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29 luglio 1682 Bernardino Michiel

Dispaccio del 10 agosto 1682

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
dopo il mio arrivo a questa Reggenza non ho mancato all’uso di quell’applicationi che conosco sempre dovute ai riguardi del publico servitio; e perché consistono nel mantenere in vigore le rendite di Vostra Serenità, perciò mi son esteso ad invigilare intorno la deliberatione de’ dacii che caminano, et sono per caminare, innafitati, conoscendola parte più essentiale de’ miei incarichi, massime nell’obligationi, che giornalmente corrono a questa esaustissima Camera, di mantenere tanti serventi ch’essistono in provincia.
Sette sono li dacii di Vostra Serenità che presentemente rimangono da deliberarsi. Quello dell’imbotadura, del pane, de’ vini per terre aliene, de’ legnami, della cornaria di Grisignana, delle misure et della grassa.
Dall’Illustrissimo mio precessore sono state praticate molt’esperienze sopra l’incanto, et da me ancora per veder la loro deliberatione, ma tutte inutilmente, perché in questa città v’è scarsezza di persone che abbocchino dacii, e adesso in particolare, ché tenendo i sospetti del mal contaggioso serrati li passi, fa che ogn’uno s’alieni dale concorenze et dalla volontà di ricceverli.
Ho procurato a parte a parte d’insinuare a qualch’uno della proffessione il lievo de’ medesimi, massime di quello dell’imbotadura, come il più importante, et che assende a lire 2.265 all’anno, oltre li soliti aggionti, ma col pretesto valido dell’interutione de’ negocii co’ confinanti, né ho havuta risposta inconcludente. Solamente da Nicolò Torre, persona sicura, m’è stato proposto che quando sii per concederle tra puochi giorni il dacio del hostarie di questa città, solito affittarsi nel mese di novembre, per l’importar della condotta passata, che rilleva lire 5.547 all’anno, oltre gl’ordinarii aggravii, sarà pronto per abboccare anco il sopradetto dell’imbotadura senza verun degrado. In questo stato di cose io non devo humiliare a Vostre Eccellenze altra consideratione, se non quella d’haver, senza dubbio, a veder o degradato sensibilmente il dacio medesimo, per l’inclemenza del Cielo, ch’ha nottabilmente pregiudicato l’uve che sono in provincia, o caminare lo stesso per Serenissima Signoria, che non so qual sia il peggior partito, nel diffetto de’ Governatori che possino custodire, ma molto più di fede et d’integrità, onde convenirsi per neccessità il rifflesso della publica sapienza alla deliberatione del più oportuno, senza di cui io non sarò mai per arrogarmi alcuna licenza, volendo che dipendino sempre i miei arbitrii dalla volontà sovrana dell’Eccellentissimo Senato. Gl’altri sei dacii sono pur esposti allo stesso pericolo di correre innaffitati, e però suplico humilmente Vostra Serenità prescrivermi se rissultarà di profitto al publico servitio che nelle nove pratiche sopra gl’incanti facci dar voci di qualche degrado, per minorare al possibile li discapiti che in ogni forma sovrastano.
Anco il dacio della nova imposta de’ sali, benché ultimamente affittato sotto l’Illustrissimo mio precessore, lo veddo senza l’approbatione dell’Eccellenze Vostre. Questo è stato piezzato dal Quadernier di Camera, che pur è scrivano de’ sali, che per legge n’era incapace, et abboccato con una conditione d’anni due di quiete, liberi da’ sospetti contaggiosi e senza interutione di comercio, che può partorire lunghezza tale di tempo che consumi il capitale di Vostra Serenità; et già siamo nel caso de’ sospetti che non lasciarà haver principio alla condotta coll’accrescimento dell’offerta, la quale veramente tiene grande apparenza di publico contaggio, ma se si rifflette alla rebrobatione di chi l’ha cautellato, et alla conditione delli due anni intieri senza interutione di pratica, ben chiaro si conosce il discapito publico, e l’astuzia de’ ministri nel deffraudare la buona intentione e zelante fine di chi glielo ha deliberato.
Per debito di mia carica inchino questi riverenti raguagli a Vostre Eccellenze, non havend’altr’oggetto che di veder ben incaminato il loro servitio, che sarà quella parte andarò continuamente studiando per riportare il gradimento della Serenità Vostra. Gratie etc.
Capod'Istria, X agosto 1682.

Bernardin Michiel, Podestà e Capitanio.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 65.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.