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8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo

Dispaccio del 9 agosto 1651



N. (senza numero).

Serenissimo Principe,
nasce sott’un apparente vello qualche dubio d’alcuna mutatione nelli nuovi sudditi di Zuppa e m’è sortito penetrarne dal loro interno li mottivi e l’oggietto.
Questi furono i primi che rissentirono maggior danni de gl’altri, mentre ultimamente era capitato il campo del Sangiacco Giusufbegovich nell’incendio di case e devastationi di campagna. Hora che con vocifferationi gagliarde sentono da confidenti loro, che sia per rittornarvi, mostrano gravissimo terrore, considerando fra loro ch’in tal caso habbin almeno a rissentir la perdita dell’entrada presente de vini ancor imatura in cui consiste nervo principale delle lor sostanza e forse l’estirpatione di vigne e case, dal che poi rimanendo privi del comodo per sostener se stessi e le famiglie, tennerò proposito di rittrovar un mezo luntano, di confidente estero, qual potesse coll’essibitione d’alcun regallo a lui Sangiaco, rimover le sue mosse contro loro. Penetrai cautamente coll’ordinaria desterità del Cavalier Bolizza che tutti adherivano al partito, col fondamento che con piciol tansa fra essi, puotevan unire il donativo, onde non havendo forze bastevoli per diffendersi coll’armi in campagna, si liberassero dal pericolo di gran danni con spesa di puoco dannaro. Non trascurai punto al primo aviso chiamar a me li capi di quelli popoli et da un luntano discorso li fecci cadere alla naratione speciffica de tutti li prenarati particolari, vetendoli però d’honostà che quando seguissero loro altri danni et estirpationi antedette. Le sue famiglie e la quantità di quell’anime non puotrebbe mai incontrare di qua un continuato e bastevol sussidio per il sostentamento che però rimettevano le considerationi di questa necessità evidente, all’incomparabile Publica pietà, perchè o fossero assistiti da forze sufficienti per ostare all’inimico in campagna e diffender le lor case, o altrimenti restassero presservati da tanto gran danni. Li ho portato a gl’ochi le consequenze dal fatto proposto a praticare vers’il Sangiaco, che non solo con quel dannaro stesso puotrebbe più facilmente condursi a danni loro, mentre fermamente insiste volerli soggiettare alla sua ubedienza, come rubbelli, ma quand’anco per hora ciò differisse, l’essempio havurà sempre per efficacissimo pretesto, volerne le contributioni annuali con loro danno considerabile. Con queste e simil raggiorni a vantaggio d’essi, ho procurato disimprimerli e poi efficacemente li ho incaricato a desistere come sudditi, mentre dalla pietà Publica, si come han sempre goduto effetti uguali a lor bisogni, così proveran in avenire corisposti stessamente i segni della lor fede et inanimitili appresso non vedersi ancora la mossa d’esso Sangiacco e se pur seguisse attender io dalla provintia soccorsi di cavallaria et altri, quantunque non ne habbi certezza alcuna, solo per tenerli in speranza che validamente si procurarà la buona diffesa della campagna. Da questi mottivi han dimostrato qualche respiro, massime nel sentore de soccorsi, onde rapresento anco subito questo bisogno all’eccellentissimo signor Generale in Provintia. In tanto gl’ho persuaso a ridur i grani raccolti e le lor robbe in città, premessoli sicuro e pronto ricovero per esser più facili alla retirata con le famiglie in caso di bisogno, et si sono dimostrati anco pronti a dar hostaggi, sospirando con lagrime puotersi presservar perpetuamente sudditi della Serenità Vostra.
Porto all’Eccellenze Vostre humilissimo l’intiero del fatto e dell’operato ch’ha puotuto sugerirmi l’animo divotissimo verso il buon servitio della patria; conoscerò per’ il sapientissimo lor giuditio le consequenza tutte che quando seguisse donativo al Sangiacco, sarebbe questo un principio di nuovamente tributarsegli nè puotrebbero più quas’appertamente unirsi favorevoli all’armi della Serenità Vostra, ma o riddursi col tempo alla neutralità o di soggiettarsi totalmente et farsi inimici, predominati dal Turco. Per ciò con ossequiosissimo zelo altre volte riverente rapresentai che li soccorsi di maggior forze a questa parte si conoscevan appunto urgentissimo per dar callore di sostenersi in coraggio et nella buona fede li prenarati nuovi sudditi, poichè colla perdita di questi s’apprirebbe addito molto più pregiuditiale a questi luochi nel stato de gl’affari corenti; tanto devo di nuovo humilmente ripigliare all’Eccellenze Vostre, onde per tutte l’occasioni ne sii osservata la qualità del bisogno.
Nell’essere restati consolati alquanto dalle mie risposte, supliscono come già feccero più volte, a farli ricever nota del numero della case già incendiatili, nè ho potuto ciò negarli, implorandone qualche pretioso publico agiuto, e sarà anco qui alligata, ben che d’habbitationi povere in manera. Ancor che puotessero restar di presente in alcuna parte sussidiati dalla Serenità Vostra, giudicherei ch’havuran a chiamarsi contenti coll’assicurarli ch’a tempi opportuni di maggior sicurezza e quiete non se gli mancarebbe di qualche portione di legname bisognevole, e ch’in tanto rieschi di lor serviggio ristringersi ad habitar nelle casi d’altri suoi villici, rimaste illese, per non espor di nuovo al pericolo queste che volessero riffare, che appunto puotrebbe ciò servire di maggior eccitamento all’inimico di rittornarvi et in tanto provederli hora di circa cinquecento stara di qualche sorte di biada, o per sodisfarla col benefficio del tempo comodo, o in altra forma che pietà Publica sentisse pare darebbe maggior animo nella fede che da essi si brama. Questi miei humilissimi sentimenti porto però sobordinati al giuditio infalibile di Vostre Eccellenze, non cessando dall’avertenze maggiori verso cadaun buon servitio della Serenità Vostra.
A questo stato di cose s’aggiunge la provigione tenue, massime de formenti e dannari. Il soldo ultimamente capitatomi dalla benigna mano della Serenità Vostra fu primieramente chiamato compartire a sodisfattione di qualche rillevante debbito, che convenni contrahere nelli bisogni prima che giungesse, poi a suplir il valsente delli 360 stara di formento già tolto in fontico, come devotissimo con mie di 28 zugno passato diedi aviso all’Eccellenze Vostre, mentre non tutti furono venduti per far il pagamento col ritratto, ma la maggior parte sendo stata compartita in pane nelli soliti terzi a solati, questa m’ha convenuto sodisfare col stesso Publico dannaro di modo che per militie e sallariati e rimastevi la minor parte et però dall’ordinarie dispense vedendosi prossimo il fine, è chiamata l’infinita providenza dell’Eccellenze Vostre a gl’opportuni rifflessi per le delliberationi necessarie.
Di formenti pure altri non s’hanno che circa quatrocento stara delli 500, ultimamente capitati, et se bene giunge qui voce essere stati delliberati altri cinquecento dalla pietà Publica, consideri l’incomparabile virtù della Serenità Vostra quanto maggiormente richiede il bisogno di questa piazza, ancor per li rispetti riverente considerati il lettere di 27 del caduto, non puotendo che per breve spacio di puochi mesi servire tutta questa quantità, con stessi altri 500 delliberati. La maggior assistenza da cui dipende il fondamento essentiale nel sostentamento delle militie, sono le provigioni da viveri e di dannaro. Di questa siamo sempre benigna humilissimo imploro la liberalissima mano di Vostre Eccellenze, sicure che l’aplicatione mia devotissima mira sempre a risparmii de lor capitali, ma sendo luntano da soccorsi non puotia dalle necessità e mancanze che tenir in questi anfrati di cose gravi pregiuditii dalle male sodisfationi delle militie stesse e dalle rature altrui.
Mi sorti saperi di certo che quella galeotta barbaresca come raguaglia ossequiosissimo la Serenità Vostra, era capitata a Dulcigno, on però altro dalla presa che si disse di quelli vasselli nell’acque di Zante, onde spero ciò non vero a controlatione della patria. Che anco di nuovo si fosse posta in golfo con tre altre di quelle fuste, che dicono di grandezza esser maggiori delle barch’armade, et la galeotta stessa inferiore, capace di quarant’huomini. Non si sa a qual parte siano scorse, nè per anco si sa esser rittornate, spero però che avertite già l’isole et altri luochi della Serenità Vostra in Dalmatia si presservaran ad ogni danno. Gratie etc.
Cattaro a 9 agosto 1651.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario.
Allegato: nota sulle case incendiate dai Turchi a Zuppa (2 cc.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 2.
Trascrizione di Giulia Giamboni.


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