4 maggio| 1700 Giovanni Priuli
Dispaccio del 6| novembre| 1700|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
in osservanza delle sovrane prescrittioni della Serenità Vostra, con le quali vengo comandato di portare a publico lume la mia humilissima giurata informatione sopra la lettera del nobil huomo ser Marco Priuli, Vice Provveditor della città di Pola, in proposito d’un portello, che esiste nelle publiche mura della città, che corrisponde nel vescovato, e del quale sogliono tenere le chiavi li vescovi che sono pro tempore. Mi darò l’honore di riferire in questo luoco la pratica di un tal uso, per poi lasciar cadere qualche debolissimo riflesso in ordine a ciò che mi viene dall’auttorità di Vostre Eccellenze prescritto. Due portelli oltre le porte publiche esistono nelle mura di quella città, uno che serve a’ bisogni di quel publico rappresentante, appresso il quale s’attrovano le chiavi, e l’altro di monsignore Vescovo, il quale egualmente tiene dello stesso in sua mano continuamente le chiavi. L’origine di tal costrutione e di tal pratica non si rileva d’alcuna memoria, solo la traditione la porta per antichissima, e bisogna giudicarla anco tale, mentre essendo stata nel 1439 murata con una terminatione del nobil huomo ser Marco Poli, allora Conte di detta città, qual terminatione essendo stata tagliata da un Collegio degli Auditori, nella ducale esecutiva, copia della quale giù inserisco a questo lume, si esprimono queste formali parole: et desmurata dicta porta, dicti domini Episcopis plenarium usum habeat, ac ingressum et egressum, sicut per retracta tempora semper habuerat; onde se nel 1439 si dice che li Vescovi sempre havevano havuto il possesso et uso di questa porta, bisogna necessariamente estender la prattica ad antichissimo tempo.
Se poi sii cosa conveniente, che l’adito libero in una città marittima sii ad arbitrio d’altri che del publico rappresentante, lascio il riflesso alla sopra grande saviezza di Vostre Eccellenze, mentre come saria tollerabile la continuatione di tal uso, quando si potesse havere tutta la fiducia nella fedeltà de vescovi successori come del presente, rationale et d’ottime massime, così variando con il tempo i soggetti, e per conseguenza tempra de cuori, osarò di dire che quando Vostre Eccellenze non assentino ripiego de murarlo con il motivo dell’uso interrotto di tanti secoli, almeno che le chiavi o restino sempre in mano del rappresentante, il quale ad ogni bisogno e richiesta di monsignore Vescovo può permetter il suo uso, ovvero con più dolce temperamento nell’assenza del reverendo prelato, non resti in altra mano la chiave dell’antedetto portello, che in quella del nobil huomo Proveditor di quella città. Tanto humilio alla somma provvidenza di Vostre Eccellenze, per mio debolissimo sentimento rassegnando peraltro e l’opinione, e me stesso alla publica venerata grandezza. Gratie etc.
Pinguente, 6 novembre 1700.
Giovanni Priuli, Capitanio di Raspo, con giuramento.
Allegato: copia di ducale del 20 giugno 1440, citata nel dispaccio (2 cc.).
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 81.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.