19 giugno 1701 Marco Zen
Dispaccio del 18 luglio 1701
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
con ducali riverite della Serenità Vostra 18 giugno spirato, sono state ingionte varie commissioni al mio ossequioso debito, nell’essecutione de quali come ho tardato ad impiegare tutto lo spirito, così di quanto vi è risultato riportare, humilmente lo riferisco a publica noticia.
Nell’importante riguardo di quanto emergeva nel contado di Pisino, dove era invalsa una libertà irragionevole di praticar rappresaglie tra li sudditi austriaci e quegli della Serenità Vostra di Monpaderno, a che mossero questi ad humiliare alla publica autorità i loro ricorsi, incaricato io dalle ducali sudette ad estendere le commissioni proprie al conte Francesco dal Tacco, Procuratore a’ Confini, acciò alla sua desterità, e senza publico impegno, venisse procurato di sedare ogni inconveniente, s’è egli anco avanzato in questi giorni a quella parte, per obbedire col solito suo zelo e coll’uso della molta sua prudenza, ma trovato esser passato quel contado nella Camera di Gratz, e che colà vi fosse un commissario di essa, quale andava aggiongendo, con spiacere di quei sudditi, nuove imposizioni sopra le loro merci et animali, facendo anco da proti seco condotti considerare il porto di Lograna, credé proprio non intraprendere per allora verun maneggio con quel Capitanio suo confidente, riservandosi ad altro tempo, incamminate e sedate che siano quelle novità, giovando a credere in tanto, che saranno lasciate intatte le ragioni publiche e che i visibili segni intagliati de confini non possano essere rimossi, a che vi sarà contribuita in questo messere la maggior attenzione, e procurate le più esatte distinte notizie.
Nel partire di là, essendo passato al confine di Trieste per rivedere li due castelli di ragione della Serenità Vostra ultimamente ristorati, riferisce esserle sortito intendere che alcuni imperiali, uniti a qualche veneto, havessero havuto incontro in alcuni soldati, pur imperiali, chiamati Liberaiteri, in tempo che questi volevano levare agli altri i loro cavalli carichi di sale che conducevan, e che succedesse l’offesa di uno di detti Liberaiteri, quale andò a morire nella giurisditione imperiale, che perciò il loro Capitanio, inteso l’arrivo in quelle parti di esso conte dal Tacco, facesse seco un’impropria lamentatione, con addossare la colpa di tale homicidio a veneti solamente, contro la verità, di che essendo instrutto il conte, procurò d’acquietarlo, assicurandolo che da questa giustitia, in caso di reità di questi savi sudditi, sarebbero stati presi gli espedienti proprii col loro castigo, quando gliene venissero portate le istanze, rendendolo capace con tratti di cortesia dell’intentione publica, diretta alla conservatione della quiete e libertà de confini, così che partito ben soddisfatto di sua persona si fosse però espresso di volerne dar parte a sua Maestà.
Questi Liberaiteri sono soldati che scorrono, ad imitatione de sbirri da barca lunga, per questi confini e da poco tempo in qua vengono sostenuti et assistiti da 24 dragoni, impiegandosi con tutto il rigore al divertimento de contrabbandi de sali; e come sono di professione e natura temerarii et arditi, così s’avanzano con frequenza ad incontrare gli austriaci che portano il sale stesso, anco nella giurisditione e sino alle porte della terra di Muggia.
Non devo pure tacere alla Serenità Vostra ciò che s’è avanzato il conte dal Tacco a rifferire, cioè che da Lubiana per aqua, sino al Vernich siano stati condotti 24 pezzi di cannone grosso, e che di là vengano indirizzati per terra, parte verso Trieste e parte verso Fiume, tirati a forza di molti animali bovini, e che a Lubiana fossero pronte 400 botte di farina senza sapersi per dove sian destinate tali provigioni; venendo pure qui disseminato che a primi del corrente siano capitati a Trieste provenienti da Fiume due pettachi, uno carico de botti piene di farina e l’altro di miglio, e che habbino pure condotto qualche pezzo di cannone, quattro mortari, e non pochi azzalini, et duecento moza di calcina, il tutto scaricato in quel castello, con voce che attendino bombe, et altre monicioni da bocca e da guerra, senza pure che si sappi con qual disegno.
Giusta l’incarico poi, che nelle medesime venerate ducali mi viene dato, humilio a’ publici riflessi nota distinta dell’armi che si ritrovano in queste municioni e castello, facendo approntare l’inutili, per spedirle opportunamente alla Casa dell’Arsenale in conformità del publico comando, et perché coll’uso di quelle diligenze da me intraprese nel principio di questa carica colla mira del migliore publico servitio m’è sortito rilevare che anco nel castello di Muggia se ne ritrovino, ho immediate spedito colà questo Capo de Bombardieri et per riconoscerle, et inventariarle; e scuopro molte d’esse inutili, altre in necessità di essere accomodate, e l’artigliaria particolarmente infruttuosa per il publico servitio, per essere tutta scavalcata e giacente a terra, come m’è accaduto osservare con dolore anco quella di questo castello, con abbandono e detrimento notabile della medesima; cosicché in difetto d’alcuno che a questa parte sia capace di impiegarsi per risarcirla, è chiamata la publica providenza a quei ripieghi che fossero reputati proprii.
Essendo deficienti del requisito tant’essenziale di polvere queste municioni, mentre solo lire dieci di presente se ne trovano, mi fa instanza il Capo de Bombardieri per la provigione necessaria per i soliti essercizii al bersaglio, essendo stata consunta quella trasmessa nell’anno decorso, come degnarà rilevare la publica sapienza dall’ingionta fede del scontro delle municioni medesime. Anco l’illustrissimo signor Podestà di Pirano con sue lettere mi avvisa non esservi colà polvere, né balle per il bisogno, così che quel posto di qualche importanza, perché scuopre e guarda il passaggio de bastimenti che transitano per il golfo, s’attrovi totalmente sproveduto, e che ad ogni publica occorrenza di povere, come qualche volta succede, le guardie a’ posti per scoprire barbaresche o altri legni sospetti, non vi sia da munirle, essendo pure totalmente sproveduta di balle d’ogni genere questa città, onde reputo del mio dovere, non meno, che del publico riverito servitio, la notitia di tali indigenze per quel sovegno, che fosse creduto opportuno, mentre io intanto impiegarò ogni mio potere per incontrare i publici interessi, e s’esercitarà il mio debito nell’altre parti tutte appoggiate a questa carica, per la buona regola, et amministrazione de fontici e luochi pii, come ne rilevo anco nelle predette venerate ducali preciso il comando. Gratie etc.
Capodistria, 18 luglio 1701.
Marco Zen, Podestà e Capitanio.
Allegato: documento contenente la registrazione delle spese militari di Capodistria, datato 25 giugno 1701 (1 carta); inventario delle artiglierie e delle armi di Capodistria (1 carta).
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 82.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.