31 marzo 1681 Valerio da Riva
Dispaccio del 2 gennaio 1682
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
corre ancor inaffittato per conto della Serenità Vostra il datio dell’oglio di questa provincia, capital principale di questa Camera, e senza di cui non potrebbero soggiacer alle spese, alle quali neccessariamente si trova obligata, se dalla Serenità Vostra non venisse d’altra parte somministrato il dinaro. Ho partecipat’humilmente all’Eccellentissimo Senato altre volte le dilligenze da me praticate, e su gl’incanti et in altre forme, per affittarlo, ma tutto è riuscito vano, come pur credo habbino costà tenuto il medesimo successo gl’esperimenti fatti. Son andato però indaganndo le cause di tali difficoltà, e della renitenza dei datiari ad abboccarlo.
Trovo in primo capo la perdita fatta da quelle della condotta passata. Dicono sii la medesima provenuta da più cagioni; la prima, che il datio sia hor fatto di natura tale che li datiari convengono essi comprar l’oglio, et estraherlo dalla provincia in tale quantità che si possa riccavarne la summa del datio stessa, perché non più, come già facevano, capitano di qua li mercanti del Friuli a comprarlo; che comprandolo però essi datiari convengano a prezzi molto alti, perché essendosi introdotto che molti della provincia incaparano et inchietano gl’ogli, li sostentano poi col fine del civanzo, e da questi li datiari medesimi convengono comprar senza poter haverli a prezzi migliori in prima mano. Aggiungono le molte gravezze parte legitime, parte non, ch’incontrano in diverse parti del Friuli, e per transito e per responsali; et in fine considerano che il datio, rillevando la summa di lire 21, soldi 19 per orna, essi, per l’accennate cagioni, non puono di gran lunga cavarlo, ma tanto meno, e questo lo fanno per punto principale di gran rifflesso, ch’essendo, per decreto dell’Eccellentissimo Senato di 14 giugnio 1657, stato levato al Friuli, per l’oglio che cavasse da cotesta Dominante, un soldo per lira, quei mercanti però introducono che da questi dell’Istria gli sia venduto l’oglio con tal diminutione d’un soldo per lira, et oltre di ciò gli sia lasciat’un guadagnio, et utile certo, che in tutto rilleva più di lire 10 per orna. Altrimente protestano di dover fornire degl’ogli costà. Così astretti questi datiari, non potendo in altri luochi condurli, sono neccessitati farli passar nel Friuli, con tutti gl’accennati discapiti che disfano evidentemente il datio.
Mi son informato di quel soldo per lira che al publica prudenza diminuì al Friuli et ad altri territorii con la parte sudetta 14 giugnio 1657, sopra certo raccordo d’un tal Marco Terzi, e parmi d’intendere ch’habbi portato contrario effetto all’intento con cui fu presa, non rissultando al publico alcun vataggio. Anzi più tosto nel Friuli, aprendo l’addito alle fraudi et ai pregiuditii, mentre l’oglio estratto per quella Patria da cotesta Dominante, con i dui soldi per lira solamente, passa poi retroceder nel Trevisano, dove si vende con i tre, e quell’utile che doverebbe essere del publico si facci cadere nelle borse private. Né vi è dubbio che da ciò non arichiscano li mercanti del Friuli, perché comprino a Venezia, o gli sia condotto l’oglio dall’Istria, l’hano con i soli soldi 2 per lira, et essi lo vendono con i 3, perché da costà si gli manda il calamiero da venderlo, computando in quello non dui, ma tre soldi, perché suppondendo che detti mercanti comprino l’oglio d’Istria, che paga li 3, tanti vengono loro nel calamiero bonificati, e pur, come s'è mostrato, certissimo è che il terzo soldo va in borsa et in luoco indebito di detti mercanti forlani.
Questi son’i disordini che con l’inquisitione, che proseguisco, et al qual fine mi sono nei passati giorni fermato a Pirano, vado ravisando nel datio, per esporli ai maturi reflessi di Vostre Eccellenze per gl’opportuni conferenti remedii; e mentre vado pur anco a questo sul fatto applicando, né manco di tutti gl’ordini e cautelle possibili, benché non mai bastevoli, per la buona custodia del datio stesso, mi viene fatta un’offerta in voce che sarà ellevato il datio medesimo per ducati diecimile per anni dui, com’è solito, che sarebbe meno della condotta passata ducati tre mile cento, ma quando che il datio di qua si raguagliasse con quello di Friuli, cosiché fussero li soldi tre per lira tanto di qua quanto di là, essibiscono di darne quattordici mile che sarrebbe ducati novecento di più della condotta medesima.
Considerano che ciò sia d’indubitato publico vantaggio, mentre di qua s’affitterà con augumento il datio et il soldo per lira, che di là cede a beneffitio dei mercanti, entrerà, com’è giusto, nel erario di Vostra Serenità.
Tutto espongo alle publiche sapientissime ponderationi, e perché premono gl’offerenti d’esser quanto prima rissolti, perciò con proffond’humiltà n’impoloro ancor in quanto più presto le publiche deliberationi, come pur sto con tutt’ossequio attendendo li sovrani commandi dell’Eccellenze Vostre sopra quanto che nelle mie di 17 del spirato divotamente rappresentai.
Il Capitan Marco Maina, non potendosi regger su l’acque con la sua galeotta, per esser stata grandemente detrimentata dal lungo mandracchio in cui s’è tratenuta in tempo che li soldati hano atteso alle guardie per la sanità nei porti da torre, è capitato in questo porto per l’acconcio della galeotta medesima, ma non potendosi senza il publico espresso commando praticarlo di qui, l’avviso humilmente alla Serenità Vostra per quello le paresse bene comandarmi.
Nelle cose di sanità non tengo avviso alcuno di nuovo emergente, considerandosi nei Stati austriaci com’estinto il male; e tanto solamente partecipo anco a cotesto Eccellentissimo Magistrato. Gratie etc.
Capodistria, 2 genaro 1682.
Valerio da Riva, Podestà e Capitanio.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 65.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.