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31 marzo 1681 Valerio da Riva

Dispaccio del 25 giugno 1682

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
hieri portai humilmente alla Serenità Vostra l’infausto avviso del contaggio scopertosi nel territorio di Goritia, e de’ sospetti della città stessa, che si vano sempre più confermando. Non dovendosi però in anfratti tali tralasciar provisione alcuna che, previo l’aiuto del Signor Dio, valer possa per tenerci coperti e diffesi da sì grave pericolo, tutt’il maggior spirito s’impiega per riuscirne all’intento, havend’io stimato bene non solo, come scrissi, ’l suspender affatto ogni commercio de’ sali, ma etiandio quello che per i privileggii della tratta dell’oglio godono per terre aliene questa città e la terra di Muggia, per levar intieramente ogni pretesto alla communicatione con gl’Imperiali. E perché, così da vicino minacciando così grave flagello, devesi pensar alle cose, che Dio non voglia, potessero accadere, si considera neccessaria la distinatione di qualche luoco che servir potesse per lazareto, mentre se ne trova la città intieramente priva. In altri tempi a tale occorrenza servì una casa poco da qui distante, in campagnia, di ragione del signor Kavalier Fini, ma dal tempo restata quasi affatto destrutta, cosicché senza rifrabricarsi con spesa grande non può per niente servire. Vi è una casa in la colina supra la valle spettante all’heredità del fu Monsignor Illustrissimo Vescovo Ferro (?), ma è così ristretta che contiene tre o quattro picolissimi luochi; e vi è poi anco un eremitorio, con una chiesiola e due cameretti in altro sito poco distante, de’ quali tutti all’occasione poco capitale può farsi per la lor angustia e ristrettezza. Vi sarrebbe bensì ’l monasterio di San Nicolò d’Oltra de’ padri Benedettini, situato su la valle in rimpetto della città e distante due miglia, luoco grande, in buon aria, capiente di stanze e de’ commodi che si richiedono; né viene per ordinario habitato da altri che da un padre sacerdote, e da un o due laici. In tutto con humiliatione rapresento e considero alla Serenità Vostra, perché, maturato da’ supremi publici riflessi, si degni commandare la Sua volontà.
Accadono poi per innevitabile neccessità molte spese per simil emmergenze importanti, così nella speditione di messi, come di barche, facendo in molti luochi di queste publiche muraglie oturar i fori, per i quali puono introdursi persone, et operar diverse altre cose convenienti alla cauta custodia. Non vi è Cassa che tenga dinaro da supplirvi se non quella di Vostra Serenità, non tenendo la città rendita veruna; onde, per dirigermi con fondamento in tale proposito, supplico divotamente mi sia il publico riverito beneplacito prescritto, come pure per l’occorrenza del portarmi in compagnia per riveder e visitare li posti, e con l’occhio proprio assicurarmi se restino le commissioni che si sono date puntualmente essequite, acciò nelle rendite de’ miei conti io possa caminare con li legali fondamenti del publico supremo commando. Gratie etc.
Questi signori Sindici, prevedendo il bisognio in cui può la città incorrere, e di animali grossi e minuti per le beccarie, e di formenti ancora, m’hano fatt’instanza di supplire humilmente la Serenità Vostra di permetter, occorrendo, qualche tratta da quella provincia, così degli uni come dell’altro, per neccessario sovegnio di questi fedelissimi popoli.
Capodistria, 25 giugnio 1682.

Valerio da Riva, Podestà e Capitanio.

Allegati: dispaccio di un confidente da Gradisca, che informa il rettore di Capodistria della diffusione del contagio pestifero a Gorizia (1 c.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 65.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.