29 luglio 1682 Bernardino Michiel
Dispaccio del 15 novembre 1682
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
l’interesse di Vostra Serenità et l’ardire di tre suddti habitanti nella terra di Dignano obligano la mia penna a turbare per puochi momenti le publiche gravi occupationi.
Essigie la Serenità Vostra, per il corso de’ moltissimi anni, dalla terra di Dignano un dacio intitolato delle rendite, che consiste nelle decime del formento, orzo et altro. Viene deliberato da questa Camera ogni cinque anni per ducati cinquecento all’anno. L’ultima condotta fu datta dall’Eccellentissimo mio precessore ad Alberto Albertini, ma perché nella poliza d’incanto v’erano conditioni differenti dal passato, et che non potevano haver effetto senza la sovrana approbatione di Vostra Serenità, non essendo mai questa seguita, perciò il dacio stesso ha havutto necessità d’assistenza, et d’essatore, acciò l’interesse publico non andasse a male. Ho scritto replicatamente a quell’Illustrissimo Rettore, come l’Eccellenze Vostre degnaranno osservare dall'ingionte copie; ho prestata tutta quella vigilanza ch’è stata possibile acciò in diffetto di daciaro non periscano le publiche ragioni; ma dubito che quando la Serenità Vostra non rilasci qualche vigoroso comando, sia ben tosto per cadere anco in questo importante capitale.
Con lettere di 29 ottobre scaduto di quell’Illustrissimo Podestà, capitatami solamente in questo giorno, ricevo l’annessa copia di parte proposta a quel Consiglio da’ Giudici e Sindaci di quella terra, che con ardite espressioni tentano sottrarsi da questo dacio, et spingono gl’habitanti ad assentirvi col voto, insinuando ellettione de’ Noncii a’ piedi di Vostra Serenità, con assegnamenti giornalieri et con impositioni di tanse perché sian contesi i dritti del Prencipe, allegando buggiardamente non esservi nella provincia altro luoco con simil aggravio. A vista di questa parte ho subito rilasciat’ordini a quell’Illustrissimo Rettore ch’impedisca l’essatione della tansa imposta da’ Giudici, come quella che sensibilmente aggrava intiera università, e procuri stornare l’ispeditione de’ Nuncii, sempre molesta a Vostra Serenità, ma nel caso presente indebita e insolente.
Questo affare, Prencipe Serenissimo, chiama oportuno compenso, perché lasciandolo correre potrebbe partorir essempio nei sudditi di Raspo, Montona, San Lorenzo, Grisignana ed altre terre d’Istria, che con titolo di decima o di dacio ricconoscono, o la publica Cassa o ’l publico Rappresentante, che ha poi sopra d’essi considerabili gravezze. Li tre Giudici di Dignano hanno tolto per pretesto un proclama publicato dall’Eccellentissimo mio precessore, che giustamente dispone la corrisponsione di questo dacio, ma si vedde, ch’il loro fine è quello di liberarsi da questo dacio, perché il proclama non stabilisse cosa che tenga oggetto diverso, et se fosse altrimente ben conoscono ch’il ricorso a questa carica gl’haverebbe suffragati. Se li miei ordini trasmessi a quell’Illustrissimo Rappresentante giongeranno a tempo, voglio credere sospesa l’essecutione d’una parte indebita, ma per tutto ciò che potesse nascere ne porto a Vostra Serenità riverente l’aviso, onde le sovrane Sue deliberationi siano quello che fermino l’ardire. Gratie etc.
Capodistria, 15 novembre 1682.
Allegati: carteggio tra il rettore di Capodistria e quello di Dignano, riguardante la questione del pagamento del dazio del frumento (4 cc.)
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 65.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.