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31 marzo 1681 Valerio da Riva

Dispaccio del 19 giugno 1682

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
già qualche settimana prima che serrassero li passi allo Stato austriaco confinante, passò per di qui il Conte Benvenuto Petazzo, e volse, con tratto di cortesia e di rispeto verso la Rappresentanza, visitarmi. L’accolsi con le dovute formalità di stima, e nel discorso feci cader a proprosito il punto della reciproca buon’inteligenza che dovea praticarsi tra confinanti, con tener luntane a’ Prencipi l’occasioni d’impegni. S’oppose egli al tocco fattogli, e comprese ch’io volevo alluder alla sua persona, e singolarmente al fatto di quegl’animali bovini in numero di quarantacinque che l’anno passato egli levò a’ contadini di Gobrovizza, sudditi della Serenità Vostra, com’io le ne portai la notitia nelle mie humilissime di 16 settembre; per i quali fu commandato il rissarcimento sopra gl’effetti proprii del Conte, che non s’è potuto adempire, stand’egli a ciò guardingo et avertito. Lo feci poi ricercare specificamente da uno di questi gentil’huomini, suo parente, a dover far la restitutione degl’animali stessi, da lui indebitamente tolti a questi sudditi, e su i loro proprii pascoli. Rispose che il luoco ove furon levati pretender egli fusse giursditione arciducale e del suo feudo di San Servolo, e che da ciò il fatto stesso ne prese motivo; ch’ad ogni modo voleva far apparire l’intention sua di ben vicinare. In effetto gl’huomini di detta villa di Gobrovizza sono comparsi, et hanno notificato che dal Conte gli sono stati fatti restituire trenta animali grossi, così che ancor ne mancano quindeci, e di più quattro soli vitelli del numero di sedici nati, nel tempo corso di mezo, e gl’ha fatt’a’ medesimi contadini consignare. Io però non rimango di far ricchieder al Conte anco li restanti animali, acciò li poveri dannificati, come si conviene, rimanghino intieramente rissarciti.
È poi seguito altro fatto al confine nel passato mese d’aprile, che quelli di Novaco, villa del contado di Pisino, si sono portati al numero di cento  persone armate in un certo bosco, chiamato di Valastin, che quelli della piccola villeta di Grimalda, sotto il Marchesato di Pietra Pelosa, soggetto alla Serenità Vostra, pretendono sia suo, et ivi tagliarono trentacinque cerri e due roveri, tutti di grossezza di piedi sei l’uno, conducendoli poi sopra carri preparati nella loro villa di Novaco, mentre quei di Grimalda, pochi et inermi, convennero star ad osservar il fatto senza poter farne oppositione alcuna. S’è format’il processo, in cui s’è rillevat’altro taglio simile, fatto in detto bosco dai predetti Imperiali nel genaro passato, e si sono pur liquidati li nomi di diversi degl’operatorii. Investigandosi poi le cause, si trova ch’a ciò siino mossi quelli di Novaco perché pretendono ancor essi che tal bosco sia suo, e se bene quelli di Grimalda se ne servono ne’ loro bisogni, vogliano gl’altri con simili tagli conservarsi la raggione. Dicono ancora essi di Grimalda che già circa trent’anni gl’Imperiali praticarono i medesimi tagli, e che perciò furono da questo Reggimento processati e banditi; ma usatasi ogni dilligenza in questa Cancellaria, non s’è potuto sopra tal fatto trovar scrittura alcuna.
Certo, ch’il confine tiene puoco ordine e le raggioni sono molto confuse, essendo molti luochi e siti in su quali questi sudditi e gl’Imperiali tengono pretese; così che, sopra le cose indecise facilmente nascono i contrasti e succedono li fatti. Qui si trovano scritture in pocco numero e di poco momento per poter valersi alle occasioni. Né la carica di Proveditori ai Confini, essendo di presente sostenuta da alcuno, com’altre volte ho humilmente avisato la Serenità Vostra, le di Lei raggioni non tengono quella custodia et appoggio che si conviene.
Ho più volte, come fui commandato, dat’eccitamento a questi sudditi perché alcuno al concorso di tal carica si presentasse, ma non m’è riuscito persuaderli. Trovo che nei tempi andati questo Reggimento conferiva tal carica a soggeti stimati d’habilità e talento, e che solo il già fu signor Raimondo Feno, padre dil presente Kavalier Oratio, volle ricever la confirmatione dell’Eccellentissimo Senato. Io con tutt’ossequio humilio alla Serenità Vostra queste notitie, per quello potesse al suo reale servitio complire, e per quello la publica Sovrana Sapientia rissolvesse di commandarmi. Gratie etc.
Capo d’Istria, 19 giugno 1682.

Valerio da Riva, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 65.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.