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8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo

Dispaccio del 26 luglio 1651

N. (senza numero).

Serenissimo Principe,
doppo il fatto dell’incursione portate ultimamente dal Sangiacco Giusufbegovich per questa campagna, com’è noto alla Serenità Vostra, le consequenze erano molto più gravi, se ne simil principii il mottivo nascesse dal volontario assenso di popoli del Monte, che si come dall’hostillità di questi puotrian seguire disturbi incessanti et dannosi a questi luochi et da ciò puotentissimo fornite a Turchi d’applicarsi a maggior tentativi, così giudicai non solo non permetter ad alcuno l’offenderli, ma ricever con apparenze di compatibilità l’escusationi loro che furono d’haver per violenza estrema, con sui sono oppressi da Turchi, seguito le lor armi. S’eran ben posti in libertà molti sudditi di daneggiarli che però mi sono applicato a troncar questi principii col castigo d’alcuni, mentre da questo appunto prevedevo irritamento gagliardo in detti popoli col dubio de gran mali; da queste forme, fattoli conoscer lor solievo, hanno sentito le sodisfationi. Ho però voluto ubligarli ad una corispondenza quasi consimilie, che mentre per il paese del Monte s’intendono scorer alcune partite de ladri Albanesi di Barda, osservando di penetrar sicuri in questi luochi per far danni e rappine a danno de’ sudditi, mossi a questo per vendicare massime la morte d’uno de più principali de suoi capi, interfetto già giorni da Pobori, nuovi sudditi sopra Budua, nell’essersi condotto a dannegiiare quelle povere genti; fecci questi giorni intervenire inanti a me li capi del Montenegro et il vescovo di Cettine, molto stimato tra essi, incaricandoli con modi d’affetto di divertire il passo a ladri medemi et invigillar bene che non sortisca il loro intento contro nostri, mentre vogliono far conoscer vero quell’animo che dimostrano con parole. Ho ripportato da essi essibitioni pieni, non son restato però d’avertir ove bisogna la straordinarie vigillanze. Il nudrirli possibilmente in affetto direi fosse bastevole tenirli disuniti dall’armi turche, mentre non stassero soggiogati alla violenza di forza prepotente, ma se bene li convenisse seguirle, puotrian non apportar quell’eccesso di danni che dovuriano, mentre fossero eccitati dalla passione e mall’animo. Questi miei devotissimo sentimenti mi vengono anco approvati dall’eccellentissimo signor Proveditor Generale, a cui portai le dovute notitie, come faccio all’Eccellenze Vostre, per quello fosse giudicato più proprio dall’infalibile lor virtù.
Son capitati qui li cinque mille ducati in tanti ongari che saran spesi a prezzo ordinato dall’eccellentissimo signor Generale di lire disnove e meza l’uno; il ritardo de quel dannaro, havendomi fatto contraher qualche debbito, ho prima sodisfatto questo et il rimanente sta disposto al sovenimento della militia et d’altri salariati che servono; dalla distinta nota de quali oltre la militia stessa, havuranno già Vostre Eccellenze compreso in mie divotissime di 20 aprile passato, quanto necessariamente si ricerca al bisogno, ond’esser sotto l’ochio della lor gran sapienza, puotendo sempre esser facile il computo, le suplico humilissimo havermi a tempo opportuno i benignissimi rifflessi.
E’ anco capitato il vassello con cento vinti migliara di biscotto, alcuni apprestamenti d’Altellaria et con soli cinquecento stara di formento; a questo fra puochi giorni si doverà poner mano, mentre sono al fine gl’altri ch’eran in fontico. Per quanto puotrò suplire, havuran l’Eccellenze Vostre osservato da mie divotissime lettere precedenti di 28 giugno decorso, onde non dev’altro aggiungere all’inifinita lor sapienza, solo ciò che conosciuto in fatto parmi essentialissimo. Per la mancanza d’acque che si prova ordinariamente per tutta l’estate a questi mollini, mentre l’inverno quando s’ha il comodo de grani non si preparan le farine per l’anno, conviene com’è seguito a me ultimamente per durissima necessità, inviarli con barche a mollini di Ragusa, non solo con gran dispendii e dacii, ma con tardanza molto lunga, non havend’io per quant’officii e dilligenze usate puotuto ottener la maccina nel corso quasi d’un mese, che di circa centro cinquanta stera. Alli mollini di Zuppa parimente per le gran secure suol mancar l’acqua, ma pur ivi non solo dispendiosa ma tarda segue la macina, anco pericolosa, et finalmente impossibile mentre vi fosse il motto dell’armi nemiche in campagna; ho però giudicato mio riverentissimo debbito rapresentare ciò alla Serenità Vostra, onde mentre sia conosciuto ispediente, come il mio divotissimo zelo crede, di preparar l’inverno quantità di farine a questi mollini per l’estade sussequente, possi esser dall’Eccellenze Vostre comessa la trasmissione per quest’autunno venturo della quantità congruente de formenti, riuscendo molto osservabile questo particolari nelli riguardi di tenersi pronto ciò che occore per viveri nella piazza.
Per via di Pastrovichi da un mezo supposto sicuro, teng’aviso che novamente sia capitata a Dulcigno una galeotta barbaresca, si dice, sbandatasi in golfo dall’altre cinque per fortuna, et che fatta unione con tre di quelle fuste, che, per altri avisi, stavan già allestite alla sortita, dissegnavan ussir fuori, non si sa per qual parte. Ho subito incalorito le proprie vigilanze alla guardia di queste boche, assistita dalla gallea et alcune barch’armade per troncar l’occasione che tentar puotiano quelle del Castel Nuovo a scorer fuori per unirsi a quele con qual forza s’accresserian molto le gelosie in questi armi e l’aviso medemo, con dilligenza ispedisco all’eccellentissimo signor Generale et coll’incontro stesso di barch’espressa alli signori Conti di Curzola, Lesina et altrove per la provintia, per li riguardi delle necessarie avertenze. In tanto senz’altra dillatione ho disposto efficacissimi ufficii, non solo per sotrahere con più sicuri fondamenti l’arrivo della stessa galeotta, m’anco la qualità della medema et di quell’altre fuste, seco unitesi, per penetrare la lor forza et per quello sarà possibile, ove tendan i lor pensieri per osservar poi quell’appertura che Dio puotesse concedere d’alcun Publico servitio, vers’il quale in ogni capo io aspiro sempre col vivo dell’anima.
Ultimamente penetrai che li Ragusei havesser con violenza trattenuto in quelle acque alcune barche di sudditi della Serenità Vostra, che col carico de vini se conducevan a questa volta, facendoli vender a quella riva contro il voler de marcanti; essi riuscì strano l’aviso concorend’appresso la libertà della navigatione, a sudditi medemi, anco il pregiuditio de dacii in questa Camera et del comodo de viveri a questa parte, mentre a punto è grave la mancanza de vini, onde li scrissi redarguendoli di questo, nè puoterò che lassiar partire a questa volta una barcha, non l’altre, iscusandosi che di volontà libera fossero andati ivi li Patroni delle medeme, però da più constituti si vede fallace questo pretesto, anzi che li havessero fatto contribuire dacii essorbitanti, oltre l’ordinario. Vanno anco riducend’a perdetione una filucca di quindeci bandi, ponendon’il legname a peso per farla pontual, mentre eguale e più veloce servendosi del prestito farla per occasion di Ponentine e pensano fabricarne d’altre. Tutto ciò con ogni più distinto lume nelli constituti havuti, ho apportato all’eccellentissimo signor Generale et all’Eccellenze Vostre devo pure questo devotissimo aviso per quelle delliberationi che saran comprese del Publico sapientissimo rifflesso, non cessand’io da tutte l’osservationi verso quanto parmi conveniente il servitio della Serenità Vostra. Gratie etc.
Cattaro a 26 luglio 1651.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 2.
Trascrizione di Giulia Giamboni.


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