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8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo

Dispaccio del 10 gennaio 1652

N. (senza numero).

Serenissimo Principe,
la contrarietà de tempi, che pure continua, non ha permesso che prima dell’ultimo del caduto mi pervengano le delliberationi sapientissime di Vostra Serenità, havute in quadruplicate ducali due di 28 ottobre et l’altre di 9 et 17 novembre caduto.
Per quello concerne l’instanza riverente delle genti di Maini e Pobori, perchè le sia concesso il loco di Las a construttione delle proprie habitationi unite, perchè sicuramente possano mantenersi sotto il callore del canon di Budua nella devotione e fede conservato a Vostra Serenità, hebbi antecedenti mottivi dall’eccellentissimo signor Proveditor General Foscarini delle considerationi sapientissime portatele da cotesto Eccellentissimo Senato circa pregiuditii che rissorger puotessero dall’abbandonar il monte col riddursi al loro desiderato et che questo ad ogni modo non se gli debba concedere senza l’assenso de Padroni et della comunità di Budua. All’eccellenza sua con mie riverenti lettere di 18, pur del caduto, ho portato in risposta che le presenti loro habbitationi sul monte sono disperse in guisa tale che ma puono riddursi le genti insieme per opporsi all’invasione nemica, che può accaderle qualsi repentina per la villa di Braichi, puoco distante che resta pure in puotere de Turchi, onde che essendo il luoco di Las che bramano, non più d’un miglio discosto dalla somità del monte, ardisco affermare che uniti in tale posto, con più cellerità e facilità puoterebbero in occorenza di bisogno riddursi alla diffesa del monte medesimio, di quello che dalla dispersione presente in cui sono; che ad ogni modo puoterebbero obligarsi nell’atto della mutatione desiderata construire una casa su la somità del monte in luoco di migliore iscuoperta, da tenersi dentro guardia perpetua, massime (?) in tempi sospetti; che nello stato presente, reputandosi delor(?) inhabili a ressistere contro l’invasioni dell’inimico, che non per un passo solo, ma per molti puoteva attaccarli et opressi (?)re puoca sussistenza puoteva sperarsi di loro a pernitiose conseguenze in riguardo a Zuppani et altri popoli convicini et che però complisca molto a mio devotissimo parere l’assicurarli nella conservata fede, con ridurli sotto la tuttella della fortezza di Budua, mediante però li recquisiti necessarii del dover pagar il loco preteso a legitimi padroni et del consenso di quella comunità in cui non credo vi sarebbe contradicenza. Attenderò dall’eccellenza sua le ressolutioni adecquate per conformarmi alle medesime col dovuto zelo, che singolarmente ambisce il Publico miglior servitio.
Quanto a disordini concernenti la mala administratione del fontico di Budua, coll’accennate mie ho trasmesso all’eccellentissimo signor Generale la nota de debitori et delle spese improprie che con mal regolate forme sono andati facendo quegl’agenti et essendomi doppo pervenute le supreme comissioni di Vostre Eccellenze prosseguirò a gl’atti necessarii per la reintegratione de capitali mall’impiegati et per la corettione de colpevoli, con gl’ordini che conoscerò opportuni ala buona regola dell’avenire.
Nel parle de sali niun pregiuditio si riceve dal luoco ove erano le salline del Turco in questo canale, dietro al scoglio di San Gabrielle ove rissiedeva la guardia de stradiotti; però che la devastatione di già è stata fatta, nè ivi se ne fa pur minima quantita, meno puotendo l’inimico accostarvisi essendo nel centro di questo teritorio; ben in riguardo alla tottale perfetione dell’opra, per quello che nell’avenire puotesse succedere, a primi tempi assiutti farò che li Zuppani compiscano l’escavationi ordinate dall’eccellentissimo signor Procurator Proveditor General Foscolo, onde col corso libero dell’acque si ridduca quel tereno a coltura et si levi il modo di mai più restituirsi all’uso delle saline stesse, ch’è punto di consequenze importanti a Publici interessi. Il diminuito smaltimento de sali Publici, rapresentato da me a Vostre Eccellenze, proviene prima dalla provigione che li sudditi convicini del Turco ricevono dalle parti dell’Albania, ove vi sono molte et abbondanti saline de quali non mai s’è procurata nè ordinata la devastatione, però che essend’in paese tutto inimico, meno puoterebbe attentarsi che con forze poderose. La seconda et forse più essentiale causa del scarso essito de medesimi sali Publici, deriva da quello che dal principio della corente guerra sino al presente, diversi pagamenti si non fatti a creditori Publici con sali medemi per urgentissima necessità, attesa la mancanza di dannaro, così che se bene quanto al giro della scritura appare sia stato essitato il sale, ad ogni modo in fatti sia rimasto nella maggior parte dentro il paese, essendo stati per lo più li Pastrovichi, li stipendiati, li creditori di sborsato dannaro et altri secondo le contingenze, pagati con sali stessi, come pur sovenute le millitie delle barch’armate. Il pregiuditio che n’è derivato è grande et sempre apparirà peggiore, prima perchè questa povera gente volendo rittrarne il dannaro a sostentamento delle vite proprie vende li sali havuti con abbassamento di prezzo, sino alla metà dell’ordinario che si sostenta dal Publico, dal che il Monte Negro et li più remoti sudditi ottomani che vengono a recceverlo godono l’intiero avantaggio ad altre tanto discapito di questa piazza, et la moltiplicità de venditori avilisse il negotio a segno inesplicabile che sarà ben compreso dall’alta virtù di Vostre Eccellenze. Il rimedio mal può praticarsi da me ancor che conosca evidentissimo il disordine, perchè non so come puoter prohibire la vendita a chi riceve li sali stessi per sostentarsi col loro rittratto la giustitia et la carità non lo comportano. Nel resto certa cosa è che il Publico recceverebbe avantaggio grande nel repigliar in se, conforme gl’antichi instituti, tutto il negotio de stessi sali, così che fuori della propria gabella non sia che ardisca tenerli, non che venderli, puotendo la libertà introdotta per l’accennata necessità da miei illustrissimi precessori, non mai per consimili urgenze puotuta divertir da me, dar luoco anco alle fraudi peggiori coll’introduttione de sali forestieri, sotto il pretesto de Publici che si ricevono et vendono, tutto che di ciò non ne habbi alcun inditio. La permuta de sali stessi in formenti non mia trovo praticata da medesimi illustrissimi miei precessori, non apparend’in questi Publici libri pur una sol partita di si fatta comutatione, nè tenendone alcun altro lume, ancor che habbi io procurato le investigationi possibili per proffitarmi coll’essempio; et in fatti non veggo alcun’appertura a negotio si desiderabile nello stato presente di cose che per così dire il numero de venditori tali hor prevale a quello de compratori stessi. Ben procuro coll’avertenze possibili introdur alcun negotio d’essi sali con Turchi di Castel Novo a riguardo etiamdio d’altri Publici rilevantissimi vantaggi, con maneggio tale per deviarli dal pensiero dell’hostilità, prevalendom’in ciò dell’opra singolare del Capitano di Perasto, che in tanto può riuscir proffitevole, in quanto che universalmente è precluso il comercio con quella parte per li riguardi di buon governo. A Vostre Eccellenze partecipo devotamente l’intiero perchè fatti i dovuti rifflessi all’importanza dell’affare, si compiacciano determinare quello che dalla soma loro sapienza sarà conosciuto più proffitevole al bisogno, ben certe d’avantaggiar (?) li Publici interessi col deviar gl’accennati pagamenti de sali, per che quando, come ho premesso il negotio rittornasse tutto singolarmente Publico, puoterebbe sostentarsi e farsi far desiderabile al stato inimico la comutatione de formenti o altre biave, che in altra guisa non accede sperare.
Le calamità veramente deplorabili di questo pressidio, delle barch’armate, di quello di Budua, de Pastrovichi et altri che vivono col Publico stipendio, io ho rapresentato a Vostre Eccellenze; sto però de(?) con horore del mio animo nell’antecedenti di 25 del passato et così pure il stato pericoloso della piazza per l’essauste monitioni de viveri, nè sendomi capitato pur minimo sovegno, non posso che acressere alla soma loro bontà le molestie con la rimembranza delle mie sempre maggiori afflittioni et ansietà. Sento voci, devo pur dire, disperate da tutti i lati; vigore et animo non mi manca reprimerle, ma mancandomi ogni modo da riparar i bisogni, che sono troppo urgenti e patenti, convengo per lo più restringe(?) nelle proprie mortifficationi. So di dovere alla patria la vita e le fortune: quella ambisco con gran cuore consacrar sempre alla Publica felicità queste quali si fossero, ho tutte (?), contentandomi delle proprie ristrettissime angustie, per sino che ho puotuto coll’impiego del più bisognevole etiamdio sovenire alle preacennate gravissime Publiche occorenze. Non mi resta che operar d’avantagio, nè da questi sidduti v’è speranza di raccoglier alcun imprestido perchè la povertà è sopra grande, abbatuti de lunghi infortunii et dalle tempestose influenza di quatro anni continuati che le hanno tolto la maggior parte delle vendite per se stesse deboli. Il sussidio ordinario, solito a trasmettersi da Vostre Eccellenze, prima che capitato sarà dovuto tutto; suplicole a rimirar con soma loro providenza i pericoli che puono prevedersi in una piazza importantissima et a repararli con cellerissima e bastevole proviggione sì di dennaro, come de formenti, biscotti et altre monitioni, in rifflesso non solo al stato presente, ma all’occorenza che puotranno esser maggiori nella prossima campagna, in città più d’ogni altra nella provintia lontana da soccorsi, che non ha viveri per giorni, non che per mesi, et che giornalmente ricevendone dal paese othomano, puono in momenti esserle preclusi tutti.
A divertimento della nuova iminente invasione del Sangiacco di Scutari Giusufbegovich rifferita a Vostre Eccellenz con le accennate riverentissime mie di 25 del passatp, porcurai coll’impiego sempre fruttuoso et considerabili del signor Cavalier Bolizza, quel più con che puotessi proffitarmi, però che doppo renforciate le guardie alla Trinità con l’assistenza del capo del contado fratello d’esso signor Cavaliere et alli posti più avantaggiosi sopra Zuppa, Maini e Pobori senz’abbandonar le riviere per quello che si temeva dalla fuste di Castel Novo, fecci col mezzo d’esso signor Cavaliere espeditione di persona a lui confidentissima (?) le radunanze d’esso Sangiacco sopra Podgorize che secondo le notre instruttioni portatasi ivi et unitasi alle genti stesse del Sangiacco, che in numero di 440 havevano trapassato il fiume della Moracca, tutti arcobugieri, per lo più di popoli di Budua, dissimulatosi per egli albanese lor compagno et trattenutosi per due giorni con loro, ha rifferitoci col ritorno che se bene spargessero la voce di dover col rinforcio che attendevano invedere Zuppa, Maini e Pobori però loro dissegno fosse di portarsi imporvisamente sopra Perasto, per invadere et depredare quel luoco, con supposito di riportarne grosso bottino.che ad effetto di ciò attendessero la venuta del Conte Illico Lalov, capo principale de Cuzzi et del Voivoda de Clementi, con le loro genti secondo il concerto tra loro fatto; ma questi non essendo capitati anzi havendol’ultimamente fatto sapere il Voivoda di Clementi che si trovava indisposto e venir on puoteva, raguagliato che in tutte queste pertinenze erano aspetati con rinforcio ad ogni posto opportuno terestre e maritimo, si ressolvesse finalmente abbandonare per hora l’intrapreso, retirandosi la sera del primo del corente vers’il proprio paese col ritraghetto per la Moracca, con pensiero ad ogni modo che se il Conte Illico et il detto Voivoda voranno unirsi, tornaranno di nuoco per tentate la depredatione preacennato nel prossimo cresser della luna. Delle fuste di Castel Novo, meno ho inteso altra novità. A tutto però sto avertito et si come all’eccellentissimo signor Procurator Proveditor Generale ne porto i precisi raguagli, così per adempimento del proprio humilissimo dovere, signiffico l’intiero a Vostre Eccellenze, suplicandole a credere che pari a debito si è il mio ardentissimo zelo, per sostentamento di questi sudditi e confini da qualunque pericolo. Grazie etc.
Cattaro a dieci genaro 1651 more Veneto.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario

AS Venezia, Senato,Dispacci, Cattaro, b. 3.
Trascrizione di Giulia Giamboni.


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