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20 aprile 1683 Giovanni Antonio Benzon

Dispaccio del 20 aprile 1683

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
riceputa di questa Reggenza la carica dal nobil huomo ser Antonio Dolfin, mio precessore, come la Serenità Vostra haverà osservato dalle lettere di consegna de dì 29 del passato, non mancai al debito di publico Rappresentante nell’osservar il stato di questa terra, et vidi il palazzo di Vostra Serenità inhabitabille et in stato così pessimo che, se la Serenità Vostra non prenderà subita resolutione di farlo agiustare, fra pocco termine restarà un monte di pietre.
Osservai però nella ducale de dì 3 genaro 1681, con la cui viene comesso all’Eccellentissimo signor Podestà et Capitanio di Capodistria Riva il prosseguir la restauratione del medesimo pallazzo, non solo, ma anco della Cancelleria demolita, con il dinaro che si cava da’ datii di questa terra di publica ragione, che non è stato accomodato se non il pavimento della cucina et parte del portico dello stesso sin sotto il nobil huomo ser Giacomo Semitecolo, come in lettere de dì 2 novembre 1681 la Serenità Vostra ne haverà havutta piena contezza.
Osservai le molteplici instanze fatte dal nobil huomo ser Antonio Dolfin, mio precessore, all’Eccellentissimo ser Bernardin Michiel, Podestà e Capitanio presente di Capodistria, per l’effetto sudetto; né hebbe altra risposta, se non che le ducalli errano indirizatte all’Eccellenitissimo Riva suo precessore, e che non poteva ingerirsi senza nova commissione. Parlando con tutt’ossequio e dovutta somissione, se la Publica Sapienza non viene a qualche resoluta deliberatione di far aggiustar il palazzo et la Cancelleria, sarano astretti li publici Rapresentanti, con poco decoro publico, ricovrarsi in qualche casucia di questa terra, et li volumi restanti della Cancelleria andar in niente, con pregiuditio di questi populi.
Osservai pure nella stessa il motivo della Publica Munificenza a consegnare una campana per l’audienza, essendo molti anni questa Reggenza senza il benefficio di quella, che per sonar l’audienza et altre cose di giustitia, con gran incomodo, si sono valsi li publici Rapresentanti di far sonar la campana della torre dell’orologlio, qual campana non è stata mai consegnata, della quale humilmente suplico la Serenità Vostra dar i proprii ordini; nella stessa ducalle vedo pure gl’ordini stretissimi di far accomodar le mure di questa terra, et non è statto effetuato cos’alcuna, et s’anc’io devo portare a Vostra Serenità le notitie, non posso rapresentarle se non che per li sospeti contaggiosi li miei precessori, et anc’io, per turar le large apperture delle mura cadute, con pocco decoro publico, hanno convenuto far stropar con spini; son novamente a raccordar alla Serenità Vostra che li datii di questa terra sono delle decime de gran(i) et altro, et del bosco della Corneria, tutto sotto questa giurisditione, che vengono deliberati all’incanto in Capodistria, acciò la publica intelligenza possi con spressi comandi ordinare che il tratto di quelli sii impiegatto nella restauratione del palazzo Cancelleria et mure publiche, se così conoserà proprio, detrati però li sallarii aspetanti a’ Rettori, Cancellieri et officiali. Porgo a’ piedi di Vostra Serenità queste mie ossequiosissime suplicationi perché con celerità maggiore siino datti quegl’ordini che sarano conosciuti proprii dalla celsitudine Vostra, alla quale prottesto d’haver sempre a cuore, non solo le publiche ragioni, ma gl’interessi ancora di questi suoi fedelissimi sudditi, mentre tutto humilio col inchinarmi, tributo li più doutti ossequii fedelli alla Serenità Vostra. Gratie.
Grisignana, li 20 aprile 1683.

Giovanni Antonio Benzon, Podestà.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 66.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.