4 maggio| 1700 Giovanni Priuli
Dispaccio del 22 marzo| 1700|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
intrapresa dal mio humilissimo osequio la solita visita di questa terra, resa di presente tanto più necessaria, quanto che per diversi anni e per vari accidenti o differita, o distratta, chiamava l’attentione di questa carica alla sopra intendenza della quale è stata dalla publica grandezza appoggiata questa incombenza d’accorrer a gravissimi disordini che vi sono invalsi e radicati con li possibili et opportuni rimedi. Come però ho creduto assai difficile di poter svellere in una sola occasione e con il solo temperamento del vigore quei mali, che havevano con varie connivenze presa una profonda radice, così ho giudicato che convenga al servitio di Vostra Serenità moderare l’ardenza del zelo con li riflessi della debolezza di questo corpo, non capace de più risoluti rimedii, che con l’intiera desolatione dell’individuo. In ordine adunque a questa mia debolissima massima, creduta dal mio scarso intendimento la più opportuna alla positura delle cose, quando non venghi alterata dalla prudenza infallibile di Vostre Eccellenze, ho dirette le mie humilissime operationi delle quali corre l’obligo alla mia pontualità rendere con la maggiore esateza raguagliata la suprema auttorità dell’eccellentissimo Senato.
Versate pertanto le mie prime aplicationi allo stato e maneggio di questo fontico, che è il più pretioso capitale di questa terra, e l’ancora sacra in caso di qualche estraordinaria penuria; il quale havendo havuto per suo principio la debole sorgente di quattro mille lire, nel corso di quattro secoli con fortunati incrementi è accresciuto a più di lire cento e sessanta mille; del medesimo dunque, fatto fare un diligente bilancio, osservo con passione che per diverse dispense fatte li scorsi otto anni certo calamitosi restano debbitori questi popoli di somme considerabili; come però per settanta mille hanno ottenuto dalla publica clemenza l’indulto di pagar al raccolto dell’oglio, né questo potendo esser ridotto per qualche mese intieramente a perfettione; così mi vedo dalla publica indulgenza preclusa la strada di esercitare alcuna parte del mio zelo per qualunque vigoroso compenso, al quale la prudenza potesse acconsentire, per qual si sia esborso o redintegrazione a causa dell’antedetto motivo.
Non è però stata così inutile et infrutuosa la mia attentione, che non mi sia sortito, a socorso di questo abbatuto luoco, di fare con le più vive rimostranze del loro bene, che non si abbusino delle publiche pretiosissime gratie, havendo havuto il contento di vedere, a conto dell’antedette summe, esborsate lire nove mille in circa, con esborsi preventivi a qualunque urgenza o premura del loro obbligo, mostrando anco costanza d’adempire alla convenienza che resti fra poco tempo intieramente saldato. Anzi ho creduto bene di fissare li pagamenti di questo gratioso publico indulto a tempi determinati, per levare qualunque sinistra interpretazione.
Altro debito poi corre per altre dispense praticate, che doveva restar saldato sin l’ottobre passato di trenta mille lire in circa, per il saldo di questo ho fatto precorrere inviti universali con minaccie di severe esecuzioni, ma resi alla giustitia di tal comando, et al serio conosimento di esimere con tal mezzo dall’imminente desolatione il fontico stesso, non è stato gran bisogno di metter mano a temperamenti di tal natura; mentre concorsi con prontezza agli esborsi in pochi giorni ho vedute raccolte lire quatordici mille cento e quaranta otto delle quali lire 1.524, soldi 18 che in virtù de publici decreti, e fra gli altri quello 1681, 12 luglio, aspettavano de giusti driti di pene alla carica per il maggior sollievo di questi miseri popoli; non ostante le note ristretezze delle fortune di mia casa, ho delle medesime fatto un libero dono a beneficio del fontico stesso, della povertà, e fatte girare senza la detratione d’un soldo intieramente a credito de medesimi con tutte le altre pene che a me spettavano, come Vostre Eccellenze potranno rilevare dall’annessa copia di partita che humilio sotto il riflesso della publica benignità. Doppo ditto, considerata l’impossibilità di veder l’intiero saldo, fatto reflesso alla costitutione di questa terra, afflitta da una serie di continuati disastri per la mancanza totale d’ogli e per le scarse raccolte de sali, negli ultimi otto anni passati uniche speranze delle publiche e delle private fortune, come anco agli oblighi del sopra nominato saldo, sono concorso con mio decreto a prorogare il pagamento del restante sino al termine del venturo raccolto; qual indulto però come ogni altra habilità di leggieri summe a persone miserabili, non habbi suo vigore senza un benigno rescrito della publica carità e grandezza, che la maggior somissione viene da questi implorata. A tale passo non può, né deve, la mia consienza, posposto ogni altro riguardo che quello di reale servitio di Vostra Serenità, trascurare di rappresentare all’eccellentissimo Senato un gravissimo abuso invalso di lunga mano, di concedersi qui proroghe di pagamenti, le quali riescono di gravissimo pregiudicio di questo pio loco; mentre con ciò e resta scoperto di summe considerabili, e si rendono li crediti ranzidi e più difficili da essigersi. Ponendo maggior studio li debitori ad ottenere tali pregiudicialissimi dilationi, che a fare sforzi proporzionati all’iminenza de dovuti pagamenti. Per poner dunque freno ad una pratica così infelice, saria mio humilissimo parere, che dalla grande auttorità di Vostre Eccellenze restasse nella più forte maniera avvalorata la terminatione, che per l’avvenire né da questi rappresentanti, come neppure da qualunque altro, possino per qualunque motivo restar concesse proroghe per li dovuti pagamenti senza la participatione et assenso dell’eccellentissimo Senato, il quale può bene, con la sua savissima inspetione e con la innata carità verso i propri suditti, pesare la giustitia de mottivi avanzati a publico lume, et accorrere al loro bisogno con accordarle li più oportuni et agiutati compensi, conferendo alla publica gloria, oltre tanti altri riflessi di giustitia e carità, che le beneficenze verso i popoli, in materia massime di non poco peso, dipendano dalla mano imediata del Prencipe.
Ho poi creduto bene di far argine ad altro importante disordine: et è che venivano, o con esecutioni, o con volontarie esibitioni, presi de stabili in luoco degli esborsi che dovevano fare diversi debbitori de quali per l’importanza gli rendeva impossibile ogni altra sodisfatione. A questo male di mera necessità andava unito altro molto maggiore di malitia, che era che molti esibivano case et altri stabili in pagamento, con la certa fiducia che li fossero retrocessi a livello, onde ritornavano in mano degli stessi debbitori de quali s’era già esperimentata una scarsa pontualità, oltre all’ansa che si dava con tali facilità a contraersi con l’istesso fontico debiti di rilevanza. Per tanto a divertimento di tale abuso ho stimata opportuna una terminatione, che non possan mai concedersi a livello a gli istessi debitori li stabili presi dal fontico, o con l’esecutioni, o volontarie esibitioni. Anzi havendo ritrovato possedere il fontico stesso case, saline et olivari con una infelicissima pratica o mal governati, o negletti, che poco o niente rendono al fontico, oltre il pericolo massime delle case di dirocare, mi sono portato sopra l’incanto per vedere di deliberarne qualche portione, il che come non mi è intieramente sortito, così mi sono state esibite varie offerte di ricever li beni stessi e pagare in rate il capitale, che certo è il minore de mali, mentre vengono da possessori conservati et augumentati i beni medesimi. In caso di mancanza de pagamenti, oltre le ragioni universali de beni de compratori, sono sempre sottoposti li stabili medesimi; onde ho creduto di servitio importante del detto fontico di accordare alli ricercanti la concessione, ma con due particolari conditioni, una di vantaggio e l’altra di sicurezza, cioè che fosse corrisposto il pro delle rate che doveranno pagarsi sino all’estintione del debito, e che restino per cautela oltre l’ipoteca universale obligati li crediti de sali de compratori, in caso di qualunque difetto.
Fatto poi dalla mia deboleza riflesso, che pocco giova rimediare a mali, quando non si svellino quelle radici che servono non tanto a tenerli vivi, quanto a propagarli. Però con questo oggetto internatomi a considerare la sorgente de debiti considerabili contratti da particolari con questo fontico, osservo esserne due le cause. L’una la facilità delle dispense estraordinarie de farine introdote da pochi, con il paliato pretesto di beneficare la povertà, la qual non rissente che insensibilissimo solievo, ma in verità per aprofitarsi loro stessi con danati vantaggi, sì che in poche case viene dispersa una gran parte delle dispense medesime. Per ovviare però, e per dificoltare un indulto tanto nocivo, ho stabilito che in due soli casi possino esser concesse dalla carica dispense, cioè o in cognonture di somma penuria, o in pericolo de guasti de grani, ma che detta concessione non habbi effetto senza esser partecipata all’eccellentissimo Senato, il quale può pesare con la sua somma giustitia la convenienza de motivi sogettati in qualunque incontro dal zelo de rappresentanti.
L’altra causa poi è che dovendo nel fine de loro maneggi li fonticari fare il saldo nel termine di giorni otto, si considera dalla mia deboleza troppo ristretto, mentre non ponno adempire l’incombenze e di fare le vachete, e l’esecutioni, onde per necessità cadono in pena, o tentano la strada detestabile della prorogha; però fatto riflesso alla parte già presa in questo Consiglio che qui annessa humilio, con il decretato ricorso a’ piedi di Vostra Serenità per ottener la conferma. Osservata la pratica di tal uso in quasi tutta la provincia, e vedendola stabilita dalla prudenza di due inquisitori Priuli e Bragadin. Tutti questi fondamenti, oltre quello di esentare la communità dalla considerabile spesa di mandare ambassiatori di sommo sempre, et insopportabile aggravio della medesima, e con più decreti de predecessori frenata, ma sempre inutilmente, tutti dico li accennati fondamenti hanno servito di stimolo alla mia deboleza di terminare, che possino li fonticari haver il tempo del mese sudetto per effettuar il loro saldo; sogetando però, sì questo particolare, come altri quatro capitoli stabiliti per il buon ordine e diretione del fontico, a riflesso della suprema et infallibile sapienza di Vostre Eccellenze, che potrà col suo alto intendimento coreggere e limitare tutto ciò che verrà giudicato difettoso o mancante. Non omettendo di rifferire per appendice di queste mie humilissime applicacioni, un essentialissiimo particolare, che è esser di soli formenti della Romagna impiegate in vinti anni da questo fontico un milione, e quaranta sei mille lire, onde il riflettere che da un luoco solo di questa misera provincia vada in mano de gli esteri summa sì considerabile. Oltre li formenti d’Albania, e li comprati da particolari delle dette due ragioni, quali non sono sempre nel foglio che humilio, dà eccitamento al mio zelo di non trascurare anco questa notitia per tutto ciò che possi conferire al servitio dell’eccellentisimo Senato, al quale humilio profondamente me stesso.
Pirano, 21 marzo 1700.
Giovanni Priuli, Capitano di Raspo.
Allegati: due allegati contabili (2 cc.); un allegato sulla gestione del fondaco (1 c.); ordini per l’amministrazione del fondaco di Pirano (2 cc.).
Ordini stabiliti dall’illustrissimo et eccellentissimo signor Giovanni Priuli, capitano di Raspo, per buona diretione et administratione del fontico di Pirano.
Con moltiplici terminationi fatte dalla prudenza degli eccellentissimi precessori sono stati in varii tempi corretti diversi abusi introdotti nel maneggio di questo fontico capitale, il più pretioso di questa terra, et essendo con la cautela de tempi presenti invalsi altri disordini, molto più importanti a pregiudicio di detto luoco, e volendo noi poner un argine vigoroso a medesimi, con l’auttorità concessa dall’eccellentissimo Senato alla carica habbiamo, a benefitio de popoli et a divertimento di molte perniciosissime introdutioni, stabiliti gli infrascritti capitoli, che doveranno esser inviolabilmente osservati.
Primo, che essendosi in primo luoco da molti anni in qua messo in pratica un dannosissimo abuso di concedersi da rettori proroghe alli pagamenti che scadono, con sensibile pregiudicio della redintegrazione del fontico, mentre con tali dilationi s’accrescono sempre più li debiti de particolari, li quali si rendono con il nuovo peso più inabili alla soddisfatione, e così resta scoperto il fontico di summe considerabili, come si vede al presente. Però terminiamo che per l’avvenire, sotto qual si sia pretesto né dalli rettori di questa terra, né da qual si sia altro, possino esser concesse proroghe di qualunque sorte né saldi e pagamenti, che di tempo in tempo si devono fare, senza l’autorità e permissione dell’eccellentissimo Senato, al quale dovranno li rappresentanti portare li motivi di detta ricerca per lume delle sue savissime deliberationi, non potendo fonticari e che pro tempore saranno sotto qualunque pretesto riscuotere che il solo capitale de debiti senza alcuna immaginabile agionta a titolo di proroga, in pena a chi facesse in contrario d’esser proceduto contro lui criminalmente e soggettato alle pene stesse degl’incantatori, dovendo nel fine de loro maneggi portare alla carica fede giurata li fonticari, la qual resti registrata nel libro del fontico d’haver intieramente adempito tal ordine, che servirà a propria cautela et a lume de nostri successori; e mancando di trasmetterci detta fede, e non adempito in conseguenza l’obbligo prescritto, li sia proceduto come sopra criminalmente come trasgressori d’una così importante terminatione.
Secondo, venendo o assegnati, o presi per pagamento del fontico stabili, con pessime conseguenze, resti proibito di riceversi li medesimi se prima non saranno intentate tutte le altre azioni possibili contro debitori, e se per mera e pura necessità si dovesse ridurre il fontico all’esperimento e conseguimento de beni stabili non possano, inerendo ad altre sovrane deliberationi, restar li medesimi mai concessi, né a livello né in pagamento in rate alli stessi destri, e se alcun con nomi supposti oserà render delusa questa publica in (!) possa esser contro lo stesso proceduto criminalmente, e severamente castigato per esempio e freno nell’avvenire.
Terzo, considerandosi poi che le radici di questi debiti del fontico procedono dalle dispense estraordinarie, che seguono di quando in quando senza una precisa necessità, dalle quali risulta un insensibile vantaggio a poveri, mentre vengono introdotte per provechiarsi con ciò sensibilmente pochissime case, con pernitiose conseguenze di desolatione del fontico stesso e delle famiglie medesime, però a divertimento di tal importante disordine non possino nell’avvenire esser concedute licenze per dispense, eccetto l’ordinario per le semine, che ne due soli casi o d’una estrema penuria, o di guasto de’ grani; qual cognitione dovrà secondo il praticato esser fatta dalli Capitanii di Raspo, con la partecipatione però in qualunque incontro dell’eccellentissimo Senato. Non dovendosi inoltre sotto qual si sia pretesto nelle dispense istesse estraordinarie concedere ad una sola casa, anco de più benestanti, che per ducati quaranta de farina, e siano tenuti li fontacari e dispensatori resanir in sua spetialità il fontico stesso, in caso eccedessero la detta pragmatica nelle sudette dispense; se poi alcuno per deluder una così giusta deliberatione si servirà de nomi de serve o servi, o d’altre persone miserabili, e scoperta tal malitiosa inventione deva esser castigato criminalmente con esemplar punitione.
Quarto, dependendo poi la puntualità del maneggio de fontacari dalle vacchette che restano tenute da medesimi, le quali possono da qualche d’uno di pessima cosienza restare o alterate, o cambiate, però sia stabilito che per l’avvenire li fontacari da’ quali sarà del denaro del fontico somministrato il bisogno, non ardischino d’adoprare altre vacchette che di quelle marcate con il San Marco, numerate e sottoscritte al principio del loro maneggio da questa illustrissimo signor Podestà, Sindici e Giudici, in pena a fonticari trasgressori di ducati cento cinquanta, cinquanta applicati al pio ospedale di questa terra, e l’altra metà al rappresentante che doverà irremissibilmente levarla a chi ardirà di contrafare a questa publica deliberatione.
Quinto, conoscendosi poi che la moltiplicità sì rilevante de debitori di questo fontico dipende dall’obligo di dover far li saldi in tempo di otto giorni, tempo non giudicato sufficiente a fare le vacchette e fare seguire l’esecutioni a’ debitori per li pagamenti; però stabiliamo che resti ratificata la parte presa in questo Consiglio di concedersi a’ fonticari un mese di tempo dopo fornita la carica a fare li saldi stessi, come si pratica in quasi tutti li luochi della provintia, et inerendo alle prescritioni delli illustrissimi huomini ser Francesco Priuli e ser Gerolamo Bragadin, furono inquisitori nella medesima provincia.
Pirano, in visita li 22 marzo 1700.
Giovanni Priuli, Capitanio di Raspo. Grazie etc.
Altri allegati:
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 81.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.