’inimico ad agredirli, scorso per Maini e Pobori, molti de quali inhabili, che non s’erano retirati con altri et quelli dalli posti datisi alla fuga, senza combattere, senon morti vivi et alquanti persi vivi. D’indi senz’altro ostacolo, incendiate trent’otto case per costiera solamente scorse poi sopra Pastrovichi, invasili con gran furore, fu però ributato valorosamente con qualche perdita de suoi, nè puotendo superarli li tenne impegnati in qualche luoco, col stare a loro fronte, et per altra parte scorendo partita di sue genti per passi inoservabili, lontane dalle strade, penetrò ad un altro capo di quelli luochi, distante circa due miglia da stessi posti, ove assistevano quelli genti et ivi sorpresi alcuni nelle case, ucisero otto, incendiarono sei case e condussero via quindici fra donne e putti che non fecero la retirata con le altre famiglie. Doppo ciò non puotend’avanciarsi ad altro, è ritornato nel paese a Podgorizza. Per questo suo ritorno, in luoco alquanto remoto, e vedend’io languir fra la necessità della fame queste miserabili famiglie de Zuppani, senz’imaginabil sussidio, non posso vietarli di portarsi alla lor campagna per sostenersi et in tanto tenirò fissa la mira ad osservare cadauna mossa dell’inimico per delliberare nuovamente quanto occoresse per loro salvezza, premendomi sol che la scarsezza di queste militie non mi da modo d’infestarlo nella stessa campagna se ritornasse, per divertire apunto il danno eccessivo, che puotria apportar a sudditi, in che principalmente necessaria sarebbe una campagna di cinquanta cavaligeri che ha luoco proprio da fermarsi ad un capo del scoglio, ma prima anco ne’ tempi di pace era permanente, e quanto maggiormente ciò urge nelle corenti gelosie, s’è osservato da quest’ultima sperienza, e può comprendersi dal sapientissimo rifflesso dell’Eccellenze Vostre per il cellere provedimento.
Li popoli di Zuppa et altre ville ch’han rissentito danni dal campo inimico, stan essacerbati fra l’afflitione che provano d’haver perso molto le proprie case, quas’il vito per la devastatione d’alquante biade nelle campagne, e suponendo che quelli del Montenegro sian concorsi con Turchi, molto sospirano implorando la permissione d’osservare la apertura d’entrare nel detto Monte, per rissarcirsi non sol di danni medesimi che per vindicarsi ancora, il che se bene con proprie avertenze, puotrebber procurarsi più sicuro col colpo a maggior gloria di queste armi. Porto però l’aviso all’eccellentissimo signor Generale e lo rapresento anco all’Eccellenze Vostre per quelle delliberationi che paressò all’infinita loro sapienza.
L’altro poi Sangiacco di Herzogovina Cenghiich nudrisse pur torbidi pensieri a pregiuditio di queste parti, da suoi oscuri dissegni si temeva che prima ch’in un tempo stesso lui da una parte del teritorio sopra Perasto et quello di Scutari dall’altre della campagna dovessero portar l’attacco, mentre messime con buon (?) delle sue genti essiste tuttavia a Nixichi di già in breve distanza. In tal caso era pure il rischio di gran danni, ne permetta Dio questo concerto fra loro nel stato che si sta con puoche forze senza soccorsi, che se pur capitaranno dalla provincia, giunt’hoggi solamente doi barch’armade e debolissime di gente, come di nuovo considero all’eccellentissimo signor Generale, è urgente che siano permanenti almeno per tutta la presente staggione, potendo sempre seguir improvise e facili le mosse delli nemici confinanti per la vicinanza loro, e già che di qui sono molto distanti li soccorsi medesimi, in consequenza tardi e difficili.
Et se bene detto Cenghiich s’è applicato alla mira del avanzo, fra questo però dell’altre sue apparenze, si ricavano molti dubii. Lassiosi ultimamente intendere in lettere di Voivoda Petar da Nixichi, principale tra quei popoli, confidente però a questa parte, scritte al Cavalier Francesco Bolizza che per regallo conveniente che se gli facesse s’ubligava rimuovere l’infestatione a questi confini, non solo delle sue armi ma di quelle del stesso Sangiacco di Scutari, questo affare portai con diligente espeditione all’eccellentissimo signor Generale per ricever gl’ordini. In tanto però il Giusufbegovich, fatta la mossa, passò a danni di questi campagna. Hora esso Cenghiich replica col mezo stesso al Bolizza in lettere havute di recente, riducendo le sue brame in nille cecchini, onde ho giudicato far portar nelle risposte il pretesto dell’invasioni fatte dal Giusufbegovich medesimo, agravando ch’in questo è stato mancato di fede e, mentre è vero ch’il detto sia soggietto al suo comando come asseriscce, dovesse renderlo mortificato per veder con queste forme, se Dio puotesse conceder qualche sconcerto tra loro. Non però porta altri pretesti, mancandoseli, che di voler cometter un rigoroso et generale attacco per tutto il paese, onde niente capiti a questa parte, ma da questo dipendono gran dubii de stessi e più potenti attacchi.
Appresso questo che sortir puotrebbe e che in consequenze richiede il sapientissimo rifflesso dell’Eccellenze Vostre per la tramissione de grani e biscotti, come humilissimo considerai nelle precedenti alla Serenità Vostra e che tuttavolta imploro, vedendo consumati totalmente li bisotti di questi depositi e rimanendo tenuissima quantità de formenti, che dovendo consumersi in puochi giorni io non saprò poi con che sostener queste militie, concore pur altro rispetto che vogli fabricare un luoco presso Nixichi, credesi con ordini regii il che ha molto confuso quelli popoli, che di già han bramato viver sotto l’ali della Publica protettione, vedendosi ch’in caso tale perderebber la loro libertà et da questo verebbe a mancar il modo di puoter sperar da queste genti il profitto, a cui sempre han inclianto, in vantaggio del Publico servitio contro ogni volere del Turco. Questo riguardo giudicato essentialissimo, m’ha persuaso a far di esso Cavalier Bolizza con le predette risposte del confidente, penetri quelli puotrebbe farsi da essi per il divertimento, e tra tanto tutti questi particolari rapresento all’eccellentissimo signor Generale, come farò il tutto, in continuatione del singolare oggietto d’adempire al natural debito nel ben servire alla patria in tutti gl’incontri.
Doppo giunt’io a questa carica, fra l’altre avertenze importanti ne’ presenti torbidi, m’aplicai ad esplorare con confidenti e più sicuri mezi gl’andamenti dell’inimico, in che l’opra indefessa del medesimo Cavalier Bolizza riesce molto valevole e profficua; fecci disponder due portalettere, ch’eran apunto ritornati da Costantinopoli col già eccellentissimo Bailo Soranzo per condursi a quella parte con lettere diretive al medico Storardo et al Dragomano Tarsia, confidenti ch’ivi dimorano, inviateseli anco una zifra formata per il caso di ricever più cauti i loro avisi. Heri uno è ritornato in giorni disdotto, altro rimasto, conforme l’ordine datoli, per esser rispedito con altra occasione. Non hanno voluto però fidar loro lettere, avisano nondimeno a voce per rellatione di questo, quanto l’Eccellenze Vostre si compiaceranno d’osservare nel presente foglio, che divotissimo le trasmetto, per l’intiera notitia ch’io devo del tutto alla Serenità Vostra, vivendo con ardentissimo zelo d’impiegare oltre ogni spirito per ben servire, anco la vita stessa. Gratie etc.
Cattaro a 13 giugno 1651.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario.
Allegato: relazione di Vuco Nicou da Cetigne sui fatti avvenuti nella provincia (2 cc.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 2.
Trascrizione di Giulia Giamboni.