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31 marzo 1681 Valerio da Riva

Dispaccio del 15 giugno 1682

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
mentr’io con l’occhio proprio vedo la povertà e le miserie, e con l’orecchio sento le lamentationi e li sospiri di questo popolo, non posso negare al debito che per questo carico tengo al regale servitio della Serenità Vostra, di non esporre a’ suoi pietosi rifflessi ciò che richiede il sollevo dalla sua provida benefficentissima mano.
Atteso con ardente desiderio, è giunt’il raccolto de’ sali, che si va felicemente perfettionando, ma contro la concepita speranza, sendosi di nuovo levato il commercio cogl’Imperiali per i riguardi del contaggio di Stiria, s’è levato anco il modo all’essito de’ sali stessi, e chiusa la strada al dinaro che veniva portato da quelle del Cragnio, che, se bene non suspeti, ad ogni modo, non potendo capitar di qua senza passar per il tratto dell’Istria imperiale, ch’è suspesa, restano per questo modo idiretto (!) suspesi ancor essi.
Si consolavan ad ogni modo queste povere persone, credendo di trovar ne’ magazeni, che qui Vostra Serenità tiene, il loro sovvegnio, e che fussero in quelli ricevuti al prezzo che si stabilì, di mille trecento moza di sale in circa, che questa città va diffettiva per supplir il partito che l’anno passato spirò; ma li Ministri non assentendo senz’il commando dell’Eccellentissimo Magistrato a riceverlo, svanisce anco per questo capo il loro concepito contento, e resta la povertà in stato di precipitarne la vendita de’ suoi sali a’ vilissimi prezzi, e disperati, non mancando chi con attentione a tali occasioni aspiri per vantaggiar con mezi d’ingordissima avaritia li propri fini. Per soccorrer però questo suo popolo infelice, se Vostra Serenità, usando le parti della sua reggia clemenza, si degniasse commandare che fusse in questi publici magazeni ricevuta la predetta summa de’ sali mancante a compire il passato partito, sarrebbe, per mio humilissimo senso, il proprio modo con cui, senza publico discapito, restarebbero questi fedelissimi sudditi suoi sovvenuti, e consolati gl’estremi bisogni, de’ quali, mentre la città va pensando di presentar a di Lei piedi supplicatione humilissima per altro partito, io, con zelante affetto verso di loro, espongo divotamente alla Serenità Vostra, mentre nello stesso tempo pure raguaglio l’Eccellentissimo Magistrato, per quelle deliberationi che saranno dalla publica sapientia giudicate conferenti.
Tengo poi lettere dal Magistrato Eccellentissimo alle Biave di 2 del corrente, che mi avvisano l’impositione del datio, seguita per decreto dell’Eccellentissimo Senato, sopra il formento et altre biave forastiere ch’in questa provincia verranno per l’avvenir introdotte. Ho subito disposti gl’ordini et  inviati a’ Reggimenti della provincia per cautare quanto più si possa nell’essattione di tal datio il publico interesse, stimando proprio il deputar in cadaun luoco un essattore, perché prestate sufficienti pieggiarie, habbi a farne l’essattioni del datio stesso, per cautarne poi in questa publica Cassa il dinaro, che probabilmente pare dovvesse a considerabil summa montare, mentre i Fontici di questa provincia smalitriscono (?) circa li quaranta mila stara di formento annuali, oltr’i minuti, e quest’anno massime tutti sono quasi stati di ragion forastiera.
Resta che la Serenità Vostra si degni commandarmi come s’habbi a disponer del dinaro che di tale natura venisse raccolto, perché la Sua sovrana mente resti con la dovuta puntualità obedita. Gratie etc.
Capodistria, 15 giugno 1682.

Valerio da Riva, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 65.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.